Si strinse nelle spalle. — Comunque deve assumere la sua identita. Dopo che la prima ondata avra occupato la Casa Bianca…
Fu il mio turno d’interromperlo: — Stiamo attaccando la Casa Bianca?
— Ma lei dov’era? — si stupi sinceramente. — Non hanno risposto al nostro messaggio, cosi siamo passati alle maniere forti. Deve mettersi in borghese, le stavo dicendo, e due guardie in uniforme la scorteranno. A darle istruzioni sara il direttore del portale, ma se ho capito bene vogliono che trovi la loro Presidente, la catturi e la riporti da questa parte.
— Merdasanta! — dissi. E poi: — Un momento. E se il vero senatore DeSota fosse di la?
— Non c’e — affermo lui con sicurezza. — Non l’ha fatto prigioniero lei stesso?
— Ma e passato… voglio dire, credevo che fosse tornato nella sua linea temporale.
Scrollo le spalle. Traduzione:
— Non ho con me alcun bagaglio — dissi, — e non ho nessun abito civile.
Sbarro gli occhi. —
Fu cosi che venti minuti piu tardi la sergente e io venimmo sbarcati da una limousine Cadillac lunga quanto un pullman dinnanzi a un negozio, la cui insegna al neon diceva: AFFITTO
— Speriamo — si limito a dire lei. Da li a poco fummo all’ingresso dei VIP, e la sergente esibi i nostri documenti a un sospettoso MP spalleggiato da altri due diffidenti MP. Erano tutti armati, ma avrebbero potuto anche farne a meno perche il vialetto d’accesso era sbarrato da un’autoblinda con una mitragliera binata puntata su di noi.
Mi occorse un po’ per rendermi conto che sulla Casa Bianca c’era stato un cambiamento. I riflettori! Non c’erano piu… evidentemente il satellite russo era passato oltre, e li avevano tolti. Notai anche qualcos’altro.
Perfino all’inizio del weekend il traffico del dopocena a Washington rallentava molto. Ma non da quelle parti. Intorno a noi c’era un lento e continuo movimento di veicoli, e quelli che avevano smesso di macinare i prati erano parcheggiati sulle aiuole. Il verde della Casa Bianca avrebbe avuto bisogno di cinque anni di giardinaggio prima di dimenticare i cingoli dei tank e degli autocarri che l’avevano arato via… «esercitandosi per la parata», naturalmente.
Era chiaro che non intendevano lasciar passare i comuni civili.
Io non ero pero un comune civile. Dopo un po’ ci fu fatto cenno di proseguire. L’autoblinda mise in moto e per darci via libera si sposto sull’erba — altri cento dollari di prato buttati nel gabinetto — e l’autista ci porto davanti a un piccolo porticato che non avevo mai visto. — Buona fortuna — disse la sergente. Esito, poi si sporse a darmi un bacio su una guancia per dimostrare che diceva sul serio.
Quella doveva essere l’ultima volta per un certo periodo di tempo che qualcuno avrebbe mostrato un po’ d’affetto per me.
L’unica volta che avevo visitato la Casa Bianca era stato durante il secondo mandato di Stevenson, e l’esperienza aveva avuto ben altro sapore. Adesso non c’erano valletti in uniforme a guidarmi in giro, ne corde di velluto per tenere i barbari fuori dalle camere sacre. Non c’erano neppure camere sacre. Quello che vedevo erano uomini armati in meta dei locali, e armi o macchinari in quasi tutti gli altri. Un caporale mi scorto a passo di marcia per un corridoio di servizio e su per una larga rampa di scale, quindi sbucai in una sala tappezzata in verde e resa austera dai ritratti dei Presidenti Madison e Taft. Un distributore di caffe caldo piazzato su un tavolo appena oltre la porta, con i bicchieri di carta, le conferiva pero un’atmosfera accogliente. Alcune delle sedie allineate alle pareti erano occupate: quattro o cinque civili, fra cui una donna che dovevo aver gia visto altrove. Ma conoscevo di vista anche un paio degli uomini, specialmente il negro, un ex campione dei pesi massimi. Dalla parte opposta sostavano otto o nove soldati, con le armi in pugno e l’aria d’esser disposti a usarle.
Furono due di loro, robusti e coi gradi di caporale, a farmisi incontro. Quello che m’aveva condotto li disse: — Ecco il maggiore DeSota, signori — saluto e usci in fretta.
A conferma della rapidita con cui si susseguivano gli avvenimenti non riflettei che di norma un caporale non saluta mai un altro caporale. Cosi dissi al piu grosso dei due: — La prima cosa di cui ho bisogno e una tazza di caffe, caporale.
Lui inarco un sopracciglio spesso come uno dei suoi gradi, poi sogghigno. — Diamo a quest’uomo un po’ di quel caffe, capitano Bagget — disse. E mentre l’altro «caporale» andava a riempirmi un bicchiere di carta si presento: — Sono il colonnello Frankenhurst, maggiore. Sa quale sara il suo compito?
— Uh… spiacente, signore — mi scusai. — La missione? Si, in linea generale. Voglio dire che, a quanto ho capito, dovro trovare la Presidente Reagan. E a questo punto suppongo che sarete voi due a intervenire, per catturarla e riportarla qui.
— Una rognosa improvvisazione — disse spassionatamente. — Bene, non importa. In queste ultime quarantott’ore il capitano e io abbiamo ripassato la parte. Se qualcuno ci ferma lascerete parlare me. Tutto cio che lei deve fare e di passare per un senatore. Pensa di cavarsela? — E sogghigno, a chiarire che aveva la situazione in pugno. — Non si preoccupi troppo, maggiore. Tanto per cominciare puo darsi che non se ne faccia nulla. Hanno dei guai con l’impianto-spia; quella gente dall’altra parte si muove attorno cosi in fretta che i tecnici non riescono a seguirli. Secondo le ultime voci, pare che non apriranno il portale prima delle tre del mattino, in ogni caso.
— Sarebbe un’idiozia — osservo il capitano-caporale, tornando col caffe. — Dovranno rimandare almeno alle otto, altrimenti la nostra comparsa destera dei sospetti.
Il colonnello scrollo le spalle. — Ovviamente — aggiunse il capitano con un sospiro, e mi guardo da capo a piedi, — un abito da sera non apparira del tutto normale alle otto di mattina.
— Non si scandalizzeranno per cosi poco — disse il colonnello. — Bene, DeSota, le andrebbe di conoscere gli altri doppioni? Questa e Nancy Davis… naturalmente l’avra vista alla TV. — Naturalmente l’avevo vista: era la protagonista del serial
L’ultimo dei civili si fece avanti. — Professor Greenberg, Scienze Politiche — si presento. — Non sono il doppione di nessuno. Ho l’incarico di farmi un’idea delle strutture sociali dell’altra linea temporale, e di consigliarvi su come restringere il piu possibile le differenze fra voi e i vostri alter-ego. Di conseguenza devo cominciare da lei, maggiore… e gia stato nell’altra linea temporale, no? Che idea se n’e fatta?
Cosi nella mezz’ora successiva fui io a tenere banco. Non avevo granche da dire, in realta… cos’avevo conosciuto dell’altro universo, oltre quelle poche miglia quadrate di deserto nel New Mexico? Ma era piu di quanto sapessero tutti i presenti, e ciascuno aveva delle domande. Il professor Greenberg volle chiedermi quanto costasse una lattina di Cola Cola nei loro distributori automatici. Il «senatore» Clay volle sapere quale percentuale di negri ci