— Un’ultima cosa — gracchio Cortez. — Magari alcuni di voi la pensano come la Potter, magari la pensano cosi alcuni dei vostri uomini… che dovremmo andarci piano, senza trasformare l’operazione in un bagno di sangue. La pieta e un lusso, una debolezza che non possiamo permetterci in questa fase della guerra.
'Sono
— Sergente…
— Silenzio. Abbiamo poco tempo: tornate ai vostri plotoni e istruiteli. Ci muoviamo tra cinque minuti.
I comandanti dei plotoni ritornarono dai loro uomini, lasciando li Cortez e noi dieci… piu tre orsacchiotti che ci giravano intorno e ci venivano di continuo fra i piedi.
15
Percorremmo gli ultimi cinque chilometri con molta prudenza, tenendoci fra l’erba piu alta e attraversando di corsa le radure, qua e la. Quando arrivammo a cinquecento metri dal posto in cui doveva essere la base, Cortez porto avanti il Terzo plotone a compiere una ricognizione, mentre noialtri ci sdraiavamo a terra.
La voce di Cortez ci giunse attraverso la frequenza generale: — E piu o meno come ce l’aspettavamo. Avanzate in fila, strisciando. Quando avrete raggiunto il Terzo plotone, seguite il vostro comandante di squadra verso destra o verso sinistra.
Obbedimmo e alla fine ci trovammo con una fila di ottantatre persone, disposte in una linea approssimativamente perpendicolare alla direzione dell’attacco. Eravamo nascosti molto bene, a parte la dozzina di orsacchiotti che spiccavano lungo tutta la linea, masticando erba.
Nella base non c’era segno di vita. Tutte le costruzioni erano di un bianco lucente, uniforme, e non avevano finestre. Le baracche che costituivano il nostro primo obiettivo erano grandi uova lisce, semisepolte, distanti una sessantina di metri l’una dall’altra. Cortez ne assegno una ad ogni granatiere.
Eravamo divisi in tre squadre: la Squadra A consisteva del plotone due, quattro e sei; la Squadra B dei plotoni uno, tre e cinque; e il plotone del comando era la Squadra C.
— Fra meno di un minuto… Filtri abbassati! Quando dico 'fuoco', granatieri, sparate sui rispettivi bersagli. Dio vi aiuti se li mancate.
Ci fu un suono che parve il rutto di un gigante, e un torrentello di cinque o sei bolle iridescenti si innalzo dalla costruzione a forma di fiore. Le bolle si sollevarono a velocita crescente fino a quando furono praticamente fuori di vista: sfrecciavano verso sud, passandoci sopra la testa. Il suolo si illumino improvvisamente, e per la prima volta dopo molto tempo vidi la mia ombra, lunghissima, e puntata verso nord. La bomba era esplosa in anticipo. Ebbi appena il tempo di pensare che l’anticipo non faceva una grande differenza: avrebbe comunque causato il caos nelle comunicazioni dei nemici…
— Sonde automatiche! — Un veicolo arrivo sibilando, all’incirca all’altezza degli alberi, e una bolla si levo nell’aria per andargli incontro. Quando entrarono in contatto, la bolla scoppio e la sonda esplose in un milione di minuscoli frammenti. Ne arrivo un’altra dalla direzione opposta, e subi la stessa sorte.
—
— Alzate i filtri. — Una caligine grigia di fumo e di polvere. Zolle di terra che cadevano con il rumore di pesanti gocce di pioggia.
— Ascoltate:
Lo ascoltai appena, perche stavo cercando di seguire quello che succedeva contemporaneamente dentro alla mia testa. Sapevo che era semplicemente suggestione post-ipnotica, e ricordavo addirittura la seduta, la nel Missouri, in cui me l’avevano imposta: ma questo non serviva a renderla meno impellente. La mia mente vacillava, sotto il peso dei fortissimi pseudo-ricordi: i taurani, grandi grossi e irsuti (completamente diversi da quel che, adesso, sapevamo fossero in realta) che andavano all’arrembaggio di un’astronave dei coloni, e trangugiavano vivi i bambini piccoli, mentre le madri assistevano, urlando di terrore (i coloni non portavano mai con se i bambini piccoli, che non avrebbero resistito all’accelerazione), e poi violentavano le donne, causandone la morte, con gli enormi falli purpurei e venati (era ridicolo che potessero provare desiderio per esseri umani), abbrancavano gli uomini e strappavano brani di carne dai loro corpi ancora vivi e li inghiottivano (come se potessero assimilare le proteine aliene)… cento dettagli macabri e orrendi, ricordati nitidamente come gli eventi di un attimo prima, ridicolmente esagerati e assurdi dal punto di vista logico. Ma mentre la mia mente conscia rifiutava quelle sciocchezze, molto piu in fondo, nell’animale addormentato in cui custodiamo le nostre vere motivazioni e la nostra morale, qualcosa provava sete del sangue alieno, nella certa convinzione che la cosa piu grande che un uomo potesse fare era quella di morire uccidendo uno di quegli orribili mostri…
Sapevo che erano tutte stronzate, e maledicevo gli uomini che si erano presi delle liberta tanto oscene con la mia mente, ma intanto digrignavo i denti e mi sentivo le guance immobilizzate in un ghigno spastico, nella bramosia del sangue… Un orsacchiotto mi venne davanti: sembrava frastornato. Feci per alzare il mio dito laser, ma qualcun altro mi batte sul tempo: la testa dell’essere esplose in una nuvola di schegge d’osso grigio e di sangue.
Lucky gemette, lamentosamente: — Sporchi… luridi, bastardi, fottuti. — I laser lampeggiarono, incrociandosi, e tutti gli orsacchiotti caddero morti.
— State
'Squadra A, muovetevi… nei crateri, per coprire la B.'
Qualcuno aveva cominciato a ridere e a singhiozzare. —
Mi girai su me stesso e vidi Petrov, dietro di me e sulla mia sinistra: giaceva in una buca poco profonda, e scavava freneticamente con tutte e due le mani, gridando e gorgogliando.
— Merda! — disse Cortez. — Squadra B! Dieci metri oltre i crateri, mettetevi giu, e in fila. Squadra C… nei crateri insieme alla A.
Mi alzai e coprii quei cento metri in dodici balzi amplificati. I crateri, in pratica, erano abbastanza grandi per nasconderci un ricognitore: avevano diametro d’una decina di metri. Balzai verso il fianco opposto della buca e atterrai accanto a un tale che si chiamava Chin. Non giro neanche la testa quando io atterrai, e continuo a scrutare la base, in cerca di qualche segno di vita.
— Squadra A… dieci metri piu avanti della Squadra B, giu in fila. — Mentre Cortez finiva di dare l’ordine, l’edificio davanti a noi rutto, e una quantita di bolle ne usci, spargendosi a ventaglio verso le nostre linee. Quasi tutti le videro arrivare e si buttarono giu: ma Chin si stava alzando proprio in quel momento per correre avanti, cosicche ando a sbattere contro una di esse.
La bolla gli sfioro la parte superiore dell’elmo e scomparve con un lieve schiocco. Chin arretro di un passo e cadde riverso oltre l’orlo del cratere, lasciando dietro di se un arco di sangue e di materia cerebrale. Privo di vita, a braccia aperte, scivolo in fondo al pendio, scavando il terriccio col buco perfettamente simmetrico, dove la bolla aveva indiscriminatamente portato via plastica, capelli, pelle, osso e cervello.
— Fermi tutti. Comandanti dei plotoni, riferite le perdite… ricevuto… ricevuto, ricevuto… ricevuto, ricevuto,