sono; ma non e questo il modo di… Ah! Ah! Basta! Va bene! Si e spiegato benissimo! Quelle donne… Senta, va bene, posso anche aver detto cose di cui mi sono pentito, ma lei non c’era! Lei non conosce tutti i fatti! Io, si. Lei non ha ascoltato tutti gli uomini che erano accusati! Non puo essersi formato un’opinione del loro carattere! E neanche delle donne! Ah! Ah! Fermo! La prego! Mi sta facendo male! Mi sta facendo male!»

Hai infilato il vibratore per un terzo, e non e ancora nel punto della massima circonferenza. Spingi piu forte, compiaciuto della presa salda grazie ai guanti da chirurgo, e vorresti tanto poter dire qualcosa, ma sai che non puoi. Un vero peccato.

«Ah! Ah! Gesu, per amor del cielo, sta cercando di uccidermi? Senta, ho del denaro, posso… Ah! Maledetto bastardo…» Gli sfuggono un gemito e un peto al contempo. Sei costretto ad allontanare la testa per la puzza, tuttavia continui a spingere dentro il vibratore. Senti i gabbiani che urlano, fuori, oltre le tende tirate.

«Fermo! Basta!» urla. «Questa non e giustizia! Lei non sa nulla di quei casi! Alcune erano vestite come puttane, maledizione! Ci sarebbero state con chiunque, non erano altro che puttane! Ah! Maledetto! Maledetto schifoso bastardo! Maledetto porco bastardo frocio! Ah!»

Tira e sgroppa, scuotendo il letto, ma riesce soltanto a tendere ulteriormente i nodi dei legacci. «Bastardo!» farfuglia. «La pagherai! Non la passerai liscia! Ti prenderanno, vedrai, ti prenderanno, e faro in modo che in cella ti diano una lezione che non dimenticherai! Mi hai sentito? Eh?»

Lasci il vibratore dov’e e lo accendi. Lui si solleva e tira ancora: senza risultato. «Oh, per amor del cielo!» esclama, gemendo. «Ho settantasei anni. Che tipo di mostro sei, eh?» Incomincia a singhiozzare. «E mia moglie», dice, tossendo. «Che cos’hai fatto a mia moglie?»

Ti alzi dal letto e prendi la scatoletta di legno dal taschino del giubbotto, il taschino chiuso con la lampo; fai scivolare con cura il coperchio e apri il cartoccio di carta igienica. Il pacchetto contiene una fialetta di sangue e un ago. E l’ago sporco di una siringa usa e getta, una cosettina lunga neanche un centimetro dotata di un cono di plastica arancione per collegarla al corpo della siringa.

Lo ascolti imprecare e minacciarti, e non sei ancora sicuro. Quando hai progettato questo, non sei riuscito a decidere se infettarlo con sangue Hiv-positivo oppure no; non sei riuscito a decidere se lo merita davvero, e cosi hai aspettato fino a ora per prendere una decisione.

Mentre stai li, in piedi, il sudore ti cola negli occhi.

«Ti eccita tutto questo, eh? E cosi?» Sputa. «Sei una checca frustrata, vero?» Tossisce, poi gira la testa cercando di guardarti. «Sei ancora li, vero? Cosa stai facendo? Ti stai facendo una sega, eh? Non e cosi?»

Sorridi sotto la maschera, ripieghi la carta igienica sopra la fialetta e l’ago, e lasci entrambi nella scatola. Richiudi il coperchio e riponi il contenitore nel taschino del giubbotto. Arretri di un paio di passi verso la porta, in modo che lui ti possa vedere.

«Maledetto bastardo!» esclama con veemenza. «Maledetto, schifoso bastardo! Io ho fatto il mio lavoro meglio che ho potuto per trent’anni! Tu non hai nessun diritto di farmi questo! Questo non prova niente, hai capito? Non prova niente! E rifarei esattamente quello che ho fatto, se ne avessi la possibilita. Tutto quanto. Non cambierei nulla, stronzo fottuto!»

Quasi quasi lo ammiri, quel vecchio, ammiri il suo atteggiamento. Senza far rumore, vai nell’altra stanza, per accertarti che la moglie stia bene. Sta ancora tremando. La lasci appesa nell’oscurita odorosa di naftalina del vecchio armadio. Poi scendi, infili la maschera da Elvis Presley nello zaino con il resto della roba, ed esci dalla stessa porta sul retro dalla quale sei entrato.

C’e ancora luce, e solo adesso la serata comincia a rinfrescarsi. Ti avvii lungo il sentiero sul retro sotto un cielo azzurro, increspato da nuvole alte e scure. Dal mare soffia un vento freddo; stringi il colletto del giubbotto.

Le tue mani puzzano ancora di gomma.

Consegno l’articolo sul whisky, concluso da un paragrafo allettante nel quale prometto ulteriori rivelazioni a proposito delle mosse ricattatorie che i baroni dell’alcool, i boss delle grandi fabbriche, hanno intenzione di compiere per mettere a tacere i piccoli, coraggiosi maghi del whisky. Nel frattempo, cerco di capire che cosa sta succedendo nella storia della talpa, che si trascina ormai da un po’: la storia di Ares (Ares, il dio greco della guerra, feroce e sanguinario, stando ai dizionari di mitologia scovati nella biblioteca del giornale). Cerco «Jemmel» sulle varie banche dati, ma non trovo nulla. Perfino Profile si arrende.

«Cameron! Sei tu!» m’informa Frank, spazzando ogni dubbio. «E cosi hai pensato bene di farti vedere. Gia, gia. Ehi, indovina cosa dovrebbe essere ‘Colonsay’ secondo il controllo ortografico?»

«Non ne ho idea, Frank.»

«’Collottola’!»

«Spassoso.»

«E ‘Carnoustie’?»

«Hmm…»

«’Carnitina’!» sbotta, ridendo come un matto.

«Ancora piu divertente.»

«A proposito, Eddie desidera vederti.»

«Ah.»

Eddie, il nostro direttore, e un uomo piccoletto e avvizzito, con i capelli sale e pepe, sui cinquantacinque o giu di li, che porta gli occhiali a lunetta in bilico sul naso aguzzo; ha sempre l’espressione di uno che ha appena assaggiato qualcosa di estremamente acido, ma che trova quell’esperienza molto divertente perche sa che lo assaggerai anche tu, molto presto, e piu a lungo di lui. Da un punto di vista tecnico, Eddie e soltanto il direttore facente funzione: il nostro vero Grande Nocchiero, Sir Andrew, e via per un periodo di tempo indefinito giacche deve riprendersi da un attacco cardiaco (presumibilmente causato dalla disgrazia, comune a tutti i direttori di quotidiani, di avere troppo cuore).

Non molto tempo fa, il praticante che si occupa della pagina sportiva ci ha fatto cinicamente notare che l’attacco di cuore di Sir Andrew ha seguito di pochissimo — un intervallo di tempo appena decente — l’assassinio di Sir Toby Bissett in agosto, e ha azzardato l’ipotesi che potesse trattarsi di un’azione diversiva per cercare di autodepennarsi dalla lista di quello che, allora, alcuni direttori sospettavano fosse un maniaco giustiziere che aveva preso a malvolere proprio la loro categoria. Be’, a mio parere, era tutta colpa delle molte coscienze sporche e della confusione creatasi con la presunta rivendicazione dell’omicidio di Sir Toby da parte dell’iRA, che poi aveva ritrattato tutto. Nessun altro direttore era finito impalato (anche se questo dimostrava almeno che il nostro assassino aveva un notevole senso dell’umorismo). Comunque Eddie non sembra preoccuparsi delle minacce che possono derivare dalla sua carica, temporanea, certo, ma nondimeno piuttosto elevata.

L’ufficio del direttore del Caledonian ha probabilmente una delle migliori viste di tutta la redazione: da su Princes Street Gardens e, da li, lo sguardo spazia fino a New Town, al fiume Forth, e ai campi e alle colline del Fife; inoltre, putacaso l’occupante si fosse stancato della vista sul davanti dell’edificio, da una finestra laterale si poteva godere il panorama del miglior lato del castello.

Ho un brutto ricordo di quella stanza, e cio a causa della mia disastrosa missione all’estero dell’anno scorso, missione che si era conclusa con una visita a Sir Andrew, proprio li, in quell’ufficio. Ero uscito con la coda tra le gambe. Se l’espressione di un’assoluta indignazione giornalistica rientrasse nelle discipline olimpiche, senza dubbio Sir Andrew sarebbe l’uomo di punta della compagine britannica. Avrei dato le dimissioni all’istante… ma avevo avuto l’impressione che fosse esattamente quello che lui voleva.

«Cameron, vieni dentro, siediti», dice Eddie. Sir Andrew e un convinto sostenitore del diretto rapporto fra gerarchia aziendale e arredamento. Eddie e seduto — no, meglio dire alloggiato — su una poltrona che sembra un trono, tutta di legno nero intagliato e pelle rossa con bottoni: a vederla, fa pensare che abbia sostenuto piu di un regale didietro. Io invece sono appollaiato sull’equivalente, in termini di classi sociali, di un onesto artigiano: una sedia rivestita di stoffa, appena un gradino piu su delle proletarie sedie impilabili di plastica. Non appena promosso a questo incarico, il mese scorso, Eddie aveva la decenza di sembrare a disagio, quando si accomodava su questo simbolo di onnipotenza, ma ormai ho l’impressione che gli piaccia.

Eddie sta scorrendo alcuni fogli posati sulla scrivania. La scrivania non e imponente come la poltrona — ha le dimensioni di un letto a una piazza e non di uno matrimoniale, come sospetto che Sir Andrew, e anche Eddie, preferirebbero —, comunque ha sempre un’aria piuttosto maestosa. Sulla scrivania c’e un terminale, ma Eddie lo

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