Allo spuntar del sole l'operazione della tintura era felicemente ultimata. Il Principe appariva molto soddisfatto e insistette per tingere di nero anche Pomodoro e le Contesse.

— La situazione e molto grave, — ammoni, — e inoltre non abbiamo adoperato tutti i turaccioli.

Le Contesse si rassegnarono con le lacrime agli occhi. L'attacco comincio alle sette precise.

Capitolo XXII

Il Barone vola senz'ali e schiaccia venti generali

Secondo il piano d'attacco, il cane Segugio, approfittando dell'amicizia naturale che lo legava al cane Mastino, avrebbe dovuto farsi aprire da quest'ultimo il cancello del parco: e dietro a lui sarebbero penetrati, alla carica, gli squadroni di cavalleria comandati da don Prezzemolo.

Questa prima parte, pero, falli in pieno, perche il cancello non era per niente chiuso, anzi, era spalancato, e Mastino, in posizione di attenti sulla soglia, presentava le armi, ossia la coda.

Segugio torno indietro spaventatissimo e riferi lo strano avvenimento.

— Qui gatta ci cova, — disse Mister Carotino, usando una espressione cara ai Consiglieri Militari Stranieri.

— Molte, molte gatte ci covano, — rinforzo Segugio.

— Dove le avranno prese? — domando il Principe?

— Che cosa?

— Tutte queste gatte.

— Altezza, non si tratta di felini. Se hanno lasciato aperto il cancello, ci dev'essere un trabocchetto.

— Allora entreremo dal di dietro, — decise il Principe.

Ma anche il cancello posteriore era aperto. Gli strateghi del Principe non sapevano che pesci pigliare. Il Principe cominciava a essere stufo di quella guerra.

— Dura troppo, — diceva, lamentandosi con Pomodoro, — e troppo lunga e troppo difficile. Se l'avessi saputo prima, non l'avrei nemmeno cominciata.

Infine decise di compiere un atto di valore personale. Mise in fila i suoi quaranta generali e ordino:

— Att-enti!

I quaranta generali scattarono come un solo caporale.

— Avanti, march! — Uno, due, uno, due…

II cancello fu oltrepassato e l'eroico plotone marcio verso il Castello, che come sapete, si trovava un po' in cima alla collina. La salita era abbastanza faticosa. Il Principe comincio a sudare e torno indietro, lasciando il comando a un Limone di prima classe.

— Continuate voi, — disse, — io vado a preparare l'attacco generale. Ormai la prima linea, grazie al mio intervento personale, e stata sfondata.

Il Limone di prima classe gli presento le armi e prese il comando. Fatti dieci passi, ordino cinque minuti di riposo. Stava per ordinare l'attacco finale — ormai il Castello distava si e no cento metri — quando si udi un boato tremendo e un proiettile di proporzioni mai viste comincio a rotolare giu per la china, in direzione dei quaranta generali. I quali, senza aspettare comandi, fecero dietrofront e si ritirarono verso il basso a tutta velocita. La loro velocita, pero, era molto inferiore a quella della misteriosa valanga, che in pochi secondi fu loro sopra, ne schiaccio una ventina come se fossero prugne mature e continuo a precipitare a valle: attraverso il cancello, respinse la cavalleria di don Prezzemolo che si preparava all'attacco e rovescio il calesse delle Contesse del Ciliegio.

Quando si arresto, si vide che non si trattava di una mina magnetica o di una botte di dinamite, ma dello sventurato Barone Melarancia.

— Cugino carissimo! — grido affettuosamente Donna Prima, accorrendo verso di lui impolverata e scarmigliata.

— Signora, non ho l'onore di conoscervi. Non sono mai stato in Africa.

— Ma sono io, Donna Prima.

— O cielo, ma che cosa vi e saltato in mente di tingervi di nero?

— E' stato per ragioni strategiche. Ma voi piuttosto, come mai siete piombato giu a quel modo?

— Sono venuto in vostro soccorso. In un modo un po' violento, lo ammetto. Ma non avevo altra scelta. Ci ho messo tutta la notte a liberarmi dalla cantina, dove quei banditi mi avevano rinchiuso. Figuratevi che ho rosicchiato la porta con i denti.

— Avrete rosicchiato una mezza dozzina di botti, — borbotto Pomodoro, livido.

— Una volta giunto all'aperto, mi sono lasciato rotolare giu per la china, travolgendo una tribu di negri, certamente assoldata da quei briganti per occupare il Castello.

Quando Donna Prima gli spiego che si trattava di quaranta generali, il povero Barone non riusciva a darsi pace, ma in fondo si sentiva orgoglioso della propria forza.

Il Principe Limone, che aveva finito di prendere il bagno nella sua tenda proprio in quel momento, nel costatare le perdite del suo esercito credette che il nemico avesse fatto una sortita e fu molto contrariato quando gli fecero osservare che il disastro era stato prodotto da un alleato pieno di buone intenzioni.

— Io non ho firmato alleanze con nessuno. Le mie guerre le combatto da solo, — disse sdegnosamente. E radunate le truppe che gli restavano — tra generali, soldati e generi diversi una trentina di uomini — fece questo discorso:

— Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io.

I Principi non apprezzano l'amicizia. Cosi riescono sempre ad avere amici pericolosi, e allora si consolano citando proverbi che non hanno ne capo ne coda.

Dopo un quarto d'ora fu lanciato un secondo attacco. Dieci uomini scelti marciarono di corsa su per la salita, lanciando urla selvagge per spaventare almeno i bambini e le donne che si trovavano tra gli assediati. Essi furono accolti con molta cortesia, anzi, con troppa. Cipollino aveva fatto applicare potenti pompe da incendio ai tini piu panciuti della cantina. Quando gli assaltatori furono a tiro ordino:

— Vino!

— Avrebbe dovuto ordinare fuoco! — osserveranno i soliti critici militari; ma quelle erano pompe per spegnere il fuoco, non per accenderlo.

Gli assaltatori furono innaffiati dai robusti getti rossi e profumati. Il vino entrava loro nella bocca e nel naso, minacciando di affogarli: era vino buono, ma il troppo stroppia.

Fecero dietro-front piuttosto a malincuore e volarono giu per la discesa. Giunsero all'accampamento completamente ubriachi, con grande scandalo delle Contesse.

Figuratevi poi gli strilli del Principe:

— Vergogna, bere vino rosso a digiuno! Ecco altri dieci uomini fuori combattimento.

I dieci guerrieri, infatti, uno dopo l'altro, si sdraiarono ai piedi di Sua Altezza e cominciarono a russare della grossa.

La situazione diventava di minuto in minuto piu tragica. Pomodoro si metteva le mani nei capelli e tempestava Mister Carotino:

— Consigliate qualche cosa! Siete, si o no, il Consigliere Militare Straniero?

Al Castello invece, come potete immaginare, l'entusiasmo era al colmo.

Una buona meta dei nemici era ormai liquidata. Forse fra poco si sarebbe vista spuntare una bandiera bianca laggiu, tra i due pilastri rossi del cancello.

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