dovuto avere scaglie di vernice di carrozzeria su una ferita al volto? E perche lo stesso tipo di scaglie di vernice e la stessa identica polvere grigiastra avrebbero dovuto essere nella bocca e sulla lingua di una quattordicenne? Ma e la polvere a preoccupare maggiormente Eise. E una polvere stranissima, mai vista, fatta di particelle irregolari e crostose, come di fango secco. Ma non sono di fango. La superficie e a tratti irregolare, con fessure e bolle, e a tratti liscia, con bordi sottili e trasparenti. Alcune particelle sono bucherellate.
«Ma che diavolo…?» esclama. «Non capisco. Perche questa strana polvere e su due persone morte in circostanze tanto diverse? Non puo esserci nessun legame fra loro. Che cosa e successo?»
Prende un paio di minuscole pinzette e toglie dalle particelle sul vetrino alcune fibre di cotone, che, ingrandite, sembrano pezzetti di filo bianco ondulato.
«Odio i tamponi di cotone» borbotta Eise. «Dio, quanto li odio!» insiste, rivolgendosi alle decine di microscopi, provette, aggeggi metallici e flaconi di sostanze chimiche del laboratorio. Le postazioni di lavoro sono perlopiu vuote, perche i tecnici che di solito le occupano sono in altri laboratori, alle prese con assorbimenti atomici, gascromatografie, spettrometrie di massa, diffrazioni ai raggi X. Visto che i finanziamenti sono pochi e il lavoro tanto, fanno a gara per accaparrarsi spettrofotometri FT-IR, microscopi a scansione elettronica e altri strumenti sofisticati.
«Lo sappiamo, che odi i tamponi di cotone» replica Kit Thompson, seduta poco distante da lui.
«Potrei farmi una trapunta con le fibre di cotone che ho raccolto nella mia pur breve vita» continua Eise.
«Dovresti. Ne parli sempre, ma poi non la fai mai» lo stuzzica Kit.
Eise raccoglie un’altra fibra. Non e un lavoro facile. Al minimo spostamento delle pinzette o della punta di tungsteno, la fibra vola via. Eise regola la messa a fuoco e diminuisce l’ingrandimento. Trattiene il respiro e osserva il cerchio di luce brillante, cercando di decifrarne i segreti. Esiste una legge fisica che spiega perche, quando uno spostamento d’aria muove una fibra di cotone, questa ti sfugge come animata di vita propria anziche venire dalla tua parte?
Eise osserva la punta delle pinzette che gli invade il campo visivo. Il cerchio luminoso gli fa venire in mente un circo, con elefanti e pagliacci che si esibiscono sotto i riflettori. Ricorda quando, da bambino, ammirava lo spettacolo seduto su una panca di legno, fra altri bambini che reggevano in mano nuvole di zucchero filato. Poi raccoglie l’ennesima fibra di cotone e la trasferisce in una bustina di plastica piena di altre fibre contaminate, senza valore per le indagini.
Pensa ai problemi che ha con il dottor Marcus. Gli ha consigliato innumerevoli volte di far raccogliere le tracce con il nastro adesivo, anziche con i tamponi di cotone, che lasciano miliardi di leggerissime fibre sui campioni.
E come avere peli di gatto d’angora su un paio di pantaloni di velluto, gli ha scritto in una delle sue numerose e-mail, come togliere il pepe dal pure di patate o la panna dal caffe. Ha fatto ricorso a tutte le analogie possibili e immaginabili, ma senza successo.
«La settimana scorsa gli ho mandato due rotoli di nastro adesivo e una confezione di post-it, spiegandogli che sono perfetti per rimuovere tracce da qualsiasi superficie in quanto non le rompono, non le distorcono e non le impestano di fibre di cotone. Gli ho specificato che non interferiscono con diffrazioni ai raggi X o altri esami. Insomma, non e che vogliamo solo risparmiarci un lavoro: e giusto evitare una fatica inutile!»
Kit aggrotta la fronte e apre un flacone di Permount. «Gli hai mandato dei post-it e gli hai detto che rimuovere fibre di cotone e come togliere il pepe dal pure di patate?»
Eise e uno che dice pane al pane e vino al vino, specie quando una cosa gli sta a cuore. Non gli importa cosa possono pensare gli altri. «Invece, quando ha controllato la bocca della ragazzina, Marcus o chi per lui ha usato tamponi di cotone. Che bisogno c’era? La lingua si asporta, no? La posi su un tagliere, vedi a occhio nudo se ci sono residui e li raccogli con il nastro adesivo. Invece no: tamponi di cotone. E io passo le giornate a togliere fibre che non c’entrano niente.»
Quando le persone vengono ridotte a lingue posate su taglieri, il loro nome non conta piu. Specie se avevano quattordici anni. I morti non vengono mai chiamati per nome, in un Istituto di medicina legale. Non si dice: “Ho infilato le mani nella gola di Gilly Paulsson, ho praticato un’incisione con il bisturi e le ho estratto la lingua”. E non si dice nemmeno: “Abbiamo infilato un ago nell’occhio del piccolo Timmy per prelevare un campione di umore vitreo e sottoporlo a un esame tossicologico” oppure “Abbiamo segato la scatola cranica della signora Jones per asportarle il cervello e scoperto un aneurisma di Berry” e “Ci sono voluti due medici per recidere i muscoli mastoidei del signor Ford per via del rigor mortis. Non si riusciva ad aprirgli la bocca”.
E un pensiero che colpisce Eise all’improvviso. Gli succede spesso: le cose gli vengono in mente cosi, di punto in bianco. Lo scaccia, perche lo turba pensare che a un certo punto le persone diventano soltanto pezzi senza nome, campioni e vetrini da esaminare.
«Non pensavo che Marcus facesse autopsie» replica Kit. «Lo credevo troppo preso da altre cose. Personalmente, devo averlo incontrato solo due o tre volte, da quando e qui.»
«Non ha importanza se fa le autopsie oppure no. E il direttore, decide lui. Tocca a lui dire all’ufficio acquisti se ordinare post-it, nastro adesivo o tamponi di cotone. La responsabilita e sua.»
«Comunque non credo sia stato lui a esaminare quella ragazzina. E nemmeno l’uomo che e finito sotto il trattore» insiste Kit. «Non si sporca le mani, quello. Preferisce comandare.»
«Tu ti trovi bene con questo aggeggio?» chiede Eise alla collega, mostrandole la punta di tungsteno.
E ossessionato da quegli strumenti, ne fabbrica in grande quantita e li regala ai tecnici che lavorano con lui.
«Abbastanza» risponde la donna, e Eise pensa che probabilmente non l’ha mai usato, ma non vuole offenderlo. «Sai una cosa? Questo capello lo lascio da parte» aggiunge Kit, richiudendo il flacone di Permount.
«Stai parlando della ragazzina? Quanti ne abbiamo?»
«Tre» risponde lei. «Non so se quelli del DNA vogliono provare a ricavarci qualcosa. La settimana scorsa non sembravano molto interessati. Per ora, lascio tutto qui, poi vediamo. Ultimamente dev’essere successo qualcosa. Ho visto Jessie, prima, e mi ha detto che devono riesaminare le lenzuola per verificare che la prima volta non gli sia sfuggito niente. Era furibonda. Che stranezza! Le avevano gia esaminate piu di una settimana fa, mi risulta. Da dove li hanno recuperati questi capelli, se no? Mah… Sara il clima natalizio. Pensa che devo ancora comprare tutti i regali.»
Infila un paio di minuscole pinzette in una bustina di plastica trasparente e ne estrae con delicatezza un altro capello. E lungo una quindicina di centimetri, scuro e ondulato. Eise osserva Kit che lo posa su un vetrino, aggiunge una goccia di xilene e lo copre. E una prova importante, raccolta fra le lenzuola della ragazzina nella cui bocca sono state trovate le scaglie di vernice e la strana polvere che lo tormentano.
«Kay Scarpetta era di tutt’altra pasta» dice Kit.
«E ti ci e voluto cosi tanto per capirlo? Dovevi fargli la prova del DNA, per capire che sono due persone completamente diverse? Ragazza mia, non mi sembri molto perspicace.»
Kit scoppia a ridere e si allontana dal microscopio per non far volare via niente dal tavolo.
«Sniffi troppo xilene, te lo dico io. Ti ha dato di volta il cervello.»
«Oh, Signore!» Kit cerca di ricomporsi e sospira. «Volevo solo dire che non passeresti le giornate a togliere fibre di cotone dai tuoi campioni, se ci fosse ancora Kay Scarpetta. A proposito, sai che e tornata? L’hanno chiamata per una consulenza. Si occupa della ragazzina, Gilly Paulsson.»
«Scherzi?» Eise non riesce a crederci.
«Se non te ne andassi sempre prima di tutti gli altri e non fossi cosi antisociale, forse le voci di corridoio arriverebbero anche a te» rimarca Kit.
«Perbacco!» Se e vero che Eise tende a non attardarsi in laboratorio dopo le cinque del pomeriggio, e vero anche che spesso e il primo ad arrivare al mattino: di solito alle sei e un quarto e gia al lavoro. «Non avrei mai detto che il nostro amico chiedesse aiuto proprio a lei.»
«Il
«Comunque sia. Non pensavo che avrebbe chiamato Ms Scarpetta Superstar.»
«Non la conosci. E tutt’altro che una superstar» gli fa notare Kit, montando il vetrino sul microscopio. «L’ha chiamata perche e la piu brava, penso. Questo capello e tinto, come gli altri due. Nero corvino. Okay, la questione e risolta: non se ne fa niente. Non si vedono granuli di pigmento. Potrebbe essere stato trattato anche con qualche prodotto anticrespo. Vedrai che quelli del DNA decidono per il mitocondriale. Manderanno i miei preziosi capelli a