Suono il campanello e Valerie fece un salto. «E per me. Ho un appuntamento.»

«Un appuntamento!» disse mia madre. «E meraviglioso. Sei qui da cosi poco e hai gia un appuntamento.»

Mentalmente alzai gli occhi al cielo. Mia sorella e un’incapace. Ecco cosa succede a fare sempre la brava ragazza. Non si impara mai l’importanza della menzogna e dell’inganno. Non ho mai portato a casa i ragazzi con cui uscivo. Ci si incontra ai centri commerciali cosi eviti di far venire un infarto ai tuoi quando il ragazzo di turno si presenta con tatuaggi e piercing sulla lingua. O, nel caso specifico, e una lesbica.

«Questa e Janeane» disse Valerie, presentandoci una donna di bassa statura con i capelli scuri. «Ci siamo conosciute quando sono andata a fare il colloquio in banca. Non ho avuto il lavoro ma Janeane mi ha chiesto se volevamo uscire insieme.»

«E una donna» disse mia madre.

«Si, siamo lesbiche» disse Valerie.

Mia madre perse i sensi. Bum. Stesa sul pavimento.

Tutti si alzarono di scatto per correre da mia madre.

Apri gli occhi ma non mosse neanche un muscolo per almeno trenta secondi. Poi urlo: «Una lesbica! Madre di Dio. Frank, tua figlia e lesbica!».

Mio padre guardo Valerie di traverso. «Quella che porti e la mia cravatta?»

«Hai un gran bel coraggio» disse mia madre, ancora supina a terra. «Tutti questi anni, in cui sei stata normale e con un marito, hai abitato in California. E adesso che sei qui diventi lesbica. Non basta che tua sorella vada in giro a sparare alle persone? Che razza di famiglia e questa?»

«Non sparo mai a nessuno» dissi.

«Scommetto che ci sono un sacco di lati positivi nell’essere lesbiche» disse la nonna. «Se sposi una lesbica non devi mai preoccuparti che qualcuno lasci alzato il sedile del cesso.»

Prendendola sottobraccio, io da una parte e Valerie dall’altra, aiutammo la mamma a rialzarsi.

«Ecco fatto» disse Valerie, tutta contenta. «Va meglio?»

«Meglio?» fece mia madre. «Meglio?»

«Be’, ora noi andiamo» disse Valerie, indietreggiando verso l’ingresso. «Non aspettatemi alzati. Ho la chiave.»

Mia madre si scuso, ando in cucina e spacco un altro piatto.

«Non sapevo che spaccasse i piatti cosi» dissi alla nonna.

«Stasera metto sotto chiave tutti i coltelli, non si sa mai» rispose lei.

Seguii mia madre in cucina e la aiutai a raccogliere i pezzi.

«Mi e scivolato di mano» disse.

«Proprio come pensavo.»

A casa dei miei sembra che non cambi mai niente. La cucina sembra la stessa di quando ero piccola. Le pareti sono state riverniciate e ci sono delle tende nuove. Lo scorso anno e stato rinnovato il linoleum. Gli elettrodomestici vengono sostituiti con degli altri man mano che si rompono e non si possono piu riparare. Ma le novita finiscono qui. Mia madre cuoce le patate nella stessa casseruola da trentacinque anni. Anche gli odori sono gli stessi. Cavolo, salsa di mele, budino al cioccolato, arrosto di agnello. E anche le abitudini sono le stesse. Come quella di sedersi al tavolo piccolo in cucina per pranzo.

Io e Valerie facevamo i compiti al tavolo della cucina sotto l’occhio vigile di mia madre. Sembra che il tempo si sia fermato. Entro in cucina e mi viene voglia di sandwich tagliati a triangolo proprio come quando ero bambina.

«Non ti stanchi mai della tua vita?» chiesi a mia madre. «Non c’e mai un momento in cui ti andrebbe di fare qualcosa di diverso?»

«Come per esempio saltare in macchina e continuare a guidare finche non arrivo all’Oceano Pacifico? Radere al suolo la cucina? Divorziare da tuo padre e sposare Tom Jones? No, non penso mai a queste cose.» Tolse il coperchio dal piatto del dolce e guardo i suoi pasticcini. Meta al cioccolato con glassa bianca e meta alla vaniglia con glassa al cioccolato. Zuccherini di tutti i colori sulla glassa bianca. Bisbiglio qualcosa che al mio orecchio arrivo come pasticcini del cazzo.

«Come?» chiesi. «Non ho sentito.»

«Non ho detto niente. Vai a sederti.»

«Speravo che potessi accompagnarmi alle pompe funebri questa sera» mi disse la nonna. «C’e la veglia per Rusty Kuharchek da Stiva. Sono andata a scuola con Rusty. Sara una bella serata.»

Non avevo nient’altro da fare. «Certo, ma dovrai metterti dei pantaloni comodi. Ho la Harley.»

«Una Harley? Da quando hai una Harley?» domando la nonna.

«Ho avuto un problema con la macchina cosi Vinnie mi ha prestato una moto.»

«Ti proibisco di portare tua nonna su una motocicletta» disse mia madre. «Cadra e si ammazzera.»

Molto saggiamente mio padre non parlo.

«Non le succedera niente» garantii. «Ho un casco in piu.»

«E sotto la tua responsabilita» disse mia madre. «Se le succede qualcosa, ci vai tu a farle visita alla casa di riposo.»

«Forse potrei comprarmi una moto» riflette la nonna. «Quando ti ritirano la patente della macchina, il divieto di guidare vale anche per le moto?»

«Si!» urlammo tutti all’unisono. Nessuno voleva che nonna Mazur tornasse a girare in strada.

Mary Alice aveva cenato per tutto il tempo con la faccia nel piatto perche i cavalli non hanno mani. Quando alzo il viso, era una maschera di pure di patate e salsa. «Cos’e una lesbica?» chiese.

Rimanemmo tutti paralizzati.

«E quando una ragazza esce con le femmine anziche con i maschi» disse la nonna.

Angie si allungo per prendere il latte. «Si pensa che l’omosessualita sia causata da un cromosoma anormale.»

«Giusto quello che stavo per dire» disse la nonna.

«E i cavalli?» chiese Mary Alice. «Ci sono lesbiche anche tra i cavalli?»

Ci scambiammo delle occhiate. Eravamo imbarazzati.

Mi alzai dal mio posto. «Chi vuole un pasticcino?»

Capitolo 15

Per andare alle veglie serali, la nonna di solito si veste in modo elegante. Le piace indossare scarpe decollete di vernice nera e gonne a ruota, nel caso ci sia qualche bell’uomo da conquistare. In onore della motocicletta, quella sera si era messa pantaloni sportivi e scarpe da tennis.

«Mi servono dei vestiti da biker» disse. «Ho appena riscosso l’assegno della pensione e come prima cosa domattina vado a fare shopping, ora che so che hai questa Harley.»

Montai in sella alla moto. Mio padre aiuto la nonna a salire dietro di me. Girai la chiave dell’accensione, mandai su di giri il motore e le vibrazioni si trasmisero attraverso le marmitte.

«Pronta?» urlai alla nonna.

«Pronta» mi urlo in risposta.

Percorsi Roosevelt Street fino a Hamilton Avenue e in due minuti avevamo gia parcheggiato la moto davanti alle pompe funebri di Stiva.

Aiutai la nonna a scendere e le tolsi il casco. Si allontano dalla moto e si sistemo i vestiti. «Capisco perche alla gente piacciono le Harley» disse. «Ti danno una bella svegliata alle parti basse, vero?»

Rusty Kuharchek era nella sala numero tre e la scelta di quella collocazione indicava che la famiglia di Rusty era andata al risparmio. Le morti violente e quelli che acquistavano le bare di lusso in mogano, intagliate a mano e piombate erano degne di una veglia nella sala numero uno.

Lasciai la nonna con Rusty e le dissi che sarei ritornata di li a un’ora. L’appuntamento era davanti al tavolo dei biscotti.

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