«Sono io, Cameron Colley, signor Archer. Senta…»

«C’e un’altra persona che sa di questi morti, signor Colley: e l’intermediario. Non so ancora quale sia il suo vero nome. Non appena lo scopro, glielo comunichero.»

«Come?»

«Il suo nome in codice e Jemmel», dice la voce alla Stephen Hawking, e poi ripete il nome lettera per lettera.

«Ho capito, signor Archer, ma chi…?»

«Addio, signor Colley. Stia bene.»

«Signor…!»

Il signor Archer ha gia riattaccato.

«Merda!» esclamo. E ho pure dimenticato di registrare la telefonata.

Resto seduto in macchina per un po’ e inserisco il nome Jemmel nel mio Tosh. Non mi dice nulla.

Torno in albergo per fare pipi e bere un ultimo drink, un altro doppio: servira per farmi compagnia lungo la strada, giacche il primo, molto probabilmente, e gia stato smaltito. Non mangio da questa mattina, pero non ho fame. Mi sforzo di mangiare qualche nocciolina tostata e scolo una mezza pinta di Murphy per mandarle giu e per il ferro. (Prima bevevo Guinness, ma da quando quei bastardi hanno contato una balla sul fatto di trasferire il loro quartier generale in Scozia, ho deciso di boicottarli.)

In macchina, mi faccio un po’ di polverina (giusto per amore della guida sicura: mi terra sveglio) e poi, una volta partito, fumo uno spinello (per bilanciare il tutto). Su Radio Scotland a mezzanotte c’e un programma che a volte, verso la fine, da un’anticipazione sui titoli dei quotidiani del giorno. Lo ascolto, e sento che parlano del nostro giornale, ma noi apriamo con le manovre dei Tories per la corsa al voto su Maastricht. Provo una certa delusione, poi pero dicono che la foto in prima pagina ritrae il Vanguard mentre arriva a Faslane e allora capisco che c’e anche il mio articolo, e che, con un po’ di fortuna, sara vicino alla foto, in prima pagina, e non sepolto all’interno come al solito. Avverto un piccolo brivido di ebbrezza da notizia, mi faccio di ero(giornal) ismo.

Questo e uno sballo tipico della nostra professione: gratificazione quasi istantanea da stampa. Immagino che per i comici di cabaret, per i musicisti nei concerti e per gli attori di teatro la gratificazione sia analoga e persino piu veloce, pero, se si lavora nel mondo della carta stampata e si crede alla dubbia autorita del nero su bianco, allora l’intera faccenda si concentra li. Lo sballo migliore, poi, e quando ci si trova proprio in prima pagina, ma anche un articolo in posizione di rilievo su una pagina dispari ti da gia un’ebbrezza piuttosto sublime, mentre un misero pezzo in fondo a una pagina pari genera un effetto alquanto deprimente.

Mi faccio un altro spinello per celebrare, ma mi addormenta un po’ e ci vogliono un’ultima microleccata di anfe e un’altra dose di Trompe le Monde per rimettere a posto le cose.

FILTRAGGIO A FREDDO

Sono molto tentato di passare in sede a prendere una copia del giornale fresca di stampa, appena uscita dalle rotative, che a quest’ora stanno di certo andando a pieno ritmo, con un gran frastuono che fa tremare l’intero edificio. L’odore d’inchiostro e la sensazione vagamente oleosa al tatto della carta hanno sempre avuto il potere di accrescere enormemente la mia ebbrezza da stampa; inoltre mi piacerebbe controllare l’articolo sul Vanguard per scoprire quali violenze i redattori sono riusciti a infliggergli. Tuttavia, mentre percorro Nicolson Street, l’idea di sottodirettori che tagliano un articolo su un sottomarino mi sembra d’un tratto cosi esilarante che vengo preso da una ridarella incontrollabile, al punto che mi vengono le lacrime agli occhi e mi metto a tirare su con il naso. Decido che sono troppo fatto per riuscire a mantenere una faccia seria davanti ai tipografi, e cosi mi dirigo verso casa.

Arrivo a Cheyne Street verso l’una e mi tocca il solito tour forzato di Stockbridge by night alla ricerca di un parcheggio; finalmente ne trovo uno a un minuto dal mio appartamento. Sono stanco, ma non ho sonno. Allora mi faccio lo spinello della buonanotte e due dita di Tesco.

Nelle due ore seguenti ascolto distrattamente la radio e guardo la televisione con la coda dell’occhio mentre rattoppo il pezzo sul whisky sul mio PC. Poi m’impongo di non mettermi a giocare a Despot, perche so che mi farei prendere la mano e finirei con lo stare alzato fino all’alba per poi dormire tutto il giorno, senza riuscire ad alzarmi in tempo per l’appuntamento del giorno dopo (a mezzogiorno devo incontrare il direttore di una distilleria), e cosi ripiego su Xerium: un gioco da dilettanti, non roba seria. Un gioco per rilassarsi, non per caricarsi.

Xerium e uno dei miei preferiti, quasi un vecchio amico, e, anche se ci sono alcuni problemi che non sono riuscito a risolvere, non ho mai cercato suggerimenti o trucchetti sulle riviste specializzate, perche voglio arrivarci da solo (il che non e da me); comunque e divertente volare qui e la e aggiungere gradualmente pezzi alla mappa del continente sconosciuto che sta alla base del gioco.

Alla fine riesco solo a far precipitare lo Speculator nel tentativo di scoprire — come al solito — una rotta che probabilmente non esiste tra i picchi delle Montagne di Zound. Giuro che le ho provate tutte per trovare un varco tra quelle cime maledette — diamine, sono persino arrivato a cercare di volarci attraverso, pensando che una di esse sia un ologramma o qualcosa del genere —, ma tutte le volte, immancabilmente precipito. Sembra proprio che non ci sia modo di attraversarle o di prendere quota a sufficienza per passarci sopra. Deve esserci una maniera di entrare nel territorio rettangolare racchiuso da quelle montagne del cazzo, pero non mi riesce assolutamente di trovarla, perlomeno non stanotte.

Rinuncio a un altro tentativo, carico le mie due versioni di Asteroid a una velocita da lumaca e distruggo qualche triliardo di rocce che mi vengono incontro nel glorioso reticolo monocromatico dello schermo a cristalli liquidi fino a che non mi fanno male le dita e mi bruciano gli occhi. E ora di bere un decaffeinato e di andare a letto.

Mi alzo fresco e riposato e — dopo cinque minuti buoni di tosse convulsa e una doccia — l’unica sostanza eccitante che mi concedo e una tazza di caffe (miscela arabica) macinato al momento. Mentre rileggo l’articolo sul whisky, sgranocchio un po’ di muesli e succhio un’arancia tagliata in quattro. L’articolo deve essere pronto per oggi, percio questa e proprio l’ultima occasione per lavorarci sopra, a parte gli ultimi ritocchi dopo aver visitato la distilleria all’ora di pranzo. Do una rapida occhiata alla mia posizione in Despot, ma resisto alla tentazione di lanciare il programma. Fisso con sguardo accusatore le batterie del laptop che ieri sera ho dimenticato di caricare, poi copio su dischetto l’articolo sul whisky e cerco qualcosa di pulito da mettermi fra gli abiti ammucchiati su un lato del letto: sono rimasti li dopo il lavaggio della scorsa settimana. Se lasci gli abiti sul letto, a volte ti capita di pensare che ci sia qualcuno che vive con te, il che non e vero, e quindi la cosa risulta al tempo stesso confortante e decisamente triste. Tu non scopi da piu di una settimana, mi dice il mucchio d’indumenti puliti sul piumino, pero devo incontrare Y tra un paio di giorni e quindi, anche se non esce fuori qualcosa prima, resta sempre quella possibilita.

E arrivata posta: in gran parte pubblicita e bollette. Per il momento la ignoro.

Prendo il cercapersone, il cellulare, il Tosh, le batterie e la radio estraibile e carico tutto sulla 205; la macchina non e stata forzata ne rigata (non lavarla spesso serve a qualcosa). Metto a caricare le batterie nella presa dell’accendisigari. Parto nella fredda luce azzurrina del mattino, in un alternarsi di sole e di nuvole. Mi fermo lungo la strada a comprare i giornali; scorro i titoli, e mi assicuro che qualche notizia dell’ultima ora non abbia fatto cambiare di posto all’articolo sul Vanguard. E intatto (al novantacinque per cento, un risultato molto soddisfacente), do un’occhiata a Doonesbury sul Grauniad e poi via di nuovo.

Imbocco il ponte e poi mi lancio attraverso il Fife; una volta raggiunta la velocita di crociera — l’andatura con l’indicatore di velocita oscillante in quel settore fra i centoventi-centotrenta chilometri all’ora che i ragazzi della stradale di solito ignorano, a meno che non siano proprio annoiati o veramente incazzati — mi arrotolo uno spinello e lascio alle mie ginocchia il compito di controllare il volante. Mi sento su di giri in maniera quasi infantile, rido tra me e penso: Non cercate di farlo anche voi, a casa, ragazzi… Finita l’opera, metto da parte lo spino per fumarmelo piu tardi. A Perth, prendo a sinistra.

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