— Sei pallido. Che ti succede?

— Vieni, ti dico.

Lo kzin, continuando a mangiare, lo segui. La schiuma gommosa era stata eliminata. La pelle bruciata si era gia cicatrizzata, e si stava squamando. Era una pelle lucida, sana e rosa — ammesso che il rosa, per gli Kzin, fosse il colore della buona salute.

— Insomma, Louis, dove mi porti?

— Accidenti, ho perso la strada. Non riesco a trovare lo scalone per la camera. — Si guardo attorno, smarrito.

— Allora vieni tu con me. Ho trovato la stanza delle mappe.

— No. Prima devo farti vedere il filo.

— Sono tornato ad essere il capo della squadra. Louis, e un ordine.

LA STANZA DELLE MAPPE

Per seguire lo kzin, lungo le scale, a Louis stavano scoppiando i polmoni. Speaker non correva, ma camminava molto piu rapidamente di quanto riuscisse a fare un uomo. La stanza delle mappe era situata nella parte piu alta del castello.

Lo kzin entro nella sala, Louis si incanto sulla soglia. In uno spazio circolare di cinquanta metri di diametro, era sistemato il plastico dell’intero Mondo ad Anello. Il terrestre osservo attentamente i particolari: il modello era la riproduzione fedele, in miniatura, dell’immensa costruzione ruotante attorno a una stella. L’Anello, sospeso nell’aria, ruotava attorno al suo sole.

Speaker aveva finito di trangugiare il panino: — Ho passato qui la notte — disse. — Vieni, devo farti vedere molte cose.

Lo kzin si era avvicinato alla parete opposta alla porta, vicino a tre globi ruotanti: raffiguravano, in scala ridottissima, tre diversi pianeti. Tutti e tre sconosciuti. Ma i dettagli di ciascun pianeta erano perfetti e prodigiosamente reali: era come osservare tre veri pianeti che girassero nel cosmo. Sotto ogni globo, uno schermo era accostato a una grande carta geografica a sezione conica. Lo kzin stava gia manovrando i pulsanti e le manopole. Louis osservo che ogni strumento era cesellato in argento.

— Prima ero riuscito a focalizzarlo — disse lo kzin. — Se potessi ricordarmi bene… — Tocco una manopola e l’immagine si allargo cosi rapida che Louis strinse convulsamente una mano come per soffocarla. — Voglio farti vedere la parete del margine. Grr, ancora un po’ piu in la… — Maneggio un’altra manopola, e l’immagine si allontano. Stavano guardando il margine dell’Anello.

Da qualche parte dovevano essere collocati dei telescopi che inquadravano quella veduta. Dove? Sui rettangoli d’ombra?

Dall’alto si scorgevano montagne alte mille miglia. L’immagine si dilato ancora. Le montagne sembravano naturali, e i loro contorni risaltavano netti contro lo spazio scuro, come se fossero state intagliate con un coltello.

Louis vide qualcosa che si allungava tra le vette: — Un acceleratore lineare.

— Si — disse Speaker. — Non avendo le cabine-transfert, e l’unica via possibile per viaggiare attraverso questo mondo. Doveva essere il maggiore sistema di trasporto.

— Ma e alto mille miglia. Ci sono ascensori?

— Ho visto delle colonne elevatrici lungo la parete del bordo. La, per esempio. — La serie di puntini rossi era una successione di nodi distanziati uno dall’altro, che i picchi montagnosi celavano alla vista di chi si trovava nella regione sottostante, un tubo sottile, appena visibile, che si dipartiva da uno dei nodi giu per i fianchi della montagna, fino allo strato di nuvole sul fondo dell’atmosfera.

— I nodi elettromagnetici si infittiscono intorno alle colonne-ascensori. Altrove arrivano a un’altitudine di un milione di chilometri. Una macchina puo accelerare in caduta libera, costeggiare il bordo dell’Anello a una velocita di settecentosettanta miglia al secondo, per essere poi fermata vicino a un tubo-ascensore nei pressi di un altro raggruppamento di cerchi.

— Ci volevano dieci giorni per arrivare a destinazione. Senza contare le accelerazioni.

