«Forse la luce ti da fastidio, Joshua?» chiese Julian ad un certo momento, dopo lunghe ore trascorse al sole. «Devi abituartici, sai, se vuoi diventare uno di loro. Il sole piace tanto al bestiame.» Sorrise. Poi, rapido com’era apparso, il sorriso disparve, spegnendosi nella tenebra del silenzio. Joshua York non profferi parola.
Osservandolo, Marsh noto marcati in Julian i segni della consunzione, della putrescenza, del degrado, della stesso imputridimento che aveva corroso il battello e Billy la Serpe. Era diverso adesso, in un certo qual modo, un altro, ancor piu spaventoso. Dopo quell’unica, breve domanda, non fece piu alcuna allusione. Resto muto, senza guardare ne Joshua York ne Marsh, o null’altro in particolare. I suoi occhi fissavano il nulla, neri, glaciali, morti come braci spente. Non privi, tuttavia, della loro forza lambente, di quel loro lucore ferino che, di la dal sipario d’ombra che avvolgeva Julian, s’accendeva talora e baluginava fioco e sinistro sotto la fronte pallida e pesante. Occhi che non sembravano umani. Come non lo sembrava Julian. Marsh ricordo la notte in cui Julian era salito a bordo del Fevre Dream. La prima volta che lo aveva guardato negli occhi gli era parso di vedere in essi una serie infinita di maschere crollare una dopo l’altra in una successione interminabile, finche, sotto l’ultima di esse non s’era rivelata la bestia. Adesso Julian era diverso. Era quasi come se le maschere avessero cessato di esistere. Mai il Capitano Marsh aveva conosciuto uomo che per cattiveria superasse o pure eguagliasse Damon Julian. Ma parte del male, della cattiveria che albergava in lui era essenzialmente umana: la sua malignita, le sue menzogne, il suo riso dalla musicalita cosi inquietante, il crudele piacere che provava nel tormento, il suo amore per la bellezza e per la sua distruzione. Adesso tutto cio sembrava svanito. In lui vi era adesso soltanto la bestia, rannicchiata in agguato nell’oscurita con occhi ardenti di ferina aggressivita, una belva braccata, un animale allo stallo, irragionevole, folle di paura. Adesso Julian non ridicolizzava York, non filosofeggiava sul bene e sul male, sulla forza e sulla debolezza, ne blandiva Marsh con suadenti, luride promesse. Adesso era li seduto ad aspettare, avvolto nel sudario dell’oscurita, il suo volto senza tempo svuotato d’ogni espressione, gli occhi testimoni di ere trascorse all’alba dei tempi, occhi vacui, orbi.
Abner Marsh capi che Joshua non s’era ingannnto. Julian era pazzo, o peggio che pazzo. Julian era uno spettro adesso, un fantasma, e la creatura che viveva in lui, dentro il suo corpo, era tutt’altro che stupida.
Pero, penso Marsh con profonda amarezza, potrebbe essere
Abner Marsh adocchio ancora una volta il fucile. Se solo fosse riuscito a prenderlo. Se solo fosse stato lesto e forte come quarant’anni prima. Se solo Joshua fosse riuscito a catturare l’attenzione della bestia per un tempo sufficiente a coprire il suo scatto. Inutile. La bestia non avrebbe mai incrociato il suo sguardo con quello di Joshua. Marsh non era ne forte ne lesto ed aveva un braccio rotto che gli doleva da impazzire. Non avrebbe mai avuto l’energia e l’agilita di scattare in piedi e raggiungere il fucile in tempo. Oltretutto la canna era puntata nella direzione sbagliata. Contro Joshua. Se fosse stata puntata nell’altra direzione, avrebbe potuto anche rischiare. In quel caso non avrebbe dovuto far altro che gettarsi sul fucile, sollevarlo in un baleno e tirare il grilletto. Ma, visto il modo in cui era deposto sul pavimento, avrebbe dovuto afferrarlo e capovolgerlo per far fuoco contro la
Un gemito sfuggi alle labbra di Joshua, un grido strozzato. Porto una mano alla fronte, poi si protese in avanti ed affondo la faccia tra le mani. La pelle aveva gia assunto una tonalita rosacea. Di li a poco gli si sarebbe arrossata per poi ustionarsi profondamente, e, carbonizzata, sarebbe diventata una nera sfoglia cartacea. Abner Marsh vedeva la vita spegnersi in lui. Che cosa lo inchiodasse in quel maledetto cerchio di fuoco, non sapeva spiegarselo. Certo, pero, che Joshua aveva coraggio, dannazione se ne aveva. Tutt’a un tratto Marsh provo l’impulso irrefrenabile di dire qualcosa.
«Uccidetelo,» grido. «Joshua, toglietevi di la ed uccidetelo, dannazione. Non pensate a me.»
Joshua York alzo gli occhi e sorrise debolmente. «No.»
«All’inferno, maledetto cocciuto, stupido cocciuto. Fate come vi dico. Io sono vecchio, la mia vita non vale nulla. Joshua,
Joshua scosse la testa e torno a nascondere il volto tra le mani.
