prima era antica e un po’ arrugginita e gli richiese un lavoro di parecchi secondi prima che, finalmente, la grossa porta di metallo emettesse un lugubre cigolio e si aprisse.

Ci volle un po’ di sforzo da parte di entrambi, mentre io mi chiedevo, in continuazione, in che modo Lucy avrebbe mai potuto farcela. Il professore mi fece cenno di entrare; un gesto oscuramente cavalleresco, se mai ci fu. Cosi feci, e sobbalzai quando un topo nero squitti passandomi sopra un piede.

All’interno, l’aria era fredda, ma stantia e pesante per l’odore di fiori in putrefazione. Era, penso, il luogo piu disperato in cui mi fossi mai trovato poiche, nel corso di una settimana, le ragnatele si erano infittite, e numerosi scarafaggi dal dorso lucido strisciavano davanti ai miei piedi. Tutto quanto — le alte finestre ottagonali, le mura vuote, le ombre striscianti — era ricoperto da un sottile strato di polvere che sembrava assorbire tutta la luce. Suppongo che l’aspetto sinistro mi turbo, poiche il professore mi tocco una spalla per farmi ritornare in me.

Sobbalzai di nuovo, con grande imbarazzo, poi cominciai a seguire Van Helsing, che mi aveva sorpassato sapendo dove andare, uscendo dalla stretta entrata per passare in una stanza piu ampia dove una ventina di bare erano adagiate su catafalchi di marmo. Era facile indovinare quali fossero quelle di Mrs. Westenra e di Lucy, poiche le altre erano tutte ricoperte da uno strato talmente fitto di polvere (che dimostrava quanto tempo era passato da quando qualcuno era venuto li) che non si riuscivano a vedere ne il colore della bara ne la targhetta del nome.

Il professore ando immediatamente, con la borsa in mano, verso le bare piu pulite, e diede un’occhiata in basso alle targhette d’argento per accertarsi quale fosse quella di Lucy. Una volta deciso, poso la borsa e ne tiro fuori un cacciavite e un seghetto, che poggio, con una certa insensibilita, sulla vicina bara di Mrs. Westenra.

Devo dire che ero completamente stupefatto dalla sua incredibile calma e concretezza. Essendo un medico esperto, da lungo tempo avevo perduto la mia schizzinosita circa i morti, ma quello al quale ci avvicinavamo ora non era un cadavere ordinario, ne le circostanze erano ordinarie. Van Helsing pero si comportava come se si trattasse di qualcosa che aveva fatto per tutta la sua vita.

Senza fanfara e neanche un accenno di rispetto, alzo il coperchio della bara, con una tale rapidita che io riuscii a malapena ad evitare di tirarmi indietro. Era sciocco farlo da parte mia, poiche il mio cervello sapeva bene che avremmo visto soltanto il rivestimento di piombo, ma il mio cuore aveva evidentemente fatto si che me lo dimenticassi per un istante. I fiori morti posti sulla bara di Lucy — uno dei quali io stesso avevo poggiato li una settimana prima — si sparsero a terra con un fruscio, un crudele ricordo che persino lo stesso dolore non durava in eterno.

Il professore non li degno di attenzione ma, con il freddo distacco che gli ho visto assumere in chirurgia, prese il cacciavite. Con un improvviso movimento violento, fece del suo pugno un martello e colpi il manico del cacciavite cosi che la sua punta apri il sottile rivestimento di piombo.

Questa volta indietreggiai davvero e tirai fuori il mio fazzoletto, del tutto pronto a proteggermi dalla conseguente fuga di gas nocivo che sarebbe venuta dal cadavere vecchio di una settimana. Ma non arrivo nessuna puzza. Mi permisi di tirare un respiro e rimasi affascinato da cio che segui.

Van Helsing poso il cacciavite e prese il piccolo seghetto. Dopo averlo infilato nello spazio lasciato dalla perforazione, sego alcuni pezzi da un lato della bara, poi nella parte superiore, quindi dall’altra. Poi afferro la lingua di metallo in cima e la tiro giu fino alla fine, come una madre potrebbe tirare giu una coperta troppo calda per non svegliare un bambino che dorme.

Ma non c’era niente di tenero nei movimenti del professore; quando tiro indietro il rivestimento di piombo lasciando vedere il cadavere al di sotto, la sua espressione era piu fredda e piu dura di quanto avessi mai visto.

«Amico John», grido, con una voce cosi profonda e severa che nessuno avrebbe osato disobbedire. «Non guardarla! Non guardarla!».

In realta, non mi ero fatto forza a sufficienza per fissarla, cosi il suo ammonimento arrivo in tempo. Si mise tra me e la bara e disse con foga:

«Ho fatto male a non avvertirti prima. No, guarda me, non lei… si! E ora ascolta: senti la tua aura e attirala dentro di te, verso il tuo cuore. Rafforzati li. Questo ti proteggera dalla sua forza di attrazione, adesso e in futuro. Si, si!», grido approvando.

In apparenza il mio viso era cambiato mentre mettevo in pratica la sua lezione. In effetti, scoprii che la conseguenza era che avevo “indurito il mio cuore”. Lo sforzo emotivo del doloroso incontro fu all’improvviso piu facile, e io mi trovai posseduto in una certa misura dalla calma concentrazione del professore.

Mentre il mio equilibrio ritornava, emisi un sospiro.

«Benissimo!», disse il professore. «Benissimo! Se ora desideri guardarla, puoi farlo; se vedro che hai dei problemi, ti aiutero. Mi scuso per non averti insegnato prima questa tecnica. Sono stato abbastanza sciocco da credere che i talismani che avevo lasciato con lei sarebbero rimasti e che l’avrebbero tenuta nella tomba finche non fossimo riusciti a mandarla in un riposo piu onorevole. Prima che fosse posta nella bara, li avevo posti sulle sue labbra e sul suo seno ma, vedi? Qualcuno li ha tolti». Sospiro. «Li avevo messi su di lei durante la veglia ma qualcuno, in casa, li tolse allora: due crocifissi d’oro. Cosi, prima del funerale, pagai il becchino e ne misi altri due sopra di lei prima di vedere che la chiudevano sotto il piombo. Ora qualcuno ci ha ingannato di nuovo, ma non un mortale, temo, o il piombo sarebbe gia stato tolto».

Lo ascoltai soltanto a meta poiche, quando mi aveva dato il permesso, avevo subito guardato Lucy. Dire che era bella sarebbe stato un insulto; nella morte vivente, lei andava oltre la bellezza, oltre la radiosita. Di fatto, era come se lo stesso sole fosse stato avvolto in un sudario bianco, lasciando vedere soltanto in alcune parti — testa e mani — la sua piena gloria lucente. I suoi capelli, che erano stati color cenere e biondi dove il sole estivo li rendeva piu chiari, erano adesso di un glorioso e scintillante bronzo con striature di oro fuso. Le sue labbra erano del rosa delicato, iridescente, della madreperla, proprio come i suoi occhi — occhi aperti, che guardavano senza vedere un punto oltre il soffitto — erano del verde mare della madreperla lucidata. E il suo viso era quello della luna, pieno di una radiosita interna.

Un pensiero, un piccolo pensiero — Mio Dio, com’e bella! — e un momentaneo e sottile desiderio di rinunciare a tutto cio che era morale e giusto, e di raggiungerla nell’estasi eterna. Sentii il mio cuore che andava verso di lei come la marea cerca la luna. Ero perduto, vinto.

Ancora una volta, il tocco della mano del professore mi riporto indietro dalla mia pericolosa fantasticheria. Alzai lo sguardo e inghiottii aria; fissando i profondi occhi blu di Van Helsing, mi concentrai, e di nuovo ripresi il controllp del mio cuore e delle mie emozioni.

«Sto bene», dissi. «Non la guardero piu».

E, per mostrare la mia determinazione, mi allontanai dal cadavere e mi voltai verso l’entrata.

Rimase li soltanto pochi secondi in piu per lasciare altri talismani e rimettere a posto il piombo, poi richiuse il coperchio della bara.

«Per il bene di Arthur», disse con aria cupa mentre ce ne andavamo, «e per il fatto che sono stato troppo arrogante nel portare con me il palo e il coltello, pensando che la mia debole magia l’avrebbe tenuta qui — non l’uccido adesso ma, se stanotte non riusciremo a farlo, quando Arthur e Quincey verranno, allora ci sara molto sangue sulla mia testa: molto sangue!».

Ora e sera e Arthur e Quincey arriveranno tra poche ore in risposta alle lettere del professore. Il pensiero di cio che sta per accadere mi lascia troppo inquieto per cenare.

Il diario del dottor Van Helsing

29 settembre. Arthur e Quincey sono arrivati la notte scorsa alle dieci, entrambi con un’espressione confusa. Come concordato, John ci condusse tutti dentro al suo studio e chiuse la porta a chiave, cosa che non fece che sottolineare il misterioso senso di segretezza.

Una volta che gli altri ebbero preso posto sul lungo divano, io rimasi davanti a loro rivolgendomi ad essi, e tutti e tre mi guardarono con curiosita e anche con una debole speranza, come se ci potesse essere qualcosa di buono nel mezzo di tutto quel dolore. Arthur aveva un aspetto terribile; nel corso di una settimana era invecchiato di quindici anni. La sua fronte, prima liscia, era piena di rughe, e i suoi occhi erano ancora fissi; in essi, io vidi entrare e uscire pensieri di tristezza, come nuvole passeggere. Si trovava in quel terribile primo stato di lutto in cui qualsiasi vista, qualsiasi suono, qualsiasi ricordo, potevano toccarlo e riaccendere il dolore.

Anche Quincey stava soffrendo nel suo modo tranquillo. Le sue labbra gia sottili erano diventate notevolmente piu fini, e le ombre si erano raccolte sotto i suoi occhi stanchi; sotto le lentiggini che stavano cosi

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