— Sciocchezze. Ci vogliono sessanta giorni per raggiungere Silvereyes, che e il mondo umano piu lontano dalla Terra.

Aveva ragione. La zona abitata dal Mondo ad Anello era piu vasta di quella dell’intero spazio abitato. Avevano costruito quel mondo per avere dello spazio.

— Hai visto qualche segno di attivita? — chiese Louis. — C’e nessuno che usi ancora l’acceleratore?

— E una domanda insensata. Lascia che ti mostri.

La panoramica si restrinse, scivolo via di sghembo poi si ingrandi lentamente. Era notte. Le nubi si squarciavano sopra il paesaggio nero.

— Le luci di una citta. Bene. — Louis degluti. La sorpresa era arrivata troppo all’improvviso. — Allora non e tutto morto. Troveremo aiuto.

— Sara difficile… ah!

— Per la mente di Finaglo!

Il castello, il loro castello, fluttuava placidamente. Finestre, illuminazioni al neon, un incessante via vai di luci minuscole come pagliuzze che dovevano essere veicoli… palazzi sospesi in aria…

— Sono nastri. Accidenti! Stiamo guardando dei vecchi nastri. Credevo che si trattasse di una tramissione dal vivo. — Per un attimo delizioso, si erano illusi. Citta in pieno fermento, appuntate con lo spillo su una carta geografica… ma erano immagini vecchie di secoli, antiche civilta.

— Ci ho creduto anch’io, questa notte. Non sospettavo la verita finche non mi sono accorto che non riuscivo a individuare il cratere meteorico, lungo migliaia di chilometri, provocato dall’atterraggio della Liar.

Senza parole, Louis batte una mano sulla spalla nuda dello kzin; era cosi alta che ci arrivava a stento.

Lo kzin fece finta di ignorare la liberta che Louis si era preso. — Dopo avere localizzato il castello, le cose sono andate piu alla svelta. Guarda. — Fece scivolare l’immagine panoramica verso Port. Era difficile cogliere i particolari. Poi si trovarono a guardare sopra un oceano nero. La telecamera sembro retrocedere.

— Vedi? La baia di uno dei piu vasti oceani e proprio sulla nostra rotta verso la parete dell’Anello. E piu largo di qualsiasi oceano di Kzin o della Terra. Soltanto la baia e grande quanto il nostro oceano maggiore.

— Un altro ostacolo! Non possiamo aggirarlo?

— Forse. Ma c’e qualcosa che ci causera un ritardo ancora peggiore. — Lo kzin tocco un’altra manopola.

— Ferma! Voglio dare un’occhiata a quei gruppi di isole.

Videro realizzazioni fantastiche. Speaker aveva focalizzato lo schermo sullo spazioporto, un vasto bordo che sporgeva sul margine verso lo spazio. Un enorme cilindro, dalle estremita smussate, era illuminato da mille finestrini e sostenuto da campi elettromagnetici. I campi riflettevano luminose sfumature pastello. — Il nastro e sovrapposto — disse lo kzin. — L’ho studiato a lungo, stanotte. Pare che i passeggeri passino direttamente sulla parete del bordo, come in un processo di osmosi.

— Si. — Louis era molto depresso. La prominenza dello spazioporto si spingeva a una distanza tale che gli sembrava d’aver fatto, finora, solo pochi chilometri.

— Ho visto il decollo di una nave. Non usavano l’acceleratore lineare. Era proprio come aveva immaginato il mangia-foglie. Louis, mi stai a sentire?

Louis si scosse. — Scusa. Stavo pensando che il nostro viaggio si allunga di settecentomila miglia.

— Forse possiamo servirci del sistema di trasporto principale, la linea di acceleratori che si trova sulla parete del bordo.

— Non ci spero. Probabilmente e distrutto. La civilta e in continua espansione, sempre che sia coadiuvata da un sistema di trasporti. Anche se riuscissimo a farlo funzionare, non troveremmo delle colonne-ascensori per scendere.

Sullo schermo, decine di carrelli scivolarono nel tunnel d’immissione fino alla camera d’equilibrio di un’astronave. Louis e Speaker pensarono di cambiare destinazione. Ma convennero che lo spazioporto restava

Вы читаете I burattinai
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату