«Nevica?»

«In questo momento, si» risponde. «E dove sei tu, che tempo fa?»

«Perche dici “dove sei tu”?» E arrabbiata: non le importa piu quello che Benton le ha detto qualche giorno fa e che nel suo intimo sa essere vero. E offesa, incollerita. «Non ti ricordi nemmeno piu dove sono? E per questo che ti esprimi cosi? Sono a Richmond, comunque.»

«Certo. Non e questo che intendevo.»

«Non sei solo? Non puoi parlare?»

«Esatto.»

Benton non puo parlare. Le dispiace di averlo chiamato: quando Benton ritiene di non poter parlare, comunicare con lui e faticosissimo. Lo immagina nel suo studio e si chiede che cosa stia facendo. Ha paura che qualcuno intercetti la loro telefonata? Non avrebbe dovuto chiamarlo. Forse Benton e solo preoccupato. Kay preferisce pensare che voglia eccedere in prudenza, pero: il pensiero che sia talmente preoccupato da non riuscire a parlare con lei la inquieta troppo. Rimpiange di averlo chiamato.

«Okay, scusa se ti ho disturbato» dice. «Ma sono due giorni che non ci parliamo e io sono cosi stanca…»

«Mi hai chiamato perche sei stanca?»

La sta stuzzicando, la prende bonariamente in giro, ma al tempo stesso forse e anche un po’ piccato. Gli dispiacerebbe, se lei lo avesse chiamato solo perche era stanca, pensa Kay e sorride, premendo la cornetta contro l’orecchio. «Sai come sono, quando sono stanca» scherza. «Non mi controllo.» Sente un rumore nella stanza di Benton, una voce, forse di donna. «C’e qualcuno li con te?» domanda. Non scherza piu.

Lungo silenzio, di nuovo una voce. Che sia la radio? La televisione? Silenzio.

«Benton?» lo chiama. «Ci sei, Benton? Maledizione» esclama poi, riattaccando.

35

Il Publix Supermarket, in Hollywood Plaza, e pieno di gente. Edgar Allan Pogue attraversa il parcheggio con le borse della spesa, guardando di qua e di la per vedere se qualcuno lo nota, ma nessuno sembra fare caso a lui. Anche fosse, non avrebbe importanza. Nessuno se lo ricorderebbe, nessuno farebbe attenzione. Come sempre. E poi lui sta facendo la cosa giusta, sta facendo un favore all’umanita. Evita la luce dei lampioni e riflette. Si tiene nell’ombra e allunga il passo. Non e in ansia, tuttavia.

La sua automobile bianca e uguale a ventimila altre automobili bianche del Sud della Florida. L’ha lasciata in un angolo del parcheggio, vicino ad altre due macchine bianche. Una di queste, la Lincoln che aveva a sinistra quando ha posteggiato, adesso non c’e piu. C’e un’altra vettura bianca, pero, una Chrysler. Quando succedono questi eventi magici, Edgar Allan Pogue sa che c’e qualcuno che lo guarda e lo guida, che l’occhio lo osserva. Si sente guidato dall’occhio, il potere supremo, il dio di tutti gli dei, quello che siede sulla vetta dell’Olimpo, maestoso e grande, incommensurabilmente piu grande di una stella del cinema e di tutti gli arroganti che si credono di essere chissa chi. Come quella la, lei, il Pesce Grosso.

Fa scattare le serrature della macchina con il telecomando, apre il cofano e prende una borsa. Si siede al volante della sua automobile bianca, nella calda penombra, a riflettere se la visibilita e sufficiente per l’impresa che desidera compiere, La luce dei lampioni nel parcheggio sfiora appena la zona in cui e fermo lui. Aspetta che i suoi occhi si abituino alla penombra, infila la chiave nel cruscotto e accende la batteria per ascoltare la musica. Poi preme un pulsante al lato del sedile per abbassarlo al massimo. Ha bisogno di spazio per lavorare. Emozionato, apre la prima borsa di plastica e prende un paio di spessi guanti di gomma, una confezione di zucchero granulato, una bibita in bottiglia, alluminio e nastro isolante, pennarelli indelebili e chewing gum alla menta. Ha in bocca un sapore stantio di sigaro da quando e uscito di casa, alle sei di quel pomeriggio. Adesso non puo fumare, pero. Fumare gli toglierebbe dalla bocca quel sapore cattivo, ma e impossibile. Scarta un chewing gum, lo arrotola strettamente e se lo infila in bocca. Fa lo stesso con altri due e, quando li ha in bocca tutti e tre, aspetta ancora un istante prima di affondare i denti nella gomma. Si gode l’esplosione di saliva e inizia a masticare con foga.

Sta li, al buio, e mastica gomma. Si stufa della musica rap e cambia canale finche non ne trova uno che trasmette quello che chiamano “adult rock”. Apre il vano portaoggetti e prende la parrucca di capelli neri dalla sua busta di plastica. Osserva il frutto delle sue fatiche e mette in moto.

Le case color pastello di Hollywood gli passano accanto come in un sogno e le lucine bianche che dondolano dalle palme gli sembrano galassie lontane. Sfreccia nella notte, euforico per cio che ha predisposto sul sedile del passeggero. Svolta in Hollywood Boulevard e si dirige verso la AIA a una velocita di poco inferiore al limite, guardando l’Hollywood Beach Resort, imponente costruzione rosa e mattone, dall’altra parte della baia.

36

All’alba strisce arancioni e rosa si allargano sul mare all’orizzonte, come se il sole fosse un uovo appena rotto. Rudy Musil entra con la sua Hummer verde nel vialetto che porta alla villa di Lucy e apre il cancello con il telecomando. Si guarda intorno e tende le orecchie: non sa perche, ma stamattina si e svegliato con l’ansia ed e venuto a controllare come sta Lucy.

Il cancello nero si apre lentamente, sussultando perche deve compiere un movimento curvo che, evidentemente, non gli piace. L’ennesimo difetto di quella casa, pensa Rudy, che non ama molto la villa color salmone di Lucy. Secondo lui, comprarla e stato un errore. E volgare, degna di un trafficante di droga, non va bene per lei. Puo capire le Ferrari, il desiderio di girare sull’automobile piu veloce e affidabile o sul migliore elicottero in commercio. (Benche lui abbia una Hummer e ne sia piu che soddisfatto.) Ma un conto e girare su un’auto veloce, un altro e comprare una villa gigantesca e kitsch.

Ha notato subito, entrando, la bandierina sulla cassetta della posta, ma aspetta di scendere dalla macchina per preoccuparsi di capire come mai e alzata. Si avvicina alla cassetta, prende il giornale e medita. Lucy non riceve posta a casa, non e a Hollywood e non puo aver alzato lei la bandierina. Peraltro, non ha l’abitudine di farlo. Se deve ricevere plichi o lettere, se li fa spedire in ufficio, al campo di addestramento che si trova a mezz’ora da Hollywood, in direzione sud.

“Stranissimo” pensa osservando la cassetta della posta con il giornale in una mano e l’altra nei capelli. Non si e pettinato, stamattina, non si e fatto la barba e nemmeno la doccia. Eppure ne avrebbe avuto bisogno, visto che si e girato e rigirato nel letto tutta la notte, sudato e inquieto. Si guarda intorno e pensa. In giro non c’e anima viva: nessuno che fa jogging o porta fuori il cane. In quel quartiere abita gente molto chiusa e riservata, che non si gode la propria bella casa e difficilmente sta in giardino o si tuffa in piscina. Rudy ha notato che da quelle parti persino le barche sembrano sempre ormeggiate e mai in mare. Strano posto, indubbiamente, pieno di gente arrogante e antipatica.

Possibile che Lucy dovesse andare a stare proprio in quel postaccio? Perche proprio li? Perche circondarsi di imbecilli? “Hai infranto tutte le regole, Lucy, una dopo l’altra” pensa mentre apre la cassetta delle lettere. Istintivamente si scosta, poi indietreggia. Ha l’adrenalina alle stelle.

«Oh, cazzo!» esclama.

37

Il traffico in centro e caotico come sempre. Guida Kay Scarpetta, perche Pete Marino fa fatica a muoversi. A fargli male sono soprattutto le cosiddette “parti basse”, e il dolore lo costringe a camminare a gambe leggermente divaricate, lentamente. Quando e salito in auto, pochi minuti fa, lo ha fatto con una certa goffaggine. Kay Scarpetta ha visto l’entita delle sue lesioni, ma non ha idea di quanto male possa comportare il rossore violaceo su quei tessuti delicati. Probabilmente Marino impieghera qualche giorno a riprendersi.

«Come stai?» gli domanda. «Dimmi la verita, per favore.» Il significato di quelle parole e chiaro: non gli

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