Speaker aveva radunato strani congegni dall’aria minacciosa. — E questi cosa sono? — chiese.

— Laser e riflettori, non lo vedi? Questa e una scavatrice a raggio.

— E se dovessimo fare brutti incontri?

— Ho sempre il tasp. Ed e mia esclusiva proprieta. Avete dimenticato che la nostra spedizione appartiene ai burattinai? — Sembrava molto contento: — I burattinai nel cosmo — grido. — I burattinai nel cosmo, e le altre razze sono comparse!

Louis lo guardo, vivamente incuriosito. Poi scosse la testa. Si avvicino a una serie di dischi comunicatori disegnati per il polso umano e per il polso kzinti. Nessus avrebbe potuto infilarselo in uno dei due colli. — E questi? — domando Louis Wu.

Il burattinaio stava predisponendo i volocicli multipli. Si volto verso Louis: — In origine servivano per le comunicazioni con il pilota automatico. Adesso sono dei traduttori. Se ci imbattessimo in creature intelligenti, forse potremmo comunicare… Un’invenzione dei burattinai, mio caro terrestre.

Avevano terminato il lavoro. Sotto lo scafo della Liar era rimasta qualche attrezzatura. Materiale inutile: equipaggiamenti per la caduta libera in spazi profondi, tute pressurizzate, alcune parti di ricambio degli apparecchi ridotti in vapore dal sistema difensivo del Mondo ad Anello.

Louis era stanco morto. Sali sul suo volociclo e diede un’occhiata attorno chiedendosi se aveva dimenticato qualche cosa. Vide Teela che sollevava gli occhi verso la stella: — Non c’e giustizia — impreco. — E ancora mezzogiorno!

— Non farti prendere dal panico. Il…

— Louis! Abbiamo trafficato per sei ore buone. Come puo essere ancora mezzogiorno?

— Non ti preoccupare. Il sole non tramonta.

— Non tramonta? — L’attacco d’isterismo fini quasi prima di cominciare. — Ah. E naturale, non tramonta.

L’ARCO DEL PARADISO

I quattro volocicli si alzarono a grappolo nella luce del giorno calante. Il pavimento dell’Anello si allontano dalla loro vista.

Nessus aveva insegnato ai suoi compagni l’uso del circuito del collegamento di guida. I volocicli erano programmati in modo da imitare qualunque cosa Louis facesse. Il terrestre guidava anche per loro. Sul sedile sagomato come una poltrona auto-massaggiante, pilotava il volociclo con i pedali e con la leva di comando.

Nel cruscotto fluttuavano quattro teste in miniatura e dall’aspetto allucinante. Una deliziosa sirena dai capelli corvini, un feroce quasi-tigre dagli occhi troppo intelligenti, e un paio di pitoni con un solo occhio. Il relais dell’interfono funzionava perfettamente, con un risultato simile a un’esplosione di delirium tremens.

I volocicli si levarono al disopra dei pendii di lava nera. Louis osservo le espressioni degli altri. La prima a reagire fu Teela. Scruto velocemente la distanza, poi cerco l’infinito. Gli occhi le si sgranarono, completamente tondi, e il suo viso s’illumino: — Oh, Louis!

— Che montagna favolosa — disse Speaker.

Nessus non parlo. Le sue teste si agitavano.

All’improvviso, un’ombra nera sfioro la montagna per dileguarsi dopo pochi istanti. Il sole era un frammento d’oro striato di nero. E qualcosa prese forma nel cielo.

Un arco immenso.

Cielo e terra furono inghiottiti dall’oscurita. L’Anello si inarcava di fronte a loro, paurosamente alto, vertiginoso. Era l’immenso arco che risplendeva, inimmaginabilmente enorme, una forma compatta eppure leggera, aeriforme, una sconvolgente forma circolare creata da esseri intelligenti che sembravano misteriosamente estinti.

Louis sobbalzo. Un fragore di musica d’organo violo lo spazio del suo volociclo. Ma l’organo suonava in modo straziante, stonato, angoscioso. Louis si tappo le orecchie. Non capiva. Poi fece scattare il video, e l’immagine di Nessus apparve come un fantasma poco prima dell’alba. Il burattinaio urlava di terrore. Poi, gradualmente, il tremendo barrito si calmo. Divenne simile a un prolungato lamento funebre.

— Ci mettera un bel pezzo, prima di abituarsi — disse Speaker.

— Abituarsi a cosa? — domando Teela.

— Assumo io il comando — ruggi lo kzin. — L’erbivoro e un povero vigliacco.

Louis penso di contrastare il comando a Speaker. Ma non aveva il coraggio di accapigliarsi con l’orso spaziale. E poi, Speaker sarebbe stato un capo migliore di lui, in caso di pericolo.

I volocicli, intanto, erano saliti di mezzo miglio. Il cielo e la terra erano neri, ma sulla terra c’erano ombre ancora piu scure che davano alla geografia del luogo non colore ma forma; il cielo, spruzzato di stelle, era dominato da quell’arco schiacciante.

Non c’era da stupirsi se Nessus non era stato capace di sopportarne la vista. Era troppo realista. Forse vedeva la bellezza, o forse no. Certo sapeva che erano abbandonati in un luogo deserto, su una struttura artificiale, in una superficie piu grande di tutti i mondi dell’impero burattinaio.

— Credo di vedere le pareti del bordo — disse Speaker.

Louis distolse a fatica gli occhi dalla curva del cielo. Guardo verso Port e verso Starboard e si senti mancare il cuore.

La sporgenza della parete formava una linea nero-blu su nero-blu. Louis non riusciva a immaginarne l’altezza. La base non era nemmeno accennata. Soltanto lo spigolo superiore era visibile, e nel momento in cui Louis lo guardo, svani. Quella linea era precisamente dove avrebbe dovuto trovarsi l’orizzonte.

I volocicli accelerarono ancora, in silenzio, a una velocita di poco inferiore a quella del suono. Una risonanza improvvisa irruppe nel campo sonico. Tocco il culmine, poi si interruppe di colpo. Il campo sonico si ricompose in una forma e fu di nuovo silenzio. Louis si rilasso nel sedile del volociclo. Ci sarebbe voluto piu di un mese, penso, per abituarvisi del tutto. Si mise a controllare il suo veicolo. Le attrezzature per il riposo erano semplici, comode e anche facili da usare. Provo a spingere una mano dentro il campo sonico. Era un campo di forza, una rete di vettori destinati a fare circolare le correnti d’aria intorno allo spazio occupato dal volociclo. Ma non era tenuto a comportarsi come una parete di vetro. Al tatto, Louis senti un forte vento che soffiava spingendo contro di lui da tutte le direzione. Si trovava dentro una bolla protettiva di vento impetuoso.

Il campo sonico sembrava a prova-di-deficienti.

Ne ebbe la certezza strappando un fazzoletto di carta che lascio volare via. Il fazzoletto svolazzo sotto il volociclo e si fermo sospeso in aria, vibrando all’impazzata. Louis era propenso a credere che se fosse caduto dal sedile, cosa piuttosto improbabile, sarebbe rimasto imprigionato dal campo sonico e avrebbe avuto la possibilita di risalire sul veicolo.

Figurarsi. I burattinai…

Il tubo idraulico gli procuro dell’acqua distillata e il distributore-ristorante gli servi i panini. Per sei volte programmo un panino e lo lascio cadere nell’aspiratore dopo avergli dato un morso. Ogni panino aveva un sapore diverso ed erano tutti ottimi. Compose la cifra per un settimo panino e lo mangio.

Era snervante pensare quanto erano lontani da qualsiasi genere di aiuto. La Terra distava duecento anni- luce; la flotta burattinaia ormai a due anni-luce di distanza si stava allontanando quasi alla velocita della luce; e anche la Liar, semidistrutta, era ormai invisibile.

L’arco dell’Anello risplendeva su di loro: una superficie tre milioni di volte piu ampia di quella della Terra. Sul Mondo ad Anello c’era abbastanza spazio per perdersi tranquillamente.

— Louis, possiamo parlare in privato? — domando Nessus.

Le immagini trasparenti di Speaker e di Teela sembravano assopite. Louis li escluse dal circuito interfonico. — Sentiamo.

— Che cosa e successo?

— Non hai sentito?

— Ero arrotolato, Louis. E quando ho le orecchie sulla pancia, non sento.

— Come stai, adesso?

— Male. Sperduto. Senza sopra ne sotto.

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