Cosi dicendo il vecchio Toma si fece il segno della croce e chino il capo aspettando la benedizione del suo signore. Minhea gli appoggio una mano sulla spalla mentre la commozione gli impediva di parlare.

Ancora una volta era costretto a lasciare la sua terra. Ma non c’era tempo per gli addii: Blasko era alle loro costole e, inoltre, la guerra e l’Italia reclamavano i loro ufficiali.

«Presto, dobbiamo andarcene da qui!» li interruppe Sciarra.

Non appena i due uomini scomparvero nella botola, Toma si affretto a riguadagnare gli appartamenti padronali, ma mentre risaliva lo scalone Bela Blasko gli si paro davanti.

L’ufficiale ungherese sembrava furibondo e gli chiese: «Dove sono?»

Gli occhi mandavano sinistri bagliori.

«Non ho idea di chi stiate parlando, signore. Mi trovavo nella mia stanza e tutto questo trambusto mi ha svegliato.» Troppo tardi si rese conto che i suoi abiti e le sue mani erano sporchi del sangue del suo padrone. Ma quel particolare non era sfuggito allo sguardo indagatore dell’ufficiale ungherese. Blasko estrasse la pistola e la punto alla tempia di Toma: «Forse nelle tue stanze ti diletti a sgozzare i maiali, vecchio? Adesso mi dirai dove si trovano. Non credo siano riusciti ad abbandonare questo palazzo. E mi spiegherai anche come hanno fatto a sopravvivere, l’uno a una palla di pistola in testa e l’altro a un colpo inferto con una mazza e capace di mandare all’altro mondo un bue».

«Vi ripeto, signore, non so di che cosa stiate parlando… io mi trovavo…»

Toma non fini la frase: il rumore secco dell’esplosione riempi le volte della scala. La testa di Toma ebbe un sussulto violento, mentre il proiettile la attraversava, quindi il suo corpo si affloscio come fosse privo di ossa.

«Questi rumeni sembra che riescano a sopravvivere anche a una ferita mortale alla testa.» Cosi dicendo, Blasko esplose altri due colpi in direzione del corpo senza vita del fedele servitore.

Il colonnello Cantini prese dal cuscino l’onorificenza e la passo al capo di stato maggiore. Il generale Luigi Cadorna mosse un passo verso Sciarra e Petru, mentre l’intera compagnia di alpini scattava sugli attenti.

«Per essersi distinti sul campo e per il coraggio che ha portato alla sottrazione di un dirigibile nemico e alla sua distruzione, sono onorato di conferire a voi, maggiore Sciarra della Volta, e a voi, tenente Petru, la piu alta onorificenza militare dell’Esercito italiano. Presto vi sara comunicata anche la vostra promozione.»

Il generale Cadorna concluse il suo discorso con l’augurio che il comportamento eroico dei due ufficiali potesse divenire un fulgido esempio per tutti.

E tra se e se si auguro che l’entusiasmo per la brillante operazione condotta da Sciarra e Petru contribuisse a far dimenticare il malcontento che andava alimentandosi nei suoi confronti: erano in molti, anche dai banchi del governo, a mettere in dubbio le effettive capacita del capo di stato maggiore di tirare fuori l’Italia da quella enorme carneficina.

La galleria era costata cinque mesi di lavoro e si sviluppava, in salita, per circa millecento metri. Per settimane alcune centinaia di uomini avevano scavato senza sosta, facendo attenzione a non suscitare sospetti fra le truppe austroungariche: per non creare zone di accumulo lungo i fianchi dell’anticima del Lagazuoi, il materiale di scarto era stato accatastato in appositi slarghi all’interno della galleria. Negli ultimi giorni i soldati avevano addossato centinaia di metri cubi di roccia nei pressi della camera di scoppio: i detriti cosi accumulati, definiti «materiale da intasamento», avrebbero contribuito a dare compressione e maggiore potenza agli oltre trentamila chilogrammi di esplosivo che vi era stato alloggiato.

Sciarra diede innesco alle due micce ad alta combustione: per arrivare al fondo della galleria, l’innesco avrebbe impiegato una dozzina di minuti.

Gli uomini si calcarono l’elmetto sul capo. Il boato giunse come un lamento sordo dall’interno della montagna. Poi la terra incomincio a tremare e, con la forza di un vulcano, l’intera cima esplose, quindi si alzo una vampa di fuoco del diametro di un centinaio di metri.

Quando i massi e la terra smisero di cadere la compagnia agli ordini del maggiore Sciarra prese possesso di cio che rimaneva delle postazioni austriache. Il nemico aveva pero scoperto i movimenti degli italiani il giorno prima e aveva abbandonato le trincee nel corso della notte, appena in tempo per non restare intrappolato nei cunicoli ostruiti dalle frane.

«Oggi, 21 giugno 1917», declamo il colonnello Cantini il giorno seguente davanti all’intero battaglione, «mi pregio di consegnare i gradi di tenente colonnello ad Alberto Sciarra della Volta. Inoltre, voglio comunicare alla truppa che il maggiore… ehm, colonnello Sciarra e stato proposto per un’alta onorificenza a seguito dell’azione con cui, nella giornata di ieri, e stato scalzato il nemico dall’anticima del Lagazuoi. Nel contempo — e dico questo con profondo dispiacere personale — annuncio a tutti che il colonnello Sciarra verra destinato a un nuovo e piu importante incarico. Dio sia con voi, figliuolo.»

Cantini non si mise sugli attenti e rispose al saluto militare di Sciarra con un caloroso abbraccio.

Quando la breve cerimonia fu terminata, Sciarra e Petru si guardarono negli occhi. L’italiano sorrise indicando i nuovi gradi sulla mostrina: la soddisfazione per il successo dell’ultima loro azione era attenuata dalla tristezza per l’imminente distacco.

«Allora, arrivederci, capitano…» disse Sciarra, stringendo la mano del nobile rumeno.

«Arrivederci a voi, colonnello… e grazie… di tutto.»

«Sono io a dover ringraziare voi. Sicuramente in Egitto non trovero un ufficiale delle vostre capacita, e nemmeno dirigibili da pilotare.»

«Gia, ma almeno laggiu non dovrete combattere col freddo delle Dolomiti, signor colonnello.»

«Non so. Temo che il caldo del deserto sia peggio delle nostre tormente di neve: contro il caldo non esistono difese. A ogni modo, vi sapro dire: appena arrivato vi scrivero col metodo Sacco.»

Il metodo Sacco era un sistema crittografico ideato da un capitano italiano che era stato commilitone di Sciarra durante il corso di addestramento. Di li a poco l’esercito italiano avrebbe abbandonato i vecchi cifrari e adottato il sistema del capitano Sacco per tutte le comunicazioni riservate, ma Sciarra aveva cominciato a usarlo da tempo nei rapporti scritti con i suoi subalterni. Lui e Petru adoperavano quel nuovo tipo di scrittura sia per i loro appunti che per mandarsi messaggi che volevano rimanessero segreti.

Petru sorrise: «Sembra ridicolo che due uomini come noi, che hanno condiviso il pericolo della morte, rimangano a parlare del tempo senza trovare le parole per congedarsi. Mi mancherete, colonnello».

Sciarra non si stupi nel vedere gli occhi del rumeno velati di commozione: dal canto suo, un nodo gli stringeva la gola impedendogli di parlare.

I due ufficiali si abbracciarono: entrambi speravano che quello non fosse l’ultimo saluto. Ma erano uomini destinati al fronte.

27

Cortina d’Ampezzo, settembre 1967

I ricordi di Asher Breil andarono a ritroso nel tempo e si fermarono a quel giorno di fine settembre in cui tutto era cominciato.

«Come ha fatto a giungere sino a me, signor Breil?» aveva chiesto l’anziano gentiluomo italiano, esprimendosi in un inglese impeccabile.

«Devo dire la verita, generale, una volta rinvenuti i documenti non mi e stato difficile decifrarli: da tempo utilizzo con mio figlio, quasi per gioco, un sistema di codificazione simile a quello da voi usato per i documenti ufficiali. Un sistema a griglie, se non vado errato.»

«A griglie indefinite, questa la corretta definizione. Ma torniamo a noi, signor Breil. In che cosa posso esserle utile?»

«Il ritrovamento e stato del tutto casuale, signore. Il Mirage che pilotavo, come ufficiale della forza aerea di Israele, ha avuto un banale guasto al motore ed e precipitato sull’altura di El Arish, a sud-est della citta di Gaza. Nell’attesa dei soccorsi ho trascorso due giorni e due notti all’interno di un vecchio bunker costruito dagli italiani nel corso della prima guerra mondiale. Ho scoperto l’ingresso del bunker — completamente insabbiato e invisibile a

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