Comisario Leon voleva vederlo subito. Sali in ascensore fino all'ultimo piano, contemplando il suo riflesso vago nei pannelli di acciaio inossidabile: era un uomo tenuto insieme da fili sottilissimi, non avrebbe opposto nessuna resistenza.
Dieci minuti dopo era di nuovo in ascensore. Il peso del comando gli era stato tolto dalle spalle, per compassione gli avevano concesso due settimane di congedo e al suo ritorno avrebbe dovuto sottoporsi a un controllo psicologico completo. Non aveva aperto bocca, era privo di difese. Nel suo ufficio mise in ordine la scrivania, trovando che non vi erano oggetti personali, solo qualche lettera che si infilo in tasca, e la rivoltella di ordinanza che avrebbe dovuto consegnare, ma che non restitui.
Alle sei del pomeriggio assistette al funerale di Pepe. Era presente tutta la comunita delle corride, con Paco in uno stato inconsolabile e incontrollabile, che singhiozzava rumorosamente, il viso nascosto tra le mani, le spalle scosse, gravate dal peso della tragedia. Piangevano tutti, i partecipanti al funerale, i lavoratori del cimitero, i fiorai, i passanti, i parenti in visita alle tombe, e il dolore era sincero; ma non era per Pepe Leal, uno sconosciuto o quasi per quella gente, dato che non era un grosso nome delle corride. La, in piedi, soffrendo a occhi asciutti tra gente che piangeva e tirava su col naso, Javier capi la vera ragione di quel dolore: era il pianto per una perdita personale. Si piangevano la gioventu, le prospettive, la salute, il talento perduti. La morte di Pepe Leal aveva, perlomeno temporaneamente, messo la parola fine alla possibilita. Percio Javier trovava di cattivo gusto piangere insieme a loro; e non aveva nemmeno intenzione di fermarsi dopo il funerale, sarebbe andato a casa, alla sua casa ferita e silenziosa e alla pietosa vacanza forzata.
Rimase seduto nel suo studio, ancora con l'impermeabile addosso, scarabocchiando su un foglio con una matita. Voleva andare via. Le corna di Biensolo avevano aperto uno squarcio nella Feria e Falcon voleva essere lontano di li per sanguinare sulla morte di Pepe. Prese una carta della Spagna, poso la matita su Siviglia e per tre volte la fece ruotare. Ogni volta la punta si rivolse direttamente a sud e a sud di Siviglia non c'era niente, a parte Barbate, un piccolo villaggio di pescatori. Ma al di la di Barbate, al di la dello stretto, c'era Tangeri.
Squillo il telefono, ma Javier non rispose: non aveva intenzione di accettare altre condoglianze.
La mattina seguente preparo la borsa da viaggio, infilandovi anche i diari non ancora letti, trovo il passaporto e chiamo un taxi per la stazione dei pullman alle spalle del Palacio de Justicia. Cinque ore e mezzo piu tardi, ad Algeciras, saliva a bordo del traghetto per Tangeri.
La traversata duro un'ora e mezzo, un intervallo di tempo che Falcon trascorse quasi completamente a osservare una versione marocchina di se stesso prendere i dati personali di un gruppetto di sei ragazzi immigrati illegalmente in Spagna e rimpatriati. Erano allegri, i turisti regalavano loro sigarette e gesti di incoraggiamento. Il poliziotto era fermo ma non scortese.
Tangeri gli comparve davanti attraverso la foschia senza far affiorare alcun ricordo. Il lungo inverno piovoso aveva rivestito la campