Il Duchino non ci teneva molto alle buone bottiglie: gli premeva invece di dare un'occhiata ai sotterranei, senza essere disturbato, perche aveva sentito dire che in una delle pareti le Contesse avevano murato il tesoro del Conte Ciliegione, per non doverlo spartire con nessuno.
— Se le cose stanno come voi dite, — ammise il Barone, colpito, — sarebbe bene andare a dare un'occhiata. Le nostre cugine commettono un grave peccato, nascondendoci i buoni vini della loro cantina. Dobbiamo aiutarle a salvare la loro anima. Questo almeno, secondo me, e il nostro dovere.
— Pero, — continuo il Duchino chinandosi all'orecchio del Barone, — sarebbe meglio licenziare per oggi Fagiolone. Andremo soli nei sotterranei. Vi portero io stesso la carriola.
Il Barone fu d'accordo e Fagiolone si ebbe una mezza giornata di liberta.
Ma perche, domanderete voi, il Duchino non scendeva da solo nei sotterranei se gli premevano i tesori? Perche se fossero stati scoperti, egli avrebbe potuto gettare la colpa su Melarancia. Aveva gia la risposta pronta:
— Ho dovuto per forza accompagnarlo: aveva sete e cercava una bottiglia.
Fregandosi mentalmente le mani, il Duchino si rassegno invece ad usarle per trascinare la carriola sulla quale il Barone aveva posato la pancia. Trovo la carriola pesantissima, ma dopo tutto non c'era che da scendere qualche rampa di scale e il peso della pancia lo spingeva in basso a una tale velocita che se la porta dei sotterranei fosse stata chiusa vi sarebbe rimasto spiccicato come una mosca. Per fortuna, invece, la porta era aperta: il Duchino infilo il corridoio e in meno che non si dica ebbe percorso tutta la cantina, tra due file di botti enormi, sormontate da milioni di bottiglie di vino dalle etichette polverose.
— Ferma! Ferma! — gridava il Barone. — Guardate quanta grazia di Dio!
— Piu avanti, — rispondeva il Duchino, — piu avanti c'e di meglio.
Il Barone, a vedersi scappar via a destra e a sinistra quegli eserciti di botti, quei battaglioni schierati di bottiglie, bariletti, barilotti, fiaschi e fiaschette, si struggeva dalla passione e stava per piangere.
— Addio, addio, poverine, — sospirava alle bottiglie. — Addio, mai piu vi rivedro.
Finalmente il Duchino senti che la pressione della carriola diminuiva e pote fermarsi. Proprio in quel punto, in una fila di botti si apriva un varco, e in fondo al varco si vedeva una porticina.
Il Barone, seduto comodamente per terra, allungava le mani a destra e a sinistra, afferrando due bottiglie alla volta, le stappava con i denti, che per l'allenamento erano diventati fortissimi, e se ne rovesciava il contenuto nello stomaco, interrompendosi solo per lanciare qualche mugolio di soddisfazione. Il Duchino con una smorfia di disgusto si inoltro nel varco.
— Dove andate, amatissimo cugino? Perche non approfittate anche voi di tutto questo ben di Dio?
— Vado a cercarvi una bottiglia di marca molto fine, che vedo laggiu in fondo.
— Il cielo vi rendera merito delle vostre premure, — gorgogliava il Barone tra un sorso e l'altro, — avete dissetato un assetato, non morirete mai di sete.
La porticina era senza serratura.
— Strano, — mormoro tra i denti Mandarino. — Forse si aprira per mezzo di un congegno segreto.
Comincio a esplorare la porticina centimetro per centimetro, cercando il congegno, ma per quanto tastasse, la porticina rimaneva immobile.
Frattanto il Barone, dopo aver dato fondo alle bottiglie che aveva a portata di mano, si era trascinato a sua volta tra le botti ed era giunto alle spalle di Mandarino, che sudava ed armeggiava, sempre piu nervoso.
— Che fate, cugino amatissimo?
— Cerco di aprire questa porta. Credo che qua dietro si trovino i vini piu pregiati. Sarei contento di riuscire ad aprirla.
— Non preoccupatevi. Porgetemi invece, voi che siete agile, quella bottiglia lassu con l'etichetta gialla. Dev'essere un vino cinese, ed io non ne ho mai assaggiato.
Il Duchino stento un poco a vedere la bottiglia che il Barone gli indicava. Era una bottiglia di formato comune, assolutamente simile alle altre, tranne che per il colore dell'etichetta, di un bel giallo canarino. Maledicendo in cuor suo alla gola del Barone, Mandarino allungo distrattamente la mano per prendere la bottiglia.
Strano. Essa pareva incastrata nello scaffale, e il Duchino dovette far forza per staccarla.
— Sembra piena di piombo, — osservo stupito.
Ma quando la bottiglia si stacco dallo scaffale, la porticina si mosse dolcemente, silenziosamente sui cardini, mostrando un vano buio dal quale avanzo un piccolo personaggio che si inchinava con molta compitezza ed esclamava con voce argentina:
— Buongiorno, signori. Vi ringrazio molto di avermi usato questa cortesia. Da tre ore stavo tentando di aprire questa porta senza riuscirvi. Come avete fatto ad indovinare che sarei capitato da queste parti?
— Ciliegino! — esclamarono ad una voce il Duchino ed il Barone. — Ciliegino caro! — aggiunse il Barone, che era gia piuttosto alticcio e si sentiva affettuoso.
— Ciliegino bello! Vieni, che ti abbracci!
Il Duchino non era cosi entusiasta.
— Che cosa fa qui questo piccolo guastafeste? — si domandava rodendosi il fegato per la rabbia. Tuttavia si sforzo di dire con gentilezza:
— Cugino Visconte, e un piacere per noi prevenire i tuoi desideri.
— Siccome pero, — ribatte pronto Ciliegino, — siccome io non vi ho informato che sarei tornato al Castello da questa parte, e al Castello in questo momento non ci siete che voi, immagino che vi abbia guidati fin qui l'idea di qualche marachella. Ma non me ne importa niente. Permettetemi invece di presentarvi i miei amici.
E scostandosi, Ciliegino fece passare, uno dopo l'altro, tutti i suoi amici: Cipollino, Ravanella, Mastro Uvetta, il sor Zucchina, l'avvocato, eccetera eccetera eccetera (lo sapete anche voi che erano tanti).
— Ma questa e un'invasione! — esclamo Mandarino, spalancando gli occhi.
Era proprio un'invasione, e l'idea era stata di Ciliegino. Facendo il girotondo intorno alla foresta i nostri amici avevano finito col ricongiungersi e avevano anche potuto costatare che tutti i loro avversari si trovavano fuori del Castello: una bella occasione per impadronirsi della fortezza nemica. Ciliegino penso alla galleria segreta che collegava il Castello alla foresta e fece da guida alla spedizione.
L'impresa, come avete visto, era perfettamente riuscita. Il Duchino fu rinchiuso nella sua camera e Fagiolino fu messo a fargli da guardiano.
Il Barone invece resto in cantina, perche nessuno aveva voglia di portarlo su per le scale. Fu proprio una magnifica serata.
Capitolo XXI
Lancia il Duchino l'esse-o-esse, si tingon di nero le Contesse
Quando scese la notte i nuovi castellani cominciarono a preoccuparsi.
— Che cosa faremo? — s'inquietava la sora Zucca. — Non potremo mica restare qui per sempre! Questa non e casa nostra. Abbiamo le nostre case, il nostro lavoro.
— Non vogliamo restare qui per sempre, — rispose Cipollino, — vogliamo trattare con i nostri nemici. Chiediamo solo la liberta per tutti. Quando saremo certi che non sara fatto del male a nessuno, usciremo dal Castello.
— Ma come ci difenderemo? — interloqui il sor Pisello. — La difesa di un castello come questo e una operazione bellica assai difficile. Occorre la conoscenza della strategia, della tattica e della balistica.
— Che cos'e la balistica? — domando la sora Zucca. — Avvocato, non cominciate a imbrogliarci con le parole difficili.
— Voglio dire, — concluse l'avvocato arrossendo, — che tra noi non c'e nessun generale. Senza un generale