ventitreesimo anno era stata addirittura sulla Terra per gli studi di specializzazione.
Strano che di tanto in tanto si soffermasse a pensare alla Terra. La Terra non le era mai piaciuta. Non le piacevano quelle folle, la sua organizzazione scadente, l’anarchia nelle cose importanti e il rigore governativo nelle cose di poco conto. Non le piacevano gli scoppi di maltempo della Terra, le cicatrici che deturpavano il territorio, l’oceano desolato. Era tornata su Rotor colma di gratitudine, e con un nuovo marito al quale aveva cercato di far accettare il suo caro piccolo mondo orbitante… perche anche lui, pur essendo nato in un ambiente diverso, imparasse ad apprezzarne l’ordine e il benessere.
Ma lui aveva notato solo le ridotte dimensioni di Rotor. «In sei mesi l’hai visto tutto» aveva commentato.
E anche Eugenia aveva smesso di interessargli, ben presto. Oh, be’…
Tutto si sarebbe risolto. Non per lei, Eugenia Insigna, per sempre alla deriva tra mondi differenti. Ma per i figli, si. Eugenia era una creatura di Rotor e poteva vivere senza la Terra. Marlene era una creatura esclusivamente di Rotor, in pratica, e poteva vivere senza il Sistema Solare, a parte la sensazione vaga di avere avuto origine in quel luogo. I suoi figli non avrebbero avvertito neppure quella lieve sensazione, e non avrebbero avuto alcun problema. Per loro, la Terra e il Sistema Solare sarebbero stati soltanto una specie di mito, mentre Eritro sarebbe diventato un mondo in rapido sviluppo.
Eugenia lo sperava. Marlene aveva gia una strana fissazione per Eritro, anche se si era manifestata solo negli ultimi mesi e avrebbe potuto scomparire altrettanto in fretta.
Tutto sommato, lamentarsi sarebbe stato il colmo dell’ingratitudine. Nessuno avrebbe potuto immaginare l’esistenza di un mondo abitabile in orbita attorno a Nemesis. Le condizioni che creavano l’abitabilita erano eccezionali. Valutando le probabilita e aggiungendo la vicinanza di Nemesis al Sistema Solare, quello che era successo sembrava a dir poco incredibile.
Eugenia rivolse la propria attenzione ai rapporti giornalieri, che il computer si accingeva a trasmetterle con la pazienza infinita di una macchina.
Ma prima che Eugenia potesse richiederli giunse il segnale della segretaria, e una voce bassa scaturi dal minuscolo altoparlante fissato alla spalla sinistra del suo vestito. «Aurinel Pampas desidera vederla. Non ha appuntamento.»
Eugenia fece una smorfia, poi ricordo di averlo mandato in cerca di Marlene. «Fallo entrare» rispose.
Lancio una rapida occhiata allo specchio, e vide che aveva un aspetto discreto. Secondo lei, non dimostrava i suoi quarantadue anni. Si augurava che anche gli altri avessero quell’impressione.
Forse poteva sembrare sciocco preoccuparsi del proprio aspetto perche un diciassettenne stava per entrare, ma Eugenia Insigna aveva notato con che espressione la povera Marlene guardava quel ragazzo, un’espressione rivelatrice. Per Aurinel, che era tanto orgoglioso del proprio corpo, Marlene, che non era riuscita ancora a liberarsi del suo aspetto adolescenziale paffuto, avrebbe rappresentato sempre e soltanto una bambina divertente. Eugenia ne era convinta. Tuttavia, se era destinata a provare una delusione, a fallire, Marlene non doveva pensare che sua madre avesse contribuito a quel fallimento in qualche modo, magari non sfoggiando tutto il suo fascino di fronte al ragazzo.
'Dara la colpa a me, in ogni caso' riflette Eugenia sospirando, mentre il ragazzo entrava con un sorriso che rivelava ancora una certa timidezza adolescenziale.
«Be’, Aurinel, hai trovato Marlene?»
«Si, signora. Proprio dove aveva detto lei. E le ho detto che lei voleva che venisse via.»
«E come sta?»
«Ecco, dottoressa Insigna… non so se sia depressione o qualcos’altro, ma Marlene ha un’idea abbastanza strana in testa. Forse non dovrei parlargliene… Marlene non sarebbe d’accordo, credo.»
«Be’, nemmeno a me piace farla spiare, ma spesso ha delle strane idee e mi preoccupa. Raccontami cos’ha detto, per favore.»
Aurinel scosse la testa. «Va bene, pero non le dica che ho parlato, eh? E proprio una cosa assurda. Ha detto che la Terra sara distrutta.»
Il ragazzo si aspettava che la dottoressa scoppiasse a ridere.
Eugenia non rise. Invece, sbotto: «
«Non lo so, dottoressa Insigna. E una ragazzina molto intelligente, ma a volte le vengono delle idee cosi strampalate. O puo darsi che mi abbia preso in giro.»
«Gia, molto probabile. Ha uno strano senso dell’umorismo. Ascolta, questa cosa deve rimanere tra noi. Non voglio che comincino a circolare delle stupidaggini. Capito?»
«Certo, signora.»
«Parlo seriamente. Nemmeno una parola, mi raccomando.»
Aurinel annui deciso.
«Ma grazie per avermi informata. Era importante mettermi al corrente. Parlero a Marlene e scopriro qual e il problema… e non le diro che sei stato tu a riferirmi tutto.»
«Grazie… Solo una domanda, pero, signora…»
«Si?»
«La Terra
Eugenia Insigna lo fisso e si sforzo di ridere. «Certo che no! Adesso puoi andare.»
Lo segui con lo sguardo. Non era stata una smentita troppo convincente, riflette con rammarico.
Janus Pitt aveva un aspetto imponente, che lo aveva aiutato nella sua ascesa al potere come Commissario di Rotor. Nella fase iniziale della formazione delle Colonie si era insistito molto sulle persone di statura non superiore alla media, preoccupandosi di ridurre le esigenze di spazio e risorse pro capite. Alla fine, quella precauzione era stata giudicata supeflua e accantonata, ma il condizionamento era ancora presente nei geni delle prime Colonie, e il rotoriano medio era tuttora piu basso di un paio di centimetri rispetto al cittadino medio delle Colonie sorte in un secondo tempo.
Pitt era alto, pero, con capelli grigio ferro, una faccia lunga, occhi azzurro cupo, e un corpo ancora in buona forma malgrado i cinquantasei anni d’eta.
Pitt alzo lo sguardo e sorrise all’ingresso di Eugenia, ma avverti la solita lieve sensazione di inquietudine. C’era sempre qualcosa di inquietante in lei, di logorante perfino. Le sue Ragioni (con la «R» maiuscola) non erano facili da affrontare.
«Grazie per avermi ricevuta senza preavviso, Janus» esordi lei.
Pitt blocco il computer e si appoggio allo schienale della sedia, assumendo un’aria rilassata.
«Via, niente formalita tra noi» disse. «Ci conosciamo da un pezzo.»
«E abbiamo vissuto parecchie esperienze insieme» osservo Eugenia.
«E vero. Come sta tua figlia?»
«E proprio di lei che voglio parlarti. Siamo schermati?»
Pitt inarco le sopracciglia. «Perche schermati? Cosa dobbiamo nascondere? E a chi?»
Mentre glielo chiedeva, Pitt si rese conto della strana posizione in cui si trovava Rotor. In pratica, era solo nell’universo. Il Sistema Solare era a oltre due anni luce, e forse non esistevano altri mondi con forme di vita intelligenti nel raggio di centinaia di anni luce… o miliardi di anni luce, magari.
I rotoriani potevano anche avere qualche crisi di solitudine e di insicurezza, pero non dovevano temere alcuna interferenza esterna. Be’, quasi, penso Pitt.
«Lo sai cosa dobbiamo nascondere» rispose Eugenia. «Sei stato tu a insistere sempre sulla segretezza.»
Pitt attivo lo schermo. «Dobbiamo ancora tirare in ballo quell’argomento? Per favore, Eugenia, e tutto sistemato, da quando siamo partiti quattordici anni fa. Lo so che ogni tanto tu ci pensi e rimugini…»
«Rimugino? Perche no? E la
Pitt contrasse la mascella. 'Di nuovo questo discorso trito e ritrito?' riflette.
«Be’, siamo schermati. Allora, qual e il problema?»
«Marlene. Mia figlia. Non so come, ma lo sa.»
«Sa, cosa?»