Tre chilometri piu in la dei cavalli trottavano in fila nella notte. Tre di loro trasportavano i prigionieri, legati e imbavagliati con grande perizia. Il quarto tirava un rozzo
Herrena ordino alla colonna di fermarsi e fece cenno a uno dei suoi uomini di avvicinarsi.
— Sei proprio sicuro? — gli chiese. — Io non sento niente.
— Ho visto sagome di troll — rispose quello.
Lei si guardo intorno. In quel punto gli alberi, piu radi, lasciavano vedere il suolo ghiaioso; di fronte a loro il sentiero conduceva verso una collina brulla e rocciosa, dall’aspetto particolarmente ingrato alla luce rossastra delle stelle.
Alla donna quel sentiero dava da pensare. Anche se era molto vecchio, qualcuno lo aveva tracciato e i troll erano pericolosi.
Sospiro. A un tratto, la carriera da segretaria non sembrava piu una cattiva scelta.
Riflette, e non per la prima volta, che essere una guerriera includeva diversi svantaggi. Non ultimo, il fatto che gli uomini non ti prendevano sul serio finche non li avevi ammazzati. E a quel punto, la cosa non aveva piu nessuna importanza. C’era poi tutta quella bardatura di pelle, che la obbligava a mostrarsi temeraria, ma la tradizione su quel punto non scherzava. E inoltre c’era la birra. Per tipi come Hrun il Barbaro o Cimbar l’Assassino andava bene spassarsela tutta la notte nei bar malfamati. Ma Herrena non ci stava, a meno che non servissero bevande come si deve in bicchieri piccoli, preferibilmente con dentro una ciliegina. Quanto ai servizi igienici…
Ma lei era troppo grande e grossa per essere una ladra, troppo onesta per essere un’assassina, troppo intelligente per fare la moglie e troppo orgogliosa per abbracciare l’unica altra professione aperta in genere a una donna.
Cosi era diventata una guerriera, e brava, e andava ammassando una modesta fortuna che amministrava con parsimonia in vista di un futuro non ancora studiato in dettaglio, ma che avrebbe certamente incluso un bidet, se dipendeva da lei.
Si udi in distanza il rumore di legno che volava in schegge. I troll non avevano mai visto la necessita di camminare evitando gli alberi.
Herrena guardo di nuovo la collina. La sommita terminava in un largo altopiano — lei socchiuse gli occhi per vedere meglio — dove si aprivano delle caverne?
Caverne di troll. Forse, pero, rappresentavano una soluzione migliore che vagare nella notte. E una volta spuntato il sole, non ci sarebbero stati piu problemi.
La donna si chino verso Gancia, capo della banda dei mercenari di Morpork. Quel tipo non le garbava. E vero che aveva i muscoli di un bove e la resistenza di un bove, ma il guaio e che sembrava avere pure il cervello di un bove. E l’amoralita di un furetto. Come la maggior parte dei ragazzi dei bassifondi di Morpork, avrebbe allegramente venduto la nonnetta per quattro soldi, e probabilmente l’aveva fatto.
— Ci dirigeremo alle caverne e accenderemo un grande fuoco all’entrata — disse Herrena. — Ai troll il fuoco non piace.
Lui le diede uno sguardo che esprimeva la sua idea su chi avrebbe dovuto impartire gli ordini, ma le sue labbra dissero: — Sei tu il capo.
— Esatto.
La guerriera si volto a guardare i prigionieri. Quella era la cassa, proprio come l’aveva descritta Trymon. Ma nessuno degli uomini aveva l’aspetto di un mago. Neppure di un mago fallito.
— Oh, povero me! — esclamo Kwartz.
I troll si fermarono. La notte li avviluppava come velluto. Un gufo fece udire il suo verso irreale… o almeno Scuotivento suppose che fosse un gufo. Lui non era molto versato in ornitologia. Poi fu l’usignolo a cantare, a meno che non fosse un tordo. Un pipistrello svolazzo sopra la sua testa. Di questo almeno era sicuro.
Era anche stanchissimo e tutto pesto.
— Perche 'oh, povero me'? — chiese.
Si sforzo di guardare nell’oscurita. Sulle colline si scorgeva in distanza un punto che poteva essere un fuoco.
— Oh, a voi i fuochi non piacciono, vero? — disse.
Kwartz annui. — Il fuoco distrugge la superconduttivita del nostro cervello — spiego — ma un fuoco cosi piccolo non avrebbe molto effetto sul Grande Nonnetto.
Scuotivento si guardo cauto intorno e tese l’orecchio per captare il rumore di un troll malintenzionato. Aveva visto cio che i troll normali erano capaci di fare a una foresta. Loro non erano per natura distruttivi, solo che trattavano la materia organica come una specie di scomoda nebbia.
— Speriamo allora che non lo trovi — si auguro con fervore.
Kwartz sospiro. — In questo caso e alquanto improbabile. Glielo hanno acceso in bocca.
— E la punizione divina sciu di me — gemette Cohen, cercando di liberarsi dai lacci senza riuscirci.
Duefiori lo guardo istupidito. Il colpo di fionda di Gancia gli aveva procurato un grosso bernoccolo dietro la testa e le cose non gli erano ben chiare, a cominciare dal proprio nome.
