La rotta che avevano tracciato aveva come meta le coste della Gran Bretagna. Ma i due fuggitivi avevano previsto anche la possibilita di atterrare sul suolo francese: il forte vento da settentrione, infatti, quasi certamente avrebbe fatto scarrocciare l’aeronave piu a sud della rotta prestabilita.
«E piu facile di quanto pensassi», disse Petru, quando si mise al timone per dare il cambio al suo superiore. «E sufficiente mantenere la prora allineata per duecentoquaranta gradi e questo mastodonte fa tutto da solo.»
Avevano abbandonato la costa danese da poco meno di due ore quando il maggiore, che spesso si volgeva verso poppa per controllare che non ci fossero aerei al loro inseguimento, alzo la voce quanto bastava per superare il rumore del vento che turbinava tra i vetri rotti. «Eccoli, ne stanno arrivando due. Aumentate al massimo la velocita, tenente Petru.»
Le sagome di due Albatros si stagliavano all’orizzonte come rapaci in cerca di prede.
«Stiamo gia viaggiando a novanta chilometri all’ora, maggiore, penso di poter arrivare al massimo a novantacinque, con questo vento. Quei maledetti caccia sembrano molto piu veloci di noi. Credo sia il caso che mi prepari a una nuova passeggiata all’interno di questo pallone.»
«Aspettate, tenente», rispose Sciarra consultando l’orologio sistemato sopra al tavolo da carteggio. «Non credo che la vostra ottima e fortunata mira potrebbe salvarci ancora da questa nuova minaccia. Spero di non essermi sbagliato nel calcolare la strada che abbiamo percorso. Che Dio ce la mandi buona.»
I due Albatros iniziarono a sparare quando erano ancora troppo lontani e continuarono a sprecare munizioni sino a che, quando furono a millecinquecento metri dalla poppa del dirigibile, invertirono la rotta.
In breve le sagome nere dei biplani scomparvero da dove erano venute.
Sciarra si distese, distolse lo sguardo dall’orologio e sedette sulla poltrona in pelle appartenuta al colonnello Meyer.
«Come facevate a saperlo, maggiore?»
«Non lo sapevo, lo speravo. Ricordo di aver letto che l’Albatros ha meno di un paio d’ore di autonomia e puo raggiungere la velocita massima di centosessantaquattro chilometri all’ora. Ho fatto un rapido calcolo e, vista la distanza da noi percorsa, ho dedotto che i nostri inseguitori potevano ormai essere ben oltre il limite di sicurezza per il ritorno. Credo che nessun pilota tedesco, per quanto eroico, farebbe volentieri un bagno nel mare del Nord. Anche se abbiamo appena avuto una dimostrazione lampante di quanto sia disposto a sacrificarsi un ufficiale tedesco. Onore al valoroso colonnello Meyer.»
Navigavano senza intoppi quasi da dieci ore quando Petru strizzo gli occhi osservando un punto lontano: «Terra! Terra! Guardate la, maggiore… sembra… sembra l’estuario di un fiume».
Sciarra consulto ancora una volta la carta topografica e quindi concluse: «Dovrebbe trattarsi del Tamigi. Abbiamo scarrocciato solo di una decina di gradi sulla rotta prevista su oltre settecento chilometri, con un forte vento al traverso. E stato un vero successo».
«Londra, aspettaci. Stiamo arrivando!»
Visti da quella angolazione i palloni di sbarramento sembravano il percorso di un inestricabile labirinto tridimensionale. Sciarra fece alzare il dirigibile di trecento metri, calcolando a occhio il margine sufficiente per superare lo sbarramento. Fu allora che la contraerea inglese inizio a vomitare fuoco nel cielo sopra Canvey Island, alla foce del Tamigi.
Il primo attacco che la citta di Londra aveva subito risaliva al 31 maggio del 1915 ed era stato effettuato dallo Zeppelin contrassegnato con la sigla LZ38. Poi ne erano seguiti altri e sembrava che nulla potesse respingere la potenza distruttiva dei dirigibili.
Le citta, con le loro strade illuminate, costituivano un bersaglio fin troppo facile per un’aeronave capace di restare immobile nel cielo per molti minuti. I londinesi erano in preda a una vera e propria psicosi nei confronti degli attacchi degli Zeppelin.
Sciarra e Petru, pero, durante le lunghe ore della traversata, si erano preparati per tempo. All’interno del cilindro avevano rinvenuto una copertura di tela grezza lunga una ventina di metri: si trattava del telo che avvolgeva la gondola di comando quando l’L30 era in sosta.
Utilizzando un barilotto di olio da motori e un pennello, avevano scritto alcune parole a grandi lettere sulla tela chiara, sperando che quel messaggio fosse visibile anche da terra.
Il fuoco di sbarramento, costituito prevalentemente dai micidiali proiettili di contraerea di tipo Shrapnel, si era fatto via via piu intenso, a mano a mano che risalivano il corso del fiume. A rendere ancor piu difficoltosa la situazione, ci si era messo anche un forte vento al traverso che limitava la manovrabilita dell’aeromobile. Sciarra tentava comunque di mantenersi ad alta quota, anche se le raffiche facevano ballare il dirigibile come un galeone nella tempesta.
«Via adesso!» grido Sciarra e, insieme a Petru, lascio cadere le cime fuori bordo.
L’enorme telo, trascinato verso il basso da una serie di pesi, schiaffeggio il vento piu volte, prima di tendersi e mettere in mostra il messaggio: CESSATE IL FUOCO, LO ZEPPELIN E IN MANO AD ALLEATI, stava scritto in inglese sui due lati dello stendardo di fortuna.
«Speriamo che qualcuno degli artiglieri la sotto ci stia guardando con un binocolo», disse l’ufficiale italiano, indicando il limite nord della cittadina di Gravesend, dove era alloggiata una batteria antiaerea.
I colpi sotto di loro si andarono improvvisamente diradando, sino a cessare del tutto.
«Gli inglesi devono essere riusciti a leggere il messaggio», disse rincuorato Petru.
Il maggiore italiano mise mano al timone ascensionale e la prua del dirigibile punto verso la terraferma: «Adesso dobbiamo soltanto cercare di atterrare sani e salvi e senza danneggiare lo Zeppelin: per gli alleati questo dirigibile costituisce una fonte impagabile di informazioni. Che Dio ce la mandi buona…» Ma la frase fu interrotta da una serie di deflagrazioni provenienti dal centro abitato sotto di loro.
I due uomini si scambiarono uno sguardo perplesso: non ci voleva molto ad accorgersi che quelle esplosioni erano causate da un bombardamento e che i grappoli di bombe provenivano proprio dal ventre dell’L30.
«Il colonnello Meyer!» esclamarono entrambi simultaneamente.
L’ufficiale tedesco aveva solo finto di gettarsi nel vuoto dalla porta di accesso della gondola, e si era aggrappato ai tubi in acciaio che ne preservavano il fondo dagli eventuali urti in fase di atterraggio.
Meyer, sebbene ferito alla spalla destra, si era lasciato dondolare sino a darsi lo slancio per infilarsi all’interno del vano ove erano alloggiate le bombe: il portello era stato aperto dai fuggiaschi quando avevano bombardato la pista di decollo della base di Tonder.
Raggomitolato in quell’angusto alloggio, il colonnello Meyer aveva trascorso tutto il tempo del viaggio pregustando il momento in cui l’avrebbe fatta pagare a Sciarra e al suo compare.
E il momento era finalmente venuto. Erano rimaste una trentina di bombe, tra dirompenti e incendiarie.
Dal suo gelido nascondiglio, posto esattamente sotto il pavimento della cabina di pilotaggio, era riuscito ad ascoltare buona parte dei discorsi tra i due fuggitivi: anche quando avevano gioito perche gli inglesi avevano sospeso il fuoco di contraerea. Il colonnello tedesco aveva sentito i motori diminuire di giri e intuito che l’aeronave aveva iniziato le operazioni di atterraggio.
A quel punto Meyer era entrato in azione: la sua macchina volante non sarebbe caduta nelle mani del nemico.
L’ufficiale tedesco aveva aperto la botola sul doppiofondo della gondola di comando, quindi aveva osservato soddisfatto le quattro bombe incendiarie cadere al suolo: le deflagrazioni avevano decretato la ripresa delle ostilita. Una pioggia di proiettili di contraerea illuminarono il cielo. Ora lo Zeppelin era ampiamente alla portata dei cannoni inglesi.
«Fermiamolo!» grido Sciarra della Volta.
«Lasciate che vada io, maggiore. Credo sia meglio che voi rimaniate ai comandi e che facciate il possibile per evitare i proiettili della contraerea inglese.» Cosi dicendo l’ufficiale rumeno apri la botola che il maggiore gli aveva indicato: da quella si accedeva alla parte inferiore della gondola e al vano bombe.