accanto all'entrata. Appoggio il cappello per terra, accanto a se, e fisso la strada. Non aveva intenzione di farla durare a lungo quella storia, se non pescava subito la sorella di Marian Daley. Si chiese se la polizia aveva trovato i due cubani e i miseri resti di Marian. Si chiese anche che cosa stesse facendo Paula. Da dove stava, teneva d'occhio la strada assolata e deserta. Una grossa automobile improvvisamente sbuco da dietro l'angolo di un edificio, punto verso l'albergo con un ruggito e si fermo.

Fenner si rilasso nella grande sedia a vimini e, allungando un braccio, raccatto il cappello e se lo mise.

C'erano quattro uomini in macchina. Ne uscirono tre, lasciando l'autista al volante.

Fenner riconobbe Reiger e Miller, ma non individuo il terzo. Salirono i pochi gradini con decisione e si guardarono in giro nella penombra. Reiger scorse Fenner quasi subito. Gli si avvicino.

Fenner alzo gli occhi verso di lui e rispose con un cenno. «Cercate qualcuno?» chiese con noncuranza. «L'impiegato sara di ritorno in un minuto.»

«Carlos ti vuole. Vieni» fece Reiger.

Fenner scosse il capo. «Fa troppo caldo. Ditegli che sara per un'altra volta.»

Gli altri due si avvicinarono, minacciosi. Reiger aggiunse, con voce dolce: «Vuoi venire con le tue zampe o ti dobbiamo portare noi?»

Fenner si alzo lentamente. «Quand'e cosi…» disse, e s'avvio con loro verso la macchina. Sapeva che Reiger aveva una gran voglia di sparargli addosso e sapeva che non sarebbe servito a niente far troppe storie. Voleva vedere Carlos, ma non dovevano pensare che gli premeva.

Arrivarono al Flager Hotel in silenzio. Fenner stava seduto fra Miller e Reiger, e l'altro uomo, che loro chiamavano Bugsey, stava davanti con l'autista.

Entrarono tutti nell'ascensore ed andarono al numero 47. Appena dentro, Fenner disse: «Potevate risparmiarvi questo viaggio se non facevate i furbi stamattina.»

Reiger non rispose. Attraverso la stanza, busso a un'altra porta ed entro.

Bugsey segui Fenner.

Carlos era sdraiato su un divano davanti a una grande finestra aperta. Indossava una vestaglia di seta color crema, con grandi fiori rossi. Vistosamente annodato al collo un fazzoletto di seta bianco, ai piedi nudi un paio di babbucce turche.

Fumava una sigaretta di marijuana, e attorno al polso abbronzato e peloso aveva un braccialetto d'oro.

Carlos era giovane. Poteva avere vent'anni, o forse ventiquattro. Il suo viso aveva il colore della pergamena vecchia, le labbra erano molto rosse.

Labbra sottili, come carta velina, e rosse come se fossero state tagliate col rasoio. Aveva il naso piccolo, con le narici grandi e le orecchie schiacciate contro la testa. Gli occhi grandi, con ciglia scure e ricurve, ma privi di espressione. Erano come pezzi di vetro nero e opaco. I capelli, sfuggenti alle tempie, neri, lucenti, e piuttosto ondulati. Con un'occhiata superficiale, si poteva pensare che Carlos fosse un bel ragazzo, ma a guardargli bene la bocca e le orecchie senza lobo non se n'era tanto sicuri. Dagli occhi, soprattutto, si capiva che era una carogna.

«Ecco Ross» disse Reiger e usci insieme a Bugsey.

Fenner fece un cenno di saluto a Carlos e si sedette, un po' lontano dal nauseante odore della sigaretta di marijuana.

Carlos lo guardo con gli occhi vuoti. «Che cosa c'e?» chiese. La sua voce era roca, senza timbro.

«Stamattina ero venuto a cercarti, ma i tuoi scagnozzi hanno detto che eri occupato o qualcosa del genere. Non sono abituato a essere trattato cosi, e me ne sono andato. Non sono sicuro di volerti parlare, adesso.»

Carlos lascio cadere le gambe dal divano sul pavimento. «Sono un uomo prudente» rispose. «Devo esserlo. Quando ho sentito che sei stato qui, ho chiamato Crotti al telefono. Volevo sapere qualcosa di piu sul tuo conto.

Mi pare ragionevole, no?»

«Certamente» rispose Fenner stringendo le palpebre.

«Crotti ha detto che sei in gamba.»

Fenner alzo le spalle. «E allora?»

«Potrei darti del lavoro. Ma devi dimostrarmi che sei il tipo che ci vuole per me.»

«Lascia che mi guardi in giro per un po'. Forse nemmeno tu sei il mio tipo.»

Carlos sorrise. Non c'era un briciolo di calore in quel sorriso. «Sei molto sicuro. E una buona cosa, nel suo genere.»

Fenner si alzo. «Mi arrangio» ribatte bruscamente. «Che cosa facciamo adesso?»

Carlos si alzo dal divano. «Vai a parlare coi ragazzi» rispose. «Poi scendiamo al porto. Devo fare un lavoretto. Molto interessante, vedrai.»

«Mi passi lo stipendio?» chiese Fenner.

«Diciamo cento sacchi finche non ci conosciamo meglio?»

«Dovremo sbrigarci a conoscerci meglio» disse Fenner, senza scherzare.

«Sono briciole, per me.»

Usci e chiuse la porta dietro di se.

Un'ora dopo, Fenner, Carlos, Reiger e Bugsey entrarono in un caffe. Il locale era pieno, e occhi curiosi li guardarono scomparire dietro una tenda oltre la quale c'era una porta.

Fenner scopri che Bugsey aveva intenzioni amichevoli. Era un tipo basso, tozzo, che tendeva a ingrassare, con un faccione rotondo chiazzato, occhi ridenti e le labbra come due salsicciotti.

Reiger odiava Fenner, e lo sapevano entrambi. Questi camminava a fianco di Carlos, Fenner e Bugsey stavano dietro. Percorsero un breve corridoio e poi una rampa di scale. C'era buio, e puzzo, e un silenzio assoluto.

In fondo alle scale, una porta. Carlos l'apri con la chiave ed entrarono. Si trovarono in uno stanzone e Fenner noto che Bugsey sudava per chiudere la porta. Era molto solida e si chiuse con tonfo.

Lo stanzone sarebbe stato completamente buio se non fosse stato per delle lampadine poste sull'altro lato, in fondo. Carlos e Reiger si diressero verso la luce. Fenner si fermo. Guardava Bugsey con aria interrogativa.

Bugsey contrasse le labbra. «E il suo ufficio» spiego, a bassa voce.

«Che cosa si fa? Aspettiamo in piedi?»

Bugsey annui.

Carlos si sedette dietro una tavolaccia sotto una lampadina.

«Portalo qui» ordino a Reiger.

Reiger scomparve nell'oscurita e Fenner l'udi aprire una porta con la chiave. Un minuto dopo era di ritorno, trascinando un uomo con se. Lo tirava per il bavero della giacca, come se fosse un sacco di carbone, senza guardarlo, come se non si rendesse conto che lo stava trascinando. Lo butto su una sedia accanto a quella di Carlos.

Fenner fece qualche passo avanti. Era un cinese. Portava un vestitaccio nero e stava rannicchiato sulla sedia, le mani sotto le ascelle e il corpo piegato in due.

Fenner guardo Bugsey, che di nuovo corruccio le labbra, ma questa volta non disse niente.

Reiger butto indietro la testa del cinese.

Fenner fece un leggero movimento in avanti, ma si fermo. Il viso del cinese luccicava sotto la luce cruda. Aveva la pelle cosi tirata che sembrava di vedere un teschio. Le labbra erano scivolate sui denti e soltanto due ombre scure indicavano dove erano gli occhi.

«Adesso, scriverai quella lettera?» disse Carlos.

Il cinese rimase immobile, silenzioso. Reiger gli diede uno strattone alla giacca, e la sua testa ciondolo avanti e indietro.

«E ostinato questo pezzente, vero, Reiger?» Carlos sorrise. Apri un cassetto e ne trasse qualcosa che depose sul tavolo. «Prendigli la mano e mettila sul tavolo.»

Reiger afferro il polso ossuto del cinese e tiro. Il cinese aveva stretto le mani sotto le ascelle e Fenner vedeva lo sforzo tremendo che compiva per tenervele. Ci fu un lungo silenzio, mentre Reiger lottava. Fenner vide la mano strappata centimetro per centimetro dal suo rifugio. Gocce di sudore imperlavano il viso del cinese e un lungo, lugubre suono gli usci tra i denti.

«Che diavolo stanno facendo?» chiese Fenner a Bugsey.

Bugsey agito una mano, in risposta, ma non disse niente. Teneva gli occhi fissi sul gruppo attorno al tavolo,

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