— Avrei dovuto shtare all’erta — continuo Cohen. — Avrei dovuto fare attenzione frashtornato da tutte le tue chiacchiere sciu come sci chiama, sciu quel tuo aggeggio per mashticare. Sci vede che mi shto rammollendo.
Si tiro su appoggiandosi ai gomiti. Herrena e il resto della banda si tenevano intorno al fuoco nella bocca della caverna. In un angolo, sotto la sua rete, il Bagaglio era fermo e silenzioso.
— C’e qualcosa di strano in questa caverna — osservo Bethan.
— Coscia? — domando Cohen.
— Be’, guardala bene. Hai mai visto delle rocce come queste?
Cohen dovette riconoscere che il semicerchio di pietre intorno all’ingresso della caverna era insolito: ognuna era piu alta di un uomo, assai consunta e incredibilmente lucente. Un semicerchio analogo era disposto sul soffitto. L’effetto generale era quello di un computer di pietra costruito da un druido con una vaga idea della geometria e nessun senso della gravita.
— Osserva anche le pareti.
Cohen fisso quella piu vicina, che mostrava incrostate delle vene di cristallo rosso. Non era sicuro, ma gli sembrava quasi che dei puntini luminosi si accendessero e spegnessero nelle profondita della roccia.
Decisamente c’era anche un forte spiffero. Dalle buie profondita della caverna veniva un soffio d’aria costante.
— Sono sicura che soffiava nell’altra direzione quando siamo entrati — bisbiglio Bethan. — Tu che ne pensi, Duefiori?
— Be’, non sono un esperto in caverne. Ma stavo pensando che quelle specie di stalattiti che pendono dal soffitto sono molto interessanti. Un po’ bulbose, no?
Gli altri alzarono gli occhi a fissarle.
— Non so esattamente dirvi il perche — continuo l’ometto — ma credo che sarebbe una buona idea andarcene da qui.
— Oh, sci — disse sarcastico Cohen. — Sciuppongo che faremmo meglio a chiedere a queshta gente di slegarsci e lasciarsci andare, eh?
Cohen non aveva passato molto tempo in compagnia di Duefiori. Altrimenti non si sarebbe sorpreso quando l’altro annui vivacemente e comincio a dire a voce alta, adagio e spiccando bene le parole, com’era solito quando non conosceva la lingua altrui: — Scusatemi? Potreste per piacere slegarci e lasciarci andare? Qui dentro e piuttosto umido e pieno di correnti. Spiacente.
Bethan lancio un’occhiata a Cohen.
— Avrebbe dovuto dire quelle cose?
— E insciolito, te lo garantisco.
E infatti, tre persone si staccarono dal gruppo intorno al fuoco e si diressero verso di loro. Non avevano l’aria di essere intenzionati a slegare nessuno. Anzi, i due uomini sembravano del tipo di quelli che, vedendo altri legati, si mettono a gingillarsi con i coltelli, a fare commenti pesanti e a sghignazzare un bel po’.
Herrena si presento sguainando la spada e puntandola al cuore di Duefiori.
— Chi di voi e Scuotivento il mago? — chiese. — C’erano quattro cavalli. Lui e qui?
— Uhm, non so dov’e. Stava cercando delle cipolle — rispose l’ometto.
— Allora voi siete suoi amici e verra a cercarvi. — Dopo uno sguardo a Cohen e Bethan, Herrena osservo meglio il Bagaglio.
Trymon aveva insistito che non dovevano toccare il Bagaglio. Se la curiosita puo uccidere il gatto, la curiosita di Herrena avrebbe potuto massacrare un branco di leoni.
Sfilo la rete e afferro il coperchio della cassa.
Duefiori sussulto.
— E chiuso — disse la donna. — Dov’e la chiave, grassone?
— Non… non ha la chiave — rispose Duefiori.
— C’e la serratura — preciso lei.
— Be’, si, ma se vuole restare chiuso, resta chiuso — spiego a disagio Duefiori.
Accorgendosi del sogghigno di Gancia, Herrena perse la pazienza.
— Voglio che venga aperto. Gancia, pensaci tu — ordino e ritorno vicino al fuoco.
Gancia estrasse un coltello lungo e dalla lama sottile e si chino fino quasi a toccare il viso dell’ometto.
— Lei lo vuole aperto — disse. Guardo l’altro uomo con una smorfia.
— Lei lo vuole aperto, Weems.
— Gia.
Gancia agito adagio il coltello davanti al viso di Duefiori.
— Senti — disse questi in tono paziente. — Non credo che tu capisca. Nessuno puo aprire il Bagaglio se lui e di umore da restare chiuso.
— Oh, gia, dimenticavo. Naturale, e una cassa magica, giusto? Che ha delle gambette, dicono. Senti, Weems, ci sono gambe dalla tua parte? No?
Sempre con il coltello puntato alla gola di Duefiori, continuo: — Questa faccenda mi fa incavolare. Lo stesso vale per Weems. Lui non parla molto, ma agisce e fa la gente a pezzetti. Quindi — apri — la — cassa!