Ora la bestia guardava Marsh con una strana espressione, come se non riuscisse a capire le sue parole, come se avesse dimenticato l’articolazione stessa del linguaggio umano. Marsh la guardo negli occhi e rabbrividi. Il braccio seguitava a dilaniarlo, e rivoli di lacrime si celavano nel fondo dei suoi occhi. Impreco, bestemmio, finche la faccia non gli divenne paonazza. Meglio che piagnucolare come una dannata femminuccia. Poi disse, «Siete stato un gran socio, Joshua, non vi dimentichero finche campo.»
York sorrise. Ed anche in quel sorriso Marsh pote leggere il dolore. Le forze lo stavano abbandonando, la luce lo avrebbe ucciso e allora Marsh sarebbe rimasto solo.
Ore ed ore di luce li attendevano. Ma le ore passavano, e sarebbe giunta la notte. Abner Marsh non poteva fermarla, cosi come non poteva prendere quel maledettissimo inutile fucile. Il sole sarebbe tramontato e il terribile sipario della tenebra, insidiosa e infida, sarebbe calato sul Fevre Dream. Allora la bestia avrebbe sorriso e si sarebbe levata dalla sua sedia. Tutte le porte del salone si sarebbero spalancate mentre gli altri, desti, sarebbero risorti alla vita, tutti i figli della notte, i vampiri, i figlie e le figlie, e gli schiavi della bestia. Da dietro gli specchi infranti, da dietro le tele dei dipinti ad olio, sarebbero apparsi, silenti, coi loro freddi sorrisi, i volti bianchi, ed i loro occhi terribili. Alcuni di essi erano amici di Joshua, ed una recava in grembo il figlio di Joshua, ma Marsh sapeva con dannata certezza che non avrebbe fatto alcuna differenza. Appartenevano alla bestia. Joshua possedeva la forza dell’eloquio, la giustizia, e il sogno, ma la bestia aveva il potere ed esso avrebbe soggiogato la bestia che s’annidava in tutti gli altri, avrebbe ridestato in loro la Sete Rossa legandoli cosi, indissolubilmente, alla sua volonta. Quanto a lei, la bestia, non era vittima della Sete, ma vivo ne era il ricordo.
E quando quelle porte si sarebbero aperte, Marsh sarebbe morto. Damon Julian aveva promesso di risparmiargli la vita, ma la bestia non era certo vincolata alle stupide promesse di Julian, lei sapeva quanto pericoloso fosse Marsh. Brutto o no, quella sera sarebbe stato il loro piatto forte. Ed anche Joshua sarebbe morto, o peggio ancora, sarebbe diventato come loro. E suo figlio si sarebbe trasformato in una bestia, un’altra bestia, e per secoli si sarebbe continuato ad uccidere, per secoli la Sete Rossa mai saziata avrebbe riarso le gole e le menti di quegli esseri bestiali. Cosi ogni sogno, ogni febbrile delirio di pace sarebbe tristemente affondato nel mare del nulla.
Poteva mai esservi una conclusione diversa? La bestia era piu grande di loro, una forza della natura. La bestia era come il fiume, eterna. Non conosceva la sottile corrosione dei dubbi, dei pensieri, dei sogni o dei progetti. Joshua York poteva sopraffare, dominare, annientare Damon Julian, ma la bestia sarebbe sopravvissuta: viva, implacabile, possente. Joshua aveva soffocato la bestia che era in lui, l’aveva stordita, domata, ridotta al suo volere, annientata, ed ora non gli era rimasta che la sua umanita per affrontare la bestia che viveva in Julian. E l’umanita non bastava per una simile sfida. Non poteva sperare di vincere quel finale di partita.
Abner Marsh aggrotto le sopracciglia. C’era qualcosa nei suoi pensieri che lo tormentava. Cerco di individuare la fonte di quella inquietudine, ma essa sfuggiva allo scandaglio della sua coscienza. Il braccio gli pulsava dolorosamente. Desidero un sorso della abominevole bevanda di Joshua. Aveva un sapore infernale, ma una volta Joshua gli aveva detto che conteneva laudano, e questo serviva a calmare il dolore. E un po’ d’alcol non avrebbe certo guastato.
Il raggio di luce che filtrava dall’osteriggio aveva adesso una diversa angolazione. Marsh calcolo che fosse ormai pomeriggio. Pomeriggio, e tra un po’ sera. Non restavano che poche ore. Poi le porte si sarebbero aperte. Guardo Julian, poi il fucile. Si strinse vigorosamente il braccio come se questo potesse in qualche modo attutire il dolore. A cosa diavolo andava pensando? Alla maledetta bevanda di York per placare il dolore al braccio… no, alla bestia, all’impossibilita che Joshua la battesse, per il fatto che…
Marsh socchiuse gli occhi e guardo nella direzione di Joshua. Una volta lo
Poi, d’improvviso, capi. Gli succedeva sempre cosi quando non riusciva a ricordare le cose. Forse era un po’ lento, ma il Capitano Abner Marsh non dimenticava mai. Si, ora, finalmente, era riuscito a catturare il ricordo, la spiegazione. La bevanda. Ricostrui l’episodio nella mente. Aveva vuotato l’ultima bottiglia nella gola di Joshua quando era fuggito via in pieno sole. L’ultima goccia gli era caduta sullo stivale ed aveva gettato la bottiglia nel fiume. Joshua era andato via alcune ore dopo e c’era voluto… quanto tempo?… giorni, erano passati dei