«Oh, no, no!» Il signor Baine si altera, teme di essere stato frainteso. «Pero lei deve capire che gran parte del successo del whisky dipende dal suo fascino, dall’immagine che il consumatore ha di esso in quanto prodotto unico, di alto valore. E quasi un mito, Cameron. E l’uisgebeatha, l’’acqua della vita’, come lo chiamano… E un’immagine assai incisiva, molto importante per le esportazioni scozzesi e per l’economia nazionale. Se noi — che, francamente, siamo sul mercato da pochissimo tempo — ci comportassimo in modo da danneggiare tale immagine…»

«…per esempio insinuando nella gente l’idea che tutti gli altri whisky sul mercato sono filtrati a freddo e colorati con il caramello…»

«Be’, si…»

«…rompereste le uova nel paniere agli altri produttori», completo. «E cosi vi hanno chiesto di lasciar perdere il nuovo marchio oppure vi ritroverete a corto di ordini per il vostro whisky per miscele e finireste per fallire.»

«No, no, no», ripete il signor Baine, ma li, nella fredda oscurita del magazzino fragrante di alcool, circondati da tante botti da far galleggiare persino un Trident, capisco che la vera risposta, anche in via ufficiosa, e: «Si, si, si», e penso: Ma certo! Una cospirazione: un insabbiamento, una forte pressione, un ricatto corporativo nei confronti di una piccola azienda. Potrebbe uscirci un articolo ancora migliore!

Entri dalla porta sul retro servendoti di un palanchino; la porta e la serratura sono massicce, ma con gli anni l’intelaiatura e marcita sotto strati e strati di vernice. Non appena sei dentro, tiri fuori dallo zaino la maschera da Elvis Presley e la infili, poi prendi i guanti da chirurgo dalla tasca e metti pure quelli. La casa e ancora tiepida per il calore del pomeriggio: e esposta a sud e quindi prende un sacco di sole, anche perche gode di una vista indisturbata del percorso del campo da golf verso l’estuario.

Non pensi che ci sia qualcuno, ma non ne sei sicuro. Non hai avuto il tempo di sorvegliare la casa per tutto il giorno. Da comunque l’impressione di essere vuota. Scivoli da una stanza all’altra, sudando sotto il lattice scivoloso della maschera. Il sole del tardo pomeriggio ha acceso di rosa le impalpabili nuvole alte sul mare e questa luce riempie ogni stanza di ombre rosate.

La scala e molte delle assi del pavimento scricchiolano. Le stanze sono pulite, pero i mobili paiono vecchi e scompagnati: sembrano scarti. Arrivato nella camera da letto padronale, ti convinci che in casa non c’e proprio nessuno.

Non sei molto soddisfatto del letto: in realta e un divano. Lo ispezioni alla luce che si fa sempre piu rossa, poi sollevi il materasso e lo appoggi contro il muro. Non sei ancora soddisfatto. Ispezioni l’altra camera da letto, anch’essa affacciata sul campo da golf e sul mare; dall’odore che vi ristagna e dalla leggera sensazione di umido che la pervade, capisci che non ci dorme nessuno. Il letto qui va meglio: ha la struttura di ferro. Lo disfi e cominci a strappare le lenzuola, facendone lunghe strisce.

Intanto guardi fuori della finestra e vedi un paio di jet militari sfrecciare lontani, sopra il mare. A destra, oltre la ferrovia, osservi la spiaggia che piega verso il promontorio coperto di vegetazione e intravedi il faro, che spunta oltre gli alberi.

Poi scorgi la signora Jamieson che entra dal cancello e risale il sentiero del giardino. Ti abbassi di colpo e ti dirigi velocemente verso la porta e il pianerottolo. Senti la porta d’ingresso che si apre.

La signora Jamieson entra e va in cucina. Ti ricordi che la scala scricchiola. Hai un attimo di esitazione, poi ridiscendi tranquillo, a passi veloci e piuttosto pesanti, fischiettando.

«Murray?» chiama la signora Jamieson dalla cucina. «Murray, non ho visto la macchina…»

Arrivi in fondo alla scala. La testa bianca della signora Jamieson fa capolino da dietro la ringhiera alla tua destra, e si volta verso di te.

Ti giri di scatto, intuendo che lei, sorpresa, sta per reagire. Sai gia cosa devi fare e come farlo. La stendi con un pugno. Crolla sul pavimento, con piccoli gemiti nervosi, che ricordano il cinguettio di un uccello. Speri di non averla colpita troppo forte. La trascini per la scala, tenendole una mano premuta contro la bocca.

La immobilizzi contro la base del divano e, usando il manico del coltello Stanley, le cacci in bocca un fazzoletto; poi le infili un paio di collant sopra la testa, glieli leghi intorno al collo e alla bocca e la spingi dentro il vecchio e massiccio armadio della camera da letto padronale, tirando fuori qualche vestito appeso e ammanettandola infine all’asta. La donna piange e si lamenta, ma il bavaglio soffoca ogni suono. Le tiri giu i collant che ha indosso e glieli leghi intorno alle caviglie, al di sopra delle comode scarpe sportive marroni, poi chiudi le ante dell’armadio.

