dovuto girare dalla parte della valle.
– Per poco non passavamo – brontolai. – Nessuno puo essere in un guaio serio…
– Sapevo che avreste trovato un mezzo di cavarvela, amigo…
– Qualcosa mi puzza – dissi in tono velenoso. – E non sono i lilla selvatici.
– Che uomo sospettoso. Non volete nemmeno darmi un bacio?
– Avreste dovuto provare un po' di questa tecnica poco fa, al posto di blocco. Il piu alto dei due aveva l'aria di sentirsi solo. Avreste potuto portarlo in un boschetto.
Lei mi diede un manrovescio sulla bocca.
– Figlio d'un cane – disse con noncuranza. – La prima a sinistra, prego. – Arrivammo al sommo della salita e la strada termino bruscamente in uno spiazzo nero circolare, bordato di pietre dipinte di bianco. Proprio di fronte a noi c'era una cinta di rete metallica con un cancello nel mezzo e un'insegna: 'Strada Privata. Divieto di Transito'. Il cancello era aperto e da un pilastro pendeva un grosso lucchetto appeso a una catena. Girai con la macchina intorno a un cespuglio di oleandri bianchi e mi trovai nella corte destinata alla macchina; sul retro di una bassa casa bianca con il tetto di tegole e un garage a quattro posti, sotto un terrazzo dalla balaustra di mattoni. Non veniva luce, dalla casa. La luna, alta nel cielo, gettava un chiarore bluastro sui muri intonacati di bianco. Alcune finestre a pianterreno, avevano le imposte chiuse. Quattro cassette, piene di rifiuti erano allineate davanti ai gradini d'ingresso. C'era un grande bidone della spazzatura, rovesciato, vuoto. E c'erano due bidoni di metallo, piu piccoli, pieni di cartacce e di giornali vecchi.
Dalla casa non veniva un suono, un segno di vita. Fermai la Mercury, spensi i fari e il motore e rimasi seduto al mio posto. Dolores si ritiro in un angolo. Pareva che il sedile tremasse. Allungai una mano verso la ragazza e la sfiorai. Rabbrividiva.
– Che succede?
– Scendete… scendete, prego – disse, come se stesse battendo i denti.
– E voi?
Aperse la portiera dalla sua parte e balzo a terra. Scesi anch'io e lasciai lo sportello aperto, con le chiavi nella serratura. Dolores giro intorno alla macchina, e mi si fece vicina. Mi parve di sentirla tremare, prima ancora che mi toccasse. Poi mi si appoggio contro, coscia contro coscia, petto contro petto. Mi passo le braccia intorno al collo.
– Sto facendo una terribile sciocchezza – sussurro. – Lui mi uccidera, per questo… come ha ucciso Stein. Baciatemi.
La baciai. Le sue labbra erano secche, brucianti.
– Lui e qui?
– Si.
– E chi altro?
– Nessuno, eccetto Mavis. Uccidera anche lei.
– Sentite…
– Baciatemi ancora. Non ho molto da vivere, amigo. Quando si fa da esca per le vittime, a un uomo come quello… si muore giovani.
La spinsi via, ma con delicatezza.
Lei fece un passo indietro e alzo rapidamente la destra. Stringeva una pistola, ora.
Guardai l'arma. La luna alta la faceva splendere debolmente. La ragazza me la teneva puntata tutta addosso, e la mano non le tremava piu.
– Che amico, mi farei, se tirassi il grilletto – disse.
– Quelli del blocco sentirebbero lo sparo.
Scosse il capo.
– No. C'e una collinetta in mezzo. Non credo che sentirebbero, amigo.
Pensai che la canna si sarebbe alzata, quando Dolores avesse tirato il grilletto. Se mi fossi buttato a terra al momento giusto…
Ma non ero cosi in gamba. Non dissi nulla. Mi sentivo la lingua grossa.
La ragazza continuo con una voce stanca, sommessa:
– Con Stein non ha avuto importanza. L'avrei ucciso con le mie mani, con piacere, quello schifoso… Morire non e una gran cosa. Uccidere non e una gran cosa. Ma adescare gli uomini, per condurli alla morte… – Si interruppe, con un suono che avrebbe potuto essere un singhiozzo. – Amigo, voi mi siete piaciuto, per qualche strana ragione. Dovrei avere superato da un pezzo certe stupidaggini. Mavis mi ha portato via Steelgrave ma non voglio che lui l'uccida. Il mondo e pieno di uomini con tanti soldi.
– Mi pare un ometto simpatico – osservai, tenendo sempre d'occhio la mano che stringeva la rivoltella. Nemmeno un piccolo fremito, ora. Dolores diede una risata sprezzante.
– Naturalmente. Per questo e quello che e. Voi credete di essere molto coriaceo, amigo. Ma siete tutto latte e burro, in confronto a Steelgrave. – Abbasso la rivoltella. Era il mio momento di balzare. Ma continuavo a non essere abbastanza in gamba.
– Ha ucciso una dozzina d'uomini – riprese la ragazza. – E per ciascuno ha avuto un sorriso. Lo conosco da molto tempo. L'ho conosciuto a Cleveland.
– Usava scalpelli da ghiaccio?
– Se vi do la rivoltella mi promettete d'ucciderlo?
– Mi credereste, se ve lo promettessi?
– Si.
Da un punto imprecisato, ai piedi della collina, venne il rombo d'una macchina. Ma mi parve remoto, come il pianeta Marte, senza senso, come il cicaleccio delle scimmie in una foresta brasiliana. Non aveva niente a che vedere, con me.
– Lo ucciderei, se ci fossi costretto – dichiarai, passandomi la lingua sulle labbra.
Ero un po' chino in avanti, con le ginocchia piegate, di nuovo pronto a balzare.
– Buona notte, amigo. Mi vesto di nero perche sono bella, cattiva… e perduta.
Mi porse la pistola. La presi e rimasi immobile, stringendola tra le dita.
Per un altro istante restammo in silenzio senza fare un gesto. Poi lei sorrise, scosse il capo e balzo in macchina. Avvio il motore e chiuse la portiera di scatto. Porto il motore al minimo e rimase seduta a guardarmi. Sorrideva, ora.
– Sono stata brava, vero? – bisbiglio.
La macchina arretro con violenza, e le gomme stridettero sull'asfalto. I fari si accesero. L'automobile giro a sinistra nella strada privata, e scomparve dietro una macchia d'oleandri. La luce dei fari guizzo tra gli alberi e spari e il rombo del motore si confuse col gracidio strascicato e lamentoso delle raganelle. Poi anche quello cesso e per un momento non vi fu alcun suono. E nessuna luce, eccetto la vecchia luna stanca.
Tirai fuori il caricatore dalla rivoltella. Conteneva sette proiettili. Un altro era in canna. Due di meno della carica completa. Fiutai la canna. Aveva sparato, dopo l'ultima volta che l'avevano pulita. Aveva sparato due volte, forse.
Tornai a infilare il caricatore al suo posto e tenni la rivoltella sulla palma della mano aperta. Impugnatura di osso bianco. Calibro trentadue.
Orrin Quest era stato colpito due volte. I due bossoli che avevo raccolto dal pavimento di quella stanza erano calibro trentadue.
E il giorno prima, nel pomeriggio, nella camera trentadue dell'albergo Van Nuys una ragazza bionda con un asciugamani davanti al viso mi aveva puntato contro un'automatica calibro trentadue con l'impugnatura di osso bianco.
A volte si va troppo in la, con la fantasia, in certe cose. Ma si puo anche non essere abbastanza fantasiosi.
CAPITOLO XXVI
Mi avvicinai al garage in punta di piedi e cercai di aprire una delle due grandi porte. Non c'erano maniglie, e