– Che cosa vi aspettavate? – mi chiese Mavis. – Aveva ucciso mio fratello.

– Vostro fratello non era un angelo.

– Non era una buona ragione per ucciderlo.

– Qualcuno doveva ucciderlo… e al piu presto.

Lei sgrano gli occhi.

– Non vi siete mai chiesta perche Steelgrave non si e mai occupato di me, e perche ha lasciato andare voi, al Van Nuys, invece di andarci personalmente? Non vi siete mai chiesta perche un individuo con le sue risorse e la sua esperienza non ha mai cercato di metter le mani su quelle foto, costasse quel che costasse?

La ragazza non rispose.

– Da quanto tempo sapevate dell'esistenza delle foto? – domandai.

– Da qualche settimana. Da quasi due mesi, ormai. Ne ricevetti una per posta un paio di giorni dopo… dopo il pranzo con Steelgrave.

– Dopo che Stein venne ucciso.

– Si. Naturalmente.

– Pensavate che Steelgrave avesse ucciso Stein?

– No. Perche avrei dovuto? Cioe, non l'ho pensato fino a questa sera.

– Che cosa accadde, dopo che riceveste la foto?

– Mio fratello Orrin mi telefono e mi racconto che aveva perso l'impiego e che era in bolletta. Aveva bisogno di denaro. Non mi disse una parola della fotografia. Non era necessario. Quella istantanea poteva essere stata presa in una sola occasione.

– Come aveva ottenuto il vostro numero, Orrin?

– Il numero di telefono? Come l'avete avuto, voi?

– L'ho comprato.

– Ebbene… – abbozzo un gesto vago, con la mano. – Perche non chiamiamo la polizia e non la facciamo finita?

– Un momento. E poi? Che cosa accadde? Arrivarono altre copie della foto?

– Una alla settimana. Le mostrai a lui. – Accenno alla poltrona a fiorami. – La cosa non gli piacque. Di Orrin non gli dissi nulla.

– Ma lui lo scopri. I tipi come lui tendono sempre a scoprire le cose.

– Immagino di si.

– Pero non scopri il nascondiglio di Orrin. Altrimenti non avrebbe aspettato tanto. Quando avete dato l'indirizzo di vostro fratello a Steelgrave?

Lei distolse lo sguardo, e si affondo le unghie in un braccio.

– Oggi – disse con voce lontana.

– Perche oggi?

Il respiro le si ruppe in gola.

– Vi prego, non fatemi tante domande inutili. Non mi tormentate. Non potete far nulla per me. Credevo che poteste… quando ho telefonato a Dolores. Ora non e piu possibile.

– Benissimo – dissi. – Ma c'e qualcosa che, a quanto sembra, non riuscite a capire. Steelgrave sapeva che la persona che stava dietro quella fotografia, chiunque fosse, voleva quattrini, un mucchio di quattrini. Sapeva che, presto o tardi, il ricattatore si sarebbe dovuto scoprire. Era questo che Steelgrave aspettava. Della foto, in se, non gli importava niente, se non per amor vostro.

– L'ha dimostrato – osservo la ragazza, in tono stanco.

– A suo modo.

La sua voce si alzo, con calma glaciale.

– Ha ucciso mio fratello. Me l'ha detto lui, con la sua bocca. E in quel momento si e rivelato il gangster. Che strana gente si incontra a Hollywood, vero… me compresa?

– Gli volevate bene, una volta – dissi brutalmente.

Due macchie rosse le si accesero sulle guance.

– Non voglio bene a nessuno – ribatte. – Ho finito di voler bene alla gente. – Lancio una breve occhiata alla poltrona fiorata. – A lui ho smesso di voler bene ieri sera. Mi ha chiesto di voi… chi eravate e cosi via.

Glie l'ho detto. E gli ho detto che avrei dovuto confessare di essere stata vista all'albergo Van Nuys, vicino a quel morto.

– Avevate intenzione di dirlo alla polizia?

– Volevo dirlo a Jules Oppenheimer. Lui avrebbe saputo come risolvere la situazione.

– E se non lui uno dei suoi cani.

Non sorrise. Nemmeno io sorrisi.

– Se Oppenheimer non fosse riuscito a sbrogliare le cose sarei stata finita come attrice – soggiunse Mavis, senza interesse. – Adesso sono finita in tutti i sensi.

Trassi di tasca una sigaretta e l'accesi. Ne offersi una anche a lei, ma non la volle. Non avevo nessuna fretta. Mi pareva di avere perso il senso del tempo. E quasi di ogni altra cosa. Ero come svuotato.

– Correte troppo, per me – dissi, dopo una pausa. – Quando siete andata al Van Nuys non sapevate che Steelgrave era 'Frigna' Moyer?

– No.

– E allora perche ci siete andata?

– Per comprare quelle foto.

– Come e possibile? Non e chiaro. In questo caso le foto non avrebbero dovuto avere nessun senso, per voi. Si trattava solo di voi e del vostro amico che facevate colazione.

Lei sbatte gli occhi poi il spalanco, al massimo.

– Non sto per piangere – mi rassicuro. – Vi ho detto che non sapevo.

Pero, quando lui ando in prigione, quella volta, dovetti per forza rendermi conto che c'era qualcosa, nella sua vita, che desiderava tener nascosto.

Larvatamente avevo capito che si era dedicato a qualche attivita illegale.

Ma non pensavo che fosse un assassino.

Dissi «gia gia», mi alzai e mi avvicinai di nuovo alla poltrona. Gli occhi della ragazza mi seguirono lentamente. Mi chinai su Steelgrave e gli tastai l'ascella sinistra. C'era una rivoltella, nella fondina a tracolla. Non la toccai. Tornai a sedermi di fronte a Mavis.

– Ci vorra un sacco di soldi per mettere a posto questo pasticcio – annunziai.

Per la prima volta Mavis Weld sorrise. Fu un sorriso molto fragile e vago ma pur sempre un sorriso.

– Io non ho un sacco di soldi – disse. – Quindi la cosa e fuori questione.

– Oppenheimer ne ha. E per lui, oggi, voi valete dei milioni.

– Non correrebbe mai il rischio. Troppa gente oggigiorno cerca solo un appiglio per nuocere al cinema. Oppenheimer si sobbarchera la sua perdita senza fiatare e fra sei mesi non se ne ricordera piu.

– Avete detto che volevate rivolgervi a lui.

– Ho detto che se mi fossi trovata in un ginepraio senza aver fatto nulla di male mi sarei rivolta a lui. Ma ora ho fatto qualcosa.

– E Ballou? Anche per lui rappresentate un grosso investimento.

– Io non valgo un fico secco per nessuno. Lasciate correre, Marlowe.

Siete pieno di buone intenzioni, ma io conosco quella gente.

– Quindi la responsabilita ricade su di me – osservai. – Dev'essere per questo che mi avete mandato a chiamare.

– Meraviglioso – esclamo. – Aggiustate tutto voi, tesoro. E gratis.

La sua voce era di nuovo esile, priva di echi. Andai a sedermi accanto a lei, sul divano. Le afferrai il braccio, le sfilai la mano di tasca e gliela strinsi. Era quasi gelata, nonostante la pelliccia.

Lei si volto a guardarmi, dritto negli occhi. Poi scosse lievemente il capo.

– Credetemi tesoro, non ne vale la pena… neanche per venire a letto con me.

Voltai la mano in su, e cercai di stenderle le dita. Erano rigide e resistevano. Le apersi una per una. Poi carezzai il palmo.

– Ditemi perche vi eravate portata dietro la rivoltella.

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