Ti siedi sul divano e togli la maschera, sudato e ansimante. Quando ti sei calmato, rimetti la maschera e apri di nuovo l’anta. La signora Jamieson e in piedi, tremante, gli occhi spalancati e lucidi sotto il velo grigio scuro dei collant. Richiudi l’armadio, tiri le tende della finestra e poi vai a chiudere anche quelle della stanza in cui si trova il letto di ferro.

Suo marito arriva mezz’ora dopo e parcheggia la macchina nel vialetto. Entra dall’ingresso principale. Lo stai aspettando dietro la porta della cucina. Mentre ti passa davanti, tu fai un rumore, lui si volta e tu gli sferri un pugno, mandandolo a sbattere contro un armadietto e provocando cosi una valanga di piatti decorati con motivi cinesi. Cerca di rialzarsi, e tu lo colpisci di nuovo. Per quanto ti sembri ancora abbastanza in forma, e piuttosto anziano, e sei piuttosto sorpreso del fatto che siano necessari due pugni per stenderlo.

Gli infili in bocca un paio di mutandine di sua moglie e fai con lui lo stesso giochetto dei collant: prima sopra la testa e poi intorno al collo. Quindi lo trascini al piano superiore, nella seconda camera da letto. Dall’odore capisci che ha bevuto. Probabilmente un gin and tonic. Senti anche odore di fumo di sigaretta. Finalmente lo sbatti sul letto di ferro e ti ritrovi ancora tutto sudato.

Lo leghi al letto, a faccia in giu. Sta cominciando a tornare in se. Una volta che e legato, tiri fuori il coltello Stanley. La giacca a vento leggera che lui aveva in mano e rimasta in cucina. Indossa un maglione blu della Pringle, con un golfista in knickerbocker sul davanti, una camicia a quadri di Mark’s Spencer e una canottiera fine. Gli tagli via i vestiti, e li getti in un angolo. Le calze sono rosso brillante, le mutande, aperte sul davanti, sono bianche. Le scarpe da golf sono bianche e marroni, con molti chiodi, linguette lavorate e stringhe con le nappine.

Ti togli lo zaino. Prendi i cuscini dall’altra stanza e, sollevandolo un poco dal letto, glieli infili sotto la pancia. Il vecchio comincia a mugolare, sputacchia, e cerca di muoversi. Usi un paio di coperte arrotolate per alzargli ancora di piu il didietro, poi riprendi lo zaino e cominci a tirare fuori le cose che ti servono. Lui si divincola, come se stesse lottando con un avversario invisibile sotto di lui. Dai rumori che fa sembra sul punto di soffocare, ma non te ne curi. Sviti il tappo del tubetto di crema.

Si sente un rumore secco, simile a un latrato; deve essersi tolto il bavaglio, almeno in parte, perche ora lo senti biascicare: «La smetta! La smetta, le dico!» Non e la voce burbera — tipica dei ricchi che vivono nei dintorni di Londra — che ricordi di aver sentito in televisione; e piuttosto stridula e tesa, pero non c’e da stupirsi, date le circostanze. Comunque sembra meno spaventato di quanto ti aspettassi.

«Senta», dice, in un tono piu vicino al normale, profondo e deciso. «Non so cosa vuole, ma se lo prenda e se ne vada; non c’e bisogno che faccia questo, non ce n’e davvero bisogno.» Premi il tubetto e metti un po’ di crema sulla punta del vibratore.

«Credo che lei stia facendo un errore», riprende, cercando di voltare la testa per guardarti. «Davvero. Noi non viviamo qui, questa e la casa per le vacanze. L’abbiamo in affitto, non c’e niente di valore, qui.» Si dibatte ancora. T’inginocchi sul letto dietro di lui, dentro alla Y capovolta formata dalle sue gambe scheletriche, coperte di vene varicose. La schiena e le braccia sono percorse da capillari rotti. Le gambe sono grigie e avvizzite, le natiche pallide, quasi giallastre, e la pelle delle cosce, al di sotto del punto in cui gli arriverebbero le mutande, ha un aspetto granuloso e chiazzato. I testicoli penzolano come frutti avvizziti, circondati da peli ispidi e grigi.

Il suo pene sembra leggermente congestionato. Interessante.

Capisce che sei salito sul letto e urla: «Senta! Lei non sa quello che sta facendo. Questa e violazione di domicilio aggravata, giovanotto, lei… Ah!»

Gli hai messo la punta del vibratore unta di crema contro l’ano, rosa-grigiastro, increspato fra le natiche allargate. La crema deve essere fredda. «Cosa…?» urla, mezzo soffocato dal bavaglio. «Fermo! Che crede di fare?»

Cominci a infilargli il fallo di plastica, ruotandolo da una parte all’altra e vedi che la pelle intorno all’ano si tende e diventa bianca, mentre la plastica color avorio scivola dentro; si e formato un sottile orlo di crema.

«Ah! Ah! Fermo! Va bene! Lo so cosa sta facendo! Lo so di che cosa si tratta! E va bene! Quindi lei sa chi

Вы читаете Complicita
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ОБРАНЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату
×