Un’infrazione al codice stradale non e mai da ritenersi lieve o irrilevante. Assolutamente mai. Un’offesa al traffico e un’offesa contro il sistema dei trasporti civili. E un’offesa contro il sistema dei trasporti e un’offesa contro i bravi popoli che ne rendono possibile il funzionamento… i nostri amici del Medio Oriente, incluso lo stesso Mekhtab ibn Bawzi. E un’offesa contro i nostri amici del Medio Oriente e un’offesa contro i principi di tolleranza religiosa e di democratica amicizia fra popoli che…

Non fui troppo sorpreso quando il giovanotto vivace dal vestito bianco mi sussurro all’orecchio che il giudice Magrahan s’era candidato per la rielezione, il prossimo Novembre. Mentre lui proseguiva con l’informarci che un’offesa contro il Corano era un’offesa contro la religione in generale, inclusa la nostra giudaico-cristiana, cominciai a capire che quella mia contravvenzione poteva essere una cosa seria. L’unica speranza che avevo di cavarmela a buon mercato stava nella possibilita che il firmatario del verbale non si presentasse in aula. Ma quella fortuna non l’avevo avuta. Lungo la parete destra dell’aula c’era una panca, e fra gli agenti li seduti — due della polizia statale, gli altri con uniformi di comuni diversi — c’era la mia conoscenza dell’incrocio sulla Meacham Road. Sapeva che io ero in aula. Non diede alcun cenno d’avermi riconosciuto, ma di tanto in tanto m’accorsi che guardava dalla mia parte.

Il primo caso che ando davanti alla Corte fu una donna giovane e malmessa, con un pargolo che frignava nella carrozzina, colpevole d’aver guidato a 68 miglia all’ora in un tratto dove il limite era di 60 miglia. Venti dollari di multa e sospensione della patente per sei mesi. Il secondo caso era piu grave: guida in stato di ubriachezza, inosservanza di un segnale di «stop» e svolta pericolosa. Si trattava di un giovane neppure ventenne, e non pote uscire libero dall’aula: un poliziotto lo porto via ammanettato, in attesa della sentenza definitiva, e mentre usciva potei vedere che si guardava i pollici impensierito, come se non si aspettasse di goderne ancora a lungo.

Misi da parte la valigetta e strinsi i denti. Non ero il solo a non preoccuparmi piu del caldo, li dentro. La strategia elettorale del giudice Magrahan sembrava ormai chiara: perdere il voto di chi gli capitava sotto le grinfie gli costava molto meno di quel che avrebbe guadagnato indossando la candida armatura del crociato in difesa della sicurezza delle strade nazionali.

C’era inoltre da considerare — e lo considerai — che molti di coloro che attendevano la sentenza provenivano da altri comuni, come il sottoscritto, e di conseguenza il giudice poteva non tenerne conto nel suo conteggio dei voti.

Trascorse cosi una mezz’ora durante la quale il giudice fece sentire il peso della giustizia a una ventina di persone, l’una dopo l’altra. Decisi che quella doveva essere la mia settimana nera. L’Agente Capo Nyla Christophe m’aveva fatto passare un’ora d’inferno, ma alla fine ero riuscito a venirne fuori. Con quel giudice invece non avevo speranza. Nel frattempo il mio vicino in completo bianco s’era messo a girare qua e la nell’aula come un amico di famiglia a un picnic, fermandosi a chiacchierare con questo e con quello. Ma solo quando lo vidi chinarsi a parlare all’orecchio del poliziotto che mi aveva multato cominciai a prestargli davvero attenzione. Il poliziotto lo ascolto, si volse a gettarmi un’occhiata poco amichevole, torno ad ascoltarlo, ed io m’irrigidii. Allorche un paio di minuti piu tardi i due uscirono insieme dall’aula, sempre parlando fra loro, fui tentato di seguirli. Ma all’estremita interna della mia fila stazionava il poliziotto che sorvegliava il buon comportamento del pubblico, e costui mi dissuase dall’alzarmi con un’occhiata cupa. Rimasi seduto. Per un po’. Quando, due minuti dopo, la curiosita ebbe la meglio sulla prudenza, era gia troppo tardi.

— I gabinetti? — sussurrai al sorvegliante. Lui mi indico col pollice esattamente la porta che speravo. Ma quando fui li potei soltanto constatare che l’uomo in bianco e il poliziotto s’erano volatilizzati.

Quando infine, mezz’ora piu tardi, l’impiegato chiamo il mio nome, il giudice confabulo sottovoce con un altro usciere. Poi mi fisso accigliato. — Mr. DeSota — brontolo. — Il pubblico ufficiale che vi ha notificato la convocazione in quest’aula e stato chiamato altrove da urgenti affari di polizia, e non puo dunque testimoniare contro di voi. Di conseguenza, a termini di legge, non mi resta che chiudere il caso. Voi siete ancora un uomo libero, Mr. DeSota. E se posso dirlo, siete anche un uomo molto fortunato.

Fui perfettamente d’accordo con lui.

