– Tutte le grandi citta sono cosi, amigo.
– Le citta vere hanno una loro ossatura, sotto la parte deperibile. Los Angeles ha Hollywood… e la odia. Dovrebbe ritenersi piu che fortunata, invece. Senza Hollywood sarebbe come quei magazzini che servono le province, dietro ordinazione postale. Tutto quel che c'e nel catalogo lo si potrebbe trovare piu bello altrove.
– Siete amaro, questa sera, amigo.
– Ho avuto qualche seccatura. L'unica ragione per cui guido questa macchina, in vostra compagnia e che ho avuto tante grane che una di piu mi sembrera il tocco finale, l'inzuccheratura della torta.
– Avete fatto qualcosa di male? – domando la ragazza e scivolo verso di me.
– Ho solo collezionato qualche cadavere – spiegai. – Dipende dai punti di vista. I poliziotti non vedono di buon occhio che i dilettanti facciano il loro lavoro. Hanno gia la loro organizzazione.
– Che cosa vi faranno?
– Puo darsi che mi caccino dalla citta, e non mi farebbero ne caldo ne freddo. Non vi appiccicate cosi. Questo braccio mi occorre per cambiare le marce.
Lei si scosto rabbiosamente.
– Siete odioso. Non e facile andare d'accordo con voi – protesto. – Al Lost Canyon Road girate a destra.
Dopo un po' passammo le University Heights. Tutte le luci della citta erano accese, ora. Scendevano lungo il declivio della collina, come un enorme tappeto e correvano verso sud, perdendosi in una distanza quasi infinita. Un aeroplano ronzava, sopra di noi, perdendo quota, e i due fari di segnalazione ammiccavano, alternativamente. A Lost Canyon presi a destra, sfiorando i grandi cancelli che conducono a Bel Air. La strada comincio a salire, in tornanti. C'erano troppe automobili. I fari gettavano un riverbero rabbioso sull'asfalto bianco che si snodava come una serpe. Dal passo scendeva una brezza leggera. Portava il profumo della salvia selvatica, l'aroma acre degli eucalipti e il tranquillo odore della polvere. Sul fianco della collina ammiccavano molte finestre. Passammo accanto a una casa a due piani, in stile spagnolo che doveva esser costata non meno di settantamila dollari. Sulla facciata c'era un'insegna luminosa: 'Cairn, Terriers di razza'.
– La prima a destra – ordino Dolores.
Imboccai la svolta. La strada divenne piu stretta e piu ripida. Vi erano case, dietro i muri e le siepi folte di cinta, ma non si vedeva niente. Poi arrivammo a una biforcazione. Proprio sulla V, era ferma una macchina della polizia, col faro rosso acceso. Sul ramo destro della forcella c'erano ferme altre due macchine, ad angolo retto. Una torcia elettrica oscillo, su e giu. Io rallentai e andai a fermarmi accanto alla macchina della polizia. Dentro c'erano due agenti, che fumavano. Non si mossero.
– Che cosa succede?
– Non ne ho la minima idea, amigo. – La voce di Dolores era sommessa, contenuta. Come se avesse un po' paura. Non sapevo di che.
Un uomo alto, quello con la torcia, si avvicino alla nostra macchina, mi pianto il fascio di luce in faccia, poi l'abbasso.
– Questa strada non e aperta, stasera – annunzio. – Dove andate?
Innestai il freno e presi la pila che la ragazza aveva tirato fuori da un vano del cruscotto. Feci scattare l'interruttore e illuminai l'uomo alto. Indossava un paio di calzoni di lusso, una camicia sportiva, con le iniziali sul taschino, e una sciarpa a pallini annodata al collo. Portava gli occhiali e aveva i capelli neri, ondulati e lucidissimi. Faceva terribilmente Hollywood.
– Potete darmi qualche spiegazione… o state inventando la legge? – domandai.
– La legge e la, se volete consultarla. – Nella voce dell'uomo c'era una nota di disprezzo. – Noi siamo semplicemente dei privati cittadini. Abitiamo nei dintorni. Questo e un quartiere d'abitazione. E noi vogliamo che rimanga tale.
Un uomo con un fucile da caccia usci dall'ombra e si mise accanto allo spilungone. Teneva il fucile sotto il braccio sinistro, con la canna puntata verso terra. Ma non aveva l'aria di portarlo per zavorra.
– Per me va benissimo – assicurai. – Non avevo intenzioni diverse.
Vogliamo solo andare in un posto.
– In che posto? – chiese l'uomo, freddamente.
Mi rivolsi a Dolores.
– In che posto?
– E una casa bianca, sulla collina, quasi in vetta.
– E che cosa avete intenzione di fare, una volta la? – chiese lo spilungone.
– L'uomo che ci abita e mio amico – replico la mia compagna, in tono provocante.
Lo spilungone le illumino il viso con la torcia, per un istante.
– Voi andate benissimo – dichiaro. – Ma il vostro amico non ci piace. Non ci va la gente che cerca di operare delle case da gioco in un quartiere come questo.
– Io non so niente di case da gioco – ribatte Dolores aspramente.
– Neanche la polizia – dichiaro lo spilungone. – E non vuole nemmeno interessarsene. Come si chiama il vostro amico, cara?
– Non vi riguarda – rimbecco Dolores, come se sputasse.
– Andate a casa a far la calza, cara – l'invito l'uomo alto, e si rivolse a me. – La strada e bloccata, questa sera. E ora sapete il perche.
– Credete di farcela a mantenere il blocco?
– Ci vorra qualcuno piu importante di voi per indurci a cambiare programma. Dovreste vedere le nostre cartelle delle tasse. E quegli scimmiotti sulla macchina radiocomandata… e ce n'e un'altra quantita, in municipio… si limitano a fare una faccia da scemi quando si chiede loro di far rispettare la legge.
Girai la maniglia e spalancai la portiera. L'uomo si tiro da parte per lasciarmi scendere. Mi avvicinai alla macchina della polizia. I due uomini erano adagiati pigramente contro lo schienale. L'altoparlante era bassissimo, e mandava un borbottio appena udibile. Uno dei due masticava gomma, ritmicamente.
– Che ne direste di rompere il blocco e di lasciar passare i cittadini? – gli chiesi.
– Non abbiamo ordini, bellezza. Siamo qui solo per mantenere l'ordine.
Se qualcuno fa scoppiare una cagnara la facciamo finire noi.
– Dicono che c'e una casa da gioco, sulla cresta.
– Dicono – ripete l'agente.
– Non ci credete?
– Non mi provo nemmeno – affermo lui, e sputo, al di sopra della mia spalla.
– E se io avessi degli affari urgenti, lassu?
L'uomo mi fisso, senza espressione e sbadiglio.
– Grazie mille, bellezza, – gli dissi.
Tornai alla Mercury, trassi di tasca il portafogli e diedi un biglietto da visita allo spilungone. Lui l'illumino con la torcia e chiese:
– Be'?
Poi spense la torcia e rimase in silenzio. Il suo viso comincio a prendere forma, pallido e vago, nell'oscurita.
– Sono qui per affari – dissi. – E sono affari importanti, per me. Lasciatemi passare e forse domani non avrete bisogno del posto di blocco.
– Siete grande, a parole, buon uomo.
– Vi sembra che io abbia i quattrini per frequentare una casa da gioco privata?
– Lei potrebbe averli – l'uomo lancio una rapida occhiata a Dolores.
– Puo darsi che vi abbia portato dietro come guardia del corpo. – Si rivolse al suo amico col fucile. – Tu che ne pensi?
– Rischiamola. Sono solo due e non hanno bevuto.
Lo spilungone accese di nuovo la torcia e la fece ondeggiare, avanti e indietro. Un motore si avvio. Una delle macchine del blocco raggiunse a marcia indietro il bordo della via. Io montai sulla Mercury, l'avviai, passai attraverso lo spazio libero. Nello specchietto retrovisivo guardai la macchina di blocco che riprendeva posizione e spegneva i fari.
– E l'unica via per andare e venire di qui?
– Loro lo credono, amigo. Ce n'e un'altra, ma e una strada privata, che attraversa una tenuta. Avremmo