che facesse pensare a ghiandole mammarie. Quindi optai per il pronome maschile, per difetto.

Ovviamente, o non ci vedeva oppure pensava che facessimo parte del branco degli orsacchiotti. Non si volto neppure una volta a guardarci, e continuo nella stessa direzione in cui eravamo avviati noi, radianti 0,05 a est di nord.

— Potete tornare a dormire, adesso, se ci riuscirete dopo aver visto quel coso. Si parte alle 0435. — Quaranta minuti.

Poiche il pianeta era avvolto in una coltre opaca di nubi, dallo spazio era stato impossibile vedere com’era fatta e quanto era grande la base nemica. Conoscevamo solo la sua posizione, cosi come conoscevamo la posizione in cui sarebbero dovuti atterrare i ricognitori. E quindi era facile che anche la base fosse sott’acqua, oppure sotto terra.

Ma alcune delle sonde automatiche erano ricognitori, non soltanto esche; e durante i loro attacchi fasulli contro la base, una era riuscita ad avvicinarsi abbastanza per scattare una foto. Il capitano Stott trasmise via radio una pianta del posto a Cortez, l’unico che avesse un visore nello scafandro, quando arrivammo a cinque chilometri dalla posizione 'radio' della base. Ci fermammo, e Cortez chiamo i comandanti dei plotoni, insieme ai membri del Settimo, per conferire. Arrivarono balzelloni anche due orsacchiotti. Noi ci sforzammo di non badare alla loro presenza.

— Okay, il capitano ha trasmesso alcune foto del nostro obiettivo. Ora disegnero una mappa: voi comandanti dei plotoni copiatela. — Quelli presero blocchi e stili dalle tasche dei 'calzoni', mentre Cortez srotolava una grande stuoia di plastica. Le diede una scrollata per randomizzare le eventuali cariche residue, e accese lo stilo.

— Dunque, noi arriviamo da questa direzione. — Traccio una freccia sul fondo del foglio. — Per prima cosa incontreremo questa fila di baracche, probabilmente alloggi o bunker, ma chi diavolo puo sapere… Il nostro obiettivo iniziale consiste nel distruggere questi edifici… l’intera base si trova sul terreno piatto: non abbiamo possibilita di arrivarle addosso di sorpresa.

— Qui Potter. Perche non possiamo saltarle addosso?

— Sicuro, potremmo farlo, e ci ritroveremmo completamente circondati e fatti a pezzi. Prendiamo le baracche.

'E dopo averle prese… tutto quello che posso dirvi e che dovremo decidere sul momento. In base alla ricognizione aerea, possiamo immaginare la funzione di un paio di edifici soltanto… e la faccenda puzza. Magari finiremmo per sprecare un sacco di tempo a demolire l’equivalente dello spaccio truppa, e per ignorare un enorme computer logistico solo perche ha l’aspetto… d’una discarica di rifiuti, o qualcosa del genere.'

— Qui Mandella — dissi io. — Non c’e una specie di spazioporto? Mi sembra che dovremmo…

— Arrivero anche a questo, dannazione. C’e un cerchio di baracche tutto intorno al campo, e percio da qualche parte dovremo pur sfondare, per passare. Questo e il posto piu vicino, e c’e meno pericolo di tradire la nostra posizione prima che passiamo all’attacco.

'Non c’e niente, in tutta la base, che abbia effettivamente l’aspetto di un’arma. Ma non vuol dir niente; in ognuna delle baracche si potrebbe nascondere con tutta facilita un laser da un gigawatt.

'Ora, a cinquecento metri circa dalle baracche, al centro della base, arriveremo a questa grande struttura a forma di fiore. — Cortez traccio un grosso disegno simmetrico che pareva il contorno di un fiore con sette petali. — Che cosa diavolo sia, io lo so quanto voi. Tuttavia ce n’e una soltanto, quindi non dovremo danneggiarla piu del necessario. Il che significa… che la faremo a pezzi, se io la riterro pericolosa.

'Ora, per quanto riguarda il tuo spazioporto, Mandella… non c’e e basta. Niente.

'Quell’incrociatore che la Hope ha fatto fuori, probabilmente era stato lasciato in orbita, cosi come abbiamo dovuto fare noi con la nostra astronave. Se loro hanno qualcosa di equivalente a un ricognitore o a missili automatici, allora o non li tengono qui, o li hanno nascosti molto bene.'

— Qui Bohrs. E allora con che cosa ci hanno attaccati, mentre stavamo scendendo dall’orbita?

— Vorrei tanto saperlo, soldato.

'Ovviamente, non abbiamo nessun metodo per poter stimare quanti sono, almeno direttamente. Le foto del ricognitore non mostrano neppure un taurano a terra nella base. Non significa niente, perche questo e un ambiente alieno anche per loro. Indirettamente, pero… contiamo il numero dei manici di scopa, di quei cosi volanti.

'Le baracche sono cinquantuno, e ognuna ha al massimo un manico di scopa. Davanti a quattro baracche non ne e parcheggiato nessuno, pero ne abbiamo localizzati quattro in varie altre parti della base. Forse questo significa che ci sono cinquantuno taurani, uno dei quali si trovava lontano dalla base quando la foto e stata scattata.'

— Qui Keating. Oppure cinquantun ufficiali.

— Esatto… magari ci sono cinquantamila fanti chiusi in ognuno di quegli edifici. E impossibile dirlo. O magari ci sono solo dieci taurani, ognuno con cinque manici di scopa a disposizione, da usare a seconda dell’umore.

'Abbiamo un elemento a nostro favore: le comunicazioni. Loro evidentemente adoperano una modulazione di frequenza di radiazione elettromagnetica di qualche megahertz.'

— Radio!

— Giusto, chiunque tu sia. Identificatevi, quando parlate. Percio e possibile che loro non riescano a captare le nostre comunicazioni a base di neutrini. Inoltre, immediatamente prima del nostro attacco, la Hope sgancera una bella bomba sporca, a fissione: la fara esplodere negli strati superiori dell’atmosfera, esattamente sopra la base. Questo li costringera a servirsi per qualche tempo di comunicazioni in linea di visuale; e anche quelle saranno piene zeppe di scariche.

— E perche non… qui Tate… perche non gli sganciano la bomba proprio sulle ginocchia? Ci risparmierebbero un sacco di…

— Questa osservazione non merita neppure una risposta, soldato. La risposta, comunque, e che potrebbero farlo. E augurati che non lo facciano. Se liquidano la base, lo faranno per la sicurezza della Hope. Dopo che avremo attaccato, e probabilmente prima che siamo abbastanza lontani perche la cosa abbia importanza.

'Possiamo impedire che questo succeda solo se facciamo un buon lavoro. Dobbiamo ridurre la base in condizioni tali che non possa piu funzionare. E nello stesso tempo, dobbiamo lasciarla intatta il piu possibile. E prendere un prigioniero.'

— Qui Potter. Vuol dire almeno un prigioniero.

— Volevo dire quello che ho detto. Uno solo. Potter… sei esentata dal comando del tuo plotone. Manda qui Chavez.

— Bene, sergente. — Il tono di sollievo, nella sua voce, era inequivocabile.

Cortez continuo con la sua pianta e le istruzioni. C’era un altro edificio la cui funzione era ovvia: in cima aveva una grande antenna girevole a forma di piatto. Dovevamo distruggerla non appena i granatieri fossero arrivati a tiro.

Il piano d’attacco era molto elastico. Il nostro segnale d’inizio sarebbe stato il lampo della bomba a fissione. Nello stesso tempo, parecchie sonde automatiche sarebbero state mandate a convergere sulla base, e in questo modo avremmo potuto vedere a cosa ammontavano le loro difese antiastronavi. Avremmo tentato di ridurne l’efficienza senza distruggerle completamente.

Subito dopo la bomba e le sonde automatiche, i granatieri avrebbero disintegrato una fila di sette baracche. Attraverso la breccia, tutti si sarebbero precipitati nella base… e quello che sarebbe successo dopo, nessuno poteva immaginarlo.

Idealmente, saremmo dovuti andare da un’estremita della base all’altra, distruggendo certi obiettivi ed eliminando tutti i taurani tranne uno. Ma era molto improbabile che il piano si realizzasse, poiche si basava sul fatto che i taurani opponessero scarsa resistenza.

D’altra parte, se i taurani avessero dimostrato fin dall’inizio un’evidente superiorita, Cortez avrebbe impartito l’ordine di disperderci. Ognuno aveva un diverso punto cardinale verso cui dirigersi… ci saremmo avviati in tutte le direzioni, e i superstiti dovevano presentarsi al rendez-vous circa quaranta chilometri a est della base. Li avremmo predisposto un nuovo attacco, dopo che la Hope avesse provveduto ad ammorbidire un po’ la base.

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