«Al sicuro sulla Terra? Non essere assurdo. Era questo il tuo scopo? Portarmi via mia figlia?»

«Nostra figlia.»

«Mia figlia. Vattene. Voglio che tu te ne vada, pero non puoi toccare mia figlia. Dici che conosco Pitt, si, e vero. Questo significa che posso fare in modo che tu venga mandato sugli asteroidi, che lo voglia o no… poi potrai tornartene sulla tua Terra, sul tuo pianeta in decomposizione. Ora vattene dal mio alloggio, e trova un posto dove dormire finche non ti manderanno via. Quando mi farai sapere dove sei, ti spediro le tue cose. E non pensare di poter tornare qui. Questo posto sara sorvegliato.»

Mentre pronunciava quelle parole, col cuore traboccante di amarezza, Eugenia non scherzava affatto. Avrebbe potuto supplicarlo, blandirlo, cercare di discutere. Ma non lo fece. Fu dura, spietata, e lo caccio.

E Crile Fisher se ne ando davvero. Ed Eugenia gli spedi davvero le sue cose. E lui si rifiuto di partire con Rotor. E fu mandato via. E ando sulla Terra, immagino Eugenia.

Si era separato per sempre da lei e Marlene.

Lei lo aveva cacciato e Crile se n’era andato per sempre.

5 Dono

X

Eugenia si meraviglio profondamente di se stessa. Non aveva mai raccontato quella storia a nessuno, anche se la riviveva quasi ogni giorno da quattordici anni. Non aveva mai immaginato di raccontarla a qualcuno.

Pensava di portarla con se nella tomba.

Non che fosse disonorevole… era semplicemente privata.

E adesso l’aveva raccontata, in modo dettagliato e senza riserve, alla figlia adolescente, a qualcuno che Eugenia, fino all’attimo in cui aveva cominciato a parlare, aveva sempre considerato una bambina… una bambina particolarmente sfortunata.

Ora quella bambina la guardo serissima, con quegli occhi scuri penetranti e stranamente adulti, e infine disse: «Dunque, l’hai proprio cacciato, vero?»

«In un certo senso, si. Ma ero furiosa. Voleva portarti via. Sulla Terra.» Eugenia si interruppe, poi chiese esitante: «Capisci?»

«Mi volevi a tal punto?» domando Marlene.

«Certo!» disse Eugenia indignata. Poi, sotto lo sguardo tranquillo di quegli occhi, si soffermo a considerare l’impensabile. Era davvero Marlene che voleva?

«Si, certo. Naturale, no?» soggiunse quindi, calma.

Marlene scosse la testa e, per un attimo, la sua espressione si incupi. «Probabilmente non ero una bambina attraente, credo. Forse lui mi voleva… Eri infelice perche lui voleva soprattutto me, mi preferiva a te? Mi hai tenuta solo perche lui mi voleva?»

«Che cose orribili stai dicendo. Non e affatto cosi» replico Eugenia, per nulla convinta. Discutere di quell’argomento con Marlene non sarebbe stato confortevole. Marlene stava sviluppando sempre piu quella tremenda e spiacevole capacita di penetrazione. Eugenia se n’era gia accorta in precedenza, ma aveva pensato che si trattasse di qualche frecciata particolarmente azzeccata da parte di una ragazzina infelice. Ma accadeva sempre piu spesso, e adesso sembrava che Marlene stesse assestando quei colpi deliberatamente.

«Marlene, come mai hai pensato che avessi cacciato tuo padre? Io non l’ho mai detto, ne ti ho dato motivo di pensarlo, vero?»

«Come faccio a capire certe cose? Non lo so di preciso, mamma. A volte parli di mio padre, con me o con qualcun altro, e sembra sempre che tu abbia dei rimpianti, che ci sia qualcosa che vorresti poter cambiare, rifare daccapo.»

«Davvero? Non me ne accorgo.»

«E a poco a poco, queste impressioni diventano piu nette. E il modo in cui parli, la tua espressione…»

Eugenia fisso la figlia e chiese all’improvviso: «Cosa sto pensando?»

Marlene ebbe un lieve sussulto, poi fece una risatina. Non era un tipo ridanciano, di solito ridacchiava, al massimo. «Facile. Pensi che io sappia cosa stai pensando, ma ti sbagli. Non leggo nel pensiero. Interpreto solo le parole, il tono, l’espressione e i gesti. Le persone non riescono a tenere nascosto quel che pensano. E le ho osservate parecchio.»

«Perche? Perche questa esigenza di osservarle?»

«Perche quand’ero piccola tutti mentivano con me. Mi dicevano che ero un tesoro. O lo dicevano a te quando io stavo ascoltando. E dipinta in faccia avevano sempre un’espressione che diceva chiaramente: 'Non lo penso affatto'. E non si rendevano nemmeno conto di averla. All’inizio, stentavo a credere che non se ne rendessero conto. Poi mi sono detta: 'Immagino che per loro sia piu comodo fingere di dire la verita'.»

Marlene s’interruppe, poi, di colpo, chiese alla madre: «Perche non hai detto a mio padre dove eravamo diretti?»

«Non potevo. Era un segreto che non potevo rivelare.»

«Forse, se glielo avessi detto, sarebbe venuto con noi.»

Eugenia scosse energicamente la testa. «No. Aveva deciso di tornare sulla Terra.»

«Ma se tu glielo avessi detto, mamma, il Commissario Pitt non lo avrebbe lasciato andare via, no? Papa sarebbe stato al corrente di troppe cose.»

«Pitt non era Commissario allora» preciso distrattamente Eugenia. Poi, infervorandosi: «A quelle condizioni non lo avrei voluto. E tu?»

«Non so. Non so come sarebbe stato se fosse rimasto.»

«Io si.» Eugenia ebbe l’impressione di essere ancora fuori di se. Torno con la mente a quell’ultima conversazione, a quando aveva urlato a Crile Fisher di andarsene, che doveva andarsene. No, non era stato un errore. Non lo avrebbe voluto come prigioniero, come membro forzato di Rotor. Non lo amava a tal punto. E non lo odiava nemmeno a tal punto, del resto.

Poi si affretto a cambiare argomento, evitando che la sua espressione la tradisse. «Oggi pomeriggio hai turbato Aurinel. Perche gli hai detto che la Terra sara distrutta? E venuto da me ed era molto preoccupato.»

«Bastava dirgli che sono solo una bambina e che nessuno da retta alle parole dei bambini. Ci avrebbe creduto subito.»

Eugenia ignoro quel commento. Forse era una buona idea non dire nulla per evitare la verita. «Pensi davvero che la Terra sara distrutta?»

«Si. A volte parli della Terra. Dici: 'Povera Terra'. Dici quasi sempre: 'Povera Terra'.»

Eugenia si accorse di arrossire. Parlava davvero della Terra in quei termini? «Be’, perche no?» fece. «E sovraffollata, in sfacelo, piena di odio, carestie e miserie. Mi spiace per quel mondo. Povera Terra.»

«No, mamma. Non lo dici in questo senso. Quando lo dici…» Marlene alzo una mano, come se cercasse di afferrare qualcosa con la punta delle dita, senza riuscirci, anche se per poco.

«Be’, Marlene?»

«E un concetto chiaro qui nella mia testa, pero non riesco a esprimerlo.»

«Sforzati. Devo sapere.»

«Ecco, da come lo dici, non posso fare a meno di pensare che tu ti senta in colpa… come se la responsabilita fosse tua.»

«Perche? Cosa avrei fatto, secondo te?»

«Te l’ho sentito dire una volta quando eri nella sala d’osservazione. Hai guardato Nemesis, e mi e sembrato che c’entrasse Nemesis. Cosi ho chiesto al computer il significato di Nemesis, e il computer me l’ha detto. E qualcosa che distrugge implacabilmente, qualcosa che punisce.»

«Questo non ha niente a che fare con il nome» strillo Eugenia.

«L’hai scelto tu, il nome» disse Marlene, calma, inesorabile.

Non era piu un segreto, naturalmente, da quando avevano lasciato il Sistema Solare alle loro spalle. Ormai era noto a tutti che era stata Eugenia Insigna a scoprire la stella e a chiamarla cosi.

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