Oltre il tetto del basso e squadrato edificio bianco da cui eravamo emersi (non c’erano porte neppure a guardarlo dall’esterno) un grande aereo dalle ali a delta si stava abbassando con un acuto sibilo di jet. Rallento con rapidita incredibile, mise fuori i flaps, poi fece ruotare i motori e atterro verticalmente, toccando la pista pochi metri piu in la dell’edificio. Non accadde altro, salvo che subito dopo fu l’edificio a muoversi: ebbe una vibrazione, si sollevo su invisibili ruote e scivolo avanti fin sotto il capace ventre del velivolo. A qualche centinaio di metri di distanza un aereo dello stesso genere stava calando a contatto del suolo un altro piccolo edificio bianco. Mi volsi al piu vicino del nostro gruppetto di zombie e parafrasando la canzone lo apostrofai: — Dorothy, credo proprio che questo non sia l’Arkansas.

Lui mi fisso irritato. Poi il suo sguardo cambio. — Non ci siamo gia conosciuti?

Lo fissai con piu attenzione. — Il Dr. Gribbin? Ci siamo visti a Sandia, mi pare.

— Satanasso dannato! — annui. — E lei e il congressista yankee. Che accidenti sta succedendo qui, lo sa?

Io non sapevo neanche se valeva la pena di tentare di rispondere a quella domanda. Ma mentre cercavo di metter l’una dietro l’altra due parole che avessero senso, una voce alle mie spalle mi salvo: — E un tempo parallelo — disse zelante Nicky DeSota. — Conosce un po’ la meccanica dei quanta? Bene. Sembra che Erwing Schroedinger, o forse qualcuno che giocava in squadra con lui, abbia detto che una reazione nucleare, la quale puo andare in un modo o nell’altro, va in tutti e due i modi. Ad esempio, prendiamo una scatola e mettiamoci dentro un gatto…

Dovetti passarmi una mano sulla bocca per non scoppiare a ridere. Ecco come un sensale d’ipoteche riusciva a spiegare l’indovinello di Schroedinger a uno dei piu esperti fisici moderni. Ma Nicky aveva un vantaggio su Gribbin: lo aveva visto accadere. Un altro uomo, anch’egli in maglietta e shorts, si stava avvicinando ad ascoltare il discorso di Nicky. Ma la mia attenzione era altrove. Stavo esaminando il mondo sconosciuto che mi circondava e mi chiedevo perche ero li, e se sarei mai tornato alla mia vita e al lavoro normale del Senato… be’, non che adorassi i corridoi del Senato, ma almeno li vigeva un tipo di anormalita a cui m’ero abituato. E soprattutto mi domandavo dove fosse in quel momento la donna che amavo. Nel nostro gruppetto c’erano alcune donne, a me del tutto sconosciute. La persona senza faccia (una tuta candida completa di guanti e stivaloni bianchi celava il resto del suo corpo) ci stava intanto facendo incamminare verso uno strano veicolo. Sopra il predellino una donna, con l’identico abbigliamento ma la faccia scoperta, era intenta a parlare col conduttore; quando ci vide avvicinare balzo giu e scappo come fossimo appestati.

Ancora non sapevo quanto fosse azzeccato quel paragone.

Nicky e Gribbin stavano sempre chiacchierando. — Faremmo meglio a salire su quell’affare — li incitai.

Gli occhi di Gribbin mi fissarono, perplessi, ma quando li sposto da Nicky a me gli si sbarrarono. — Voialtri due siete uguali! — ansimo.

Nicky sorrise. — Questo fa parte della faccenda — annui. — E l’ha notato? Anche voi due siete uguali — annuncio, indicando un uomo che s’era voltato e ci fissava a bocca aperta. Lui si tocco la faccia come se temesse che gliel’avessero rubata.

— Satanasso dannato! — disse il secondo John Gribbin. Il che riassumeva perfettamente la situazione.

Quali che fossero i tranquillanti di cui ci avevano imbottito, sembrava ora che il loro effetto cominciasse a scemare. I miei compagni di gregge avevano preso a rivolgersi al nostro pastore, e non tutti in tono educato. Piu diminuiva la percentuale di droga che avevo nel sangue piu sentivo aumentare la sicurezza e l’autocontrollo. Come Nicky, avevo gia avuto un’esperienza simile. Il saperlo non la rendeva piu gradevole: cambiare linea temporale era una cosa che logorava i nervi.

Da quanto avrei potuto dire, Nicky e io eravamo i soli cosi fortunati del gruppo. Li non c’era nessuno di quelli coi quali eravamo andati a Washington. L’assenza degli altri due Dom non mi avrebbe certo rovinato la vita, per non parlare dei due Larry Douglas e del russo. Ma quella di Nyla era molto piu dura da mandar giu. Fremevo dal desiderio di chiedere a qualcuno se l’avrei rivista ancora, tutti pero avevano un sacco di domande loro da fare, e sembravano assai piu preoccupati e angosciati di me. — Che state combinando qui? — sbotto uno dei Gribbin. E la persona senza faccia disse:

— Sarete informati a bordo delFhover. Per favore salite, adesso: sta aspettando voi. — E si volse. Ma uno di noi lo/la afferro per una manica, col cipiglio di chi intende: Non so che intenzioni abbia, ma appena lo scopriro qualcuno la paghera cara.

— Ai laboratori c’e bisogno di me! — protesto. — Abbiamo una riunione ad alto livello proprio adesso, e se non sono presente questo ci costera meta dei fondi per il prossimo anno fiscale… — Tacque, indignato nell’udire la risata della persona senza faccia.

— Le cose di cui voi gente vi preoccupate! — esclamo lui/lei con indulgenza. — Tutti sull’hover. Presto, per favore.

Decisi che non c’era migliore alternativa che fare quanto ci veniva chiesto, e salii a bordo del veicolo. Scelsi uno dei sedili davanti, giusto alle spalle del cubicolo di vetro in cui stava il conducente, e Nicky si getto a sedere accanto a me.

Quello che la persona senza faccia aveva chiamato un hover io l’avrei definito un «veicolo a effetto-suolo», cio che era. Non avevo mai visto un hovercraft, ma quando sentii il rombo delle eliche sotto di noi e ci sollevammo per scivolare sul terreno impervio verso la strada seppi di che si trattava.

Uso la parola «strada» come eufemismo. Questo e cio che era stata. Da molto, molto tempo era priva di manutenzione. Si stendeva larga e vuota davanti a noi verso il lontano profilo di una citta. Non ci voleva molto a capire l’uso dell’hovercraft: niente che andasse su ruote avrebbe potuto cavarsela con le deformazioni e le spaccature di quell’asfalto. Le buche piu grosse erano state riempite alla meglio, e le cunette maggiori spianate da un bulldozer, e qualcuno aveva spinto fuori strada occasionali ammassi di lamiere rugginose che una volta erano state automobili. C’erano lunghi tratti in cui le marcite avevano invaso cosi a fondo il percorso che dell’asfalto non restava piu traccia: solo fanghiglia e cespugli da cui il nostro motore faceva schizzar via piccoli volatili. I miei occhi correvano al remoto profilo della citta ogni volta che l’hover si girava da quella parte. C’era qualcosa che mi sembrava familiare…

Agitandosi eccitato nel sedile al mio fianco Nicky DeSota ansimo: — E New York! Diavolo, non ero mai stato in questa zona di New York! — Mi diede di gomito con un sogghigno. — L’hai notato? Questo affare ha l’aria condizionata!

— Gia, piacevole — annuii, perche quel che diceva era vero e interessante, ma la mia attenzione s’era spostata sul cubicolo di vetro davanti a noi. Dalla nostra parte c’era uno sportello trasparente, chiuso, e disponeva di un ingresso suo. Il lui/lei che ci aveva condotti a bordo era nel sedile accanto a quello del conducente, e cio che osservavo era quel che stava facendo. Si stava rivelando per una lei: si passo le mani sulla faccia e il velo color carne venne via, scoprendo un volto in tutto normale. E inoltre molto grazioso. Scivolo poi fuori dalla sua tuta bianca, esibendo ulteriori prove della sua femminilita, e si volse verso di noi. Nella cabina passeggeri eravamo poco meno di una ventina.

— Buongiorno — ci saluto attraverso un intercom.

Accanto a me Nicky esclamo vivacemente: — Buongiorno! — E cosi un paio d’altri, come quindicenni sull’autobus della scuola… all’incirca come mi sentivo anch’io in quel momento.

— Gia adesso — disse, — l’effetto dei vostri tranquillanti dovrebbe essere finito, cosi lasciate che vi spieghi cosa vi sta accadendo. Ci sono notizie buone e notizie meno buone. Quella buona e che nei prossimi ooty-poot giorni potrete muovervi liberamente e ovunque nel mondo in cui vi trovate, ed e un mondo abbastanza piacevole. Quella meno buona e che non potrete lasciarlo mai piu. — Sorrise dolcemente. Ci furono alcuni istanti di silenzio, poi la cabina si riempi di domande. Il suo sorriso non s’incrino di un millimetro. — Non ho acceso l’interfono dalla vostra parte — disse, — cosi non posso sentire quello che dite. Prendetevi qualche minuto per parlare fra voi. Poi vi riassumero brevemente quel che e successo, e perche, e cio che vi attende. Infine avrete il modo di fare le vostre domande. Per arrivare all’albergo dove alloggerete ci vorranno ancora totter-tot minuti.

Ci dedico un ultimo sorriso e torno a volgersi al conduttore.

E arduo dare un resoconto ordinato e coerente di quello che fu il resto del viaggio… ci sarebbe troppo da dire. Probabilmente, se potessi ricordare i momenti della mia nascita, troverei altrettanto difficile descriverli, perche il caos di sensazioni in cui ero piombato mi sopraffaceva. E nel caos c’eravamo tutti… tutti salvo Nicky, direi, e invidiai la calma con cui prendeva quelle novita non meno dell’eccitazione con cui trovava aspetti positivi nell’intera strana faccenda.

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