Ero cosi felice d’essere uscito senza danni da quella situazione che solo a mezza strada verso casa mi resi conto d’aver lasciato suonare il telefono senza rispondere. Fermai a una stazione di rifornimento, e intanto che mi facevano il pieno richiamai il Centro Messaggi. Stavolta non avevano fatto pasticci con la sintonia, e l’operatrice aveva scritto ogni parola, cosicche fu il testo stesso della chiamata a lasciarmi perplesso. Mi venne ripetuto con puntigliosa chiarezza:

— Non e necessario che lei sappia il mio nome, ne perche mi occupo di quello che le succede, ne perche io so chi e lei e cose simili. Ma se vuole aiuto da Lady Senzapollici ordini un sandwich al tonno al Carson Pirie Scott Coffee-Shop, questa sera alle sei.

— E questo e tutto? — chiesi.

— Si, signore — rispose la centralinista, molto dolce, molto competente. — Desidera che ripeta il messaggio? No? In tal caso mi lasci dire, signore, che sono proprio i messaggi occasionali di questo genere a rendere il mio lavoro molto molto divertente! Buonasera, Mr. DeSota, e tante grazie.

— Grazie a lei, Voce di Miele — dissi, e restai li a fissare il parabrezza finche il benzinaio busso al finestrino. — Scusi — dissi, e tirai fuori il portafoglio… sessantanove cents al gallone! Se avessi notato i prezzi di quel distributore non mi sarei fermato li neppure con tutte le gomme a terra.

Ma il pensiero mi svani subito dalla mente; ero troppo occupato ad arrovellarmi su quel messaggio. E sulla falsa identificazione compiuta dall’FBI. E sulla facilita con cui me l’ero cavata al tribunale del traffico. E sulle varie altre stranezze che stavano infestando la mia vita e il mondo. In circostanze normali avrei ignorato una comunicazione cosi sibillina. Era proprio il genere di situazione melodrammatica da cui una persona di buon senso preferisce stare alla larga. Dedicare tempo a quella faccenda avrebbe significato, tanto per cominciare, rubare tempo prezioso al lavoro che mi forniva di che vivere, rinunciando al colloquio con qualche cliente desideroso di stipulare un’ipoteca. Il mio boss non ne sarebbe stato entusiasta. E la cosa si presentava abbastanza equivoca. Andare in quel posto poteva farmi finire, magari, in un guaio da cui non sarei uscito con facilita.

Naturalmente ci andai.

Una volta Greta ed io stavamo leggendo insieme un romanzo dove uno dei personaggi pronunciava all’incirca questa frase: «La vidi entrare in un grande magazzino, uno di quei posti dove le donne sono nel proprio elemento ma in cui pochi uomini le seguono volentieri». E Greta aveva protestato che quella frase denigrava le donne. — Alle donne non piace far compere — aveva detto. — E solo che devono farlo. Tocca a loro comprare il cibo o gli oggetti per la casa, e tutte le cose di cui una famiglia ha bisogno.

— Non comprano le automobili — avevo puntualizzato io.

— No, naturalmente. Non si occupano delle spese maggiori — era stata d’accordo lei. — Ma acquisti del genere si fanno solo una volta ogni qualche anno. Per tutto il resto bisogna provvedere con acquisti quotidiani. E se una donna spende un sacco di tempo a far compere, lo fa perche il suo lavoro e questo: valutare i prezzi, calcolare le necessita. E cosi che amministra il denaro del capofamiglia. E che le piaccia o meno, deve farlo comunque.

— Giusto, dolcezza — avevo sorriso io.

Il mio sogghigno non le era piaciuto. — No, Nick, dico sul serio! Non devi dire che alle donne piace far compere. Devi dire che questo e il loro lavoro.

— Pero, Greta — avevo cercato di farla ragionare, — guarda la cosa obiettivamente, vuoi? Come puoi affermare che una donna e stata denigrata, quando di lei si e detto che il suo lavoro le piace? Anche a me piace il mio lavoro.

— Questa non e la stessa cosa — aveva brontolato lei, ma rinunciando al tono mordace, e poi aveva cambiato argomento. Sapeva essere accomodante. Non era una suffragetta, Greta. Non di rado dichiarava che se avesse avuto il diritto di voto non avrebbe saputo cosa farsene. Tuttavia c’era il fatto che aveva un buon lavoro come stewardess, e questo la rendeva un po’… be’, non voglio dire mascolina. Un po’ indipendente, certo. Ma quelle erano solo chiacchiere, naturalmente, e se mi fossi deciso a farle la domanda fatidica sapevo cos’avrebbe risposto. E una volta sposati avrebbe lasciato perdere quelle strane idee.

Idee che pero mi davano un po’ da pensare, ogni tanto.

In quel momento le mie preoccupazioni erano assai piu immediate. Cio che mi aveva fatto ripensare a quella conversazione era stata la vista dell’interno del Carson Coffee-Shop, su cui la frase di quel romanzo avrebbe potuto essere appiccicata come un’insegna. C’erano almeno cento clienti sparsi nel salone — tovaglie verdi ai tavoli, sedie in velluto verde, piante in vaso dappertutto — e novantacinque di loro erano donne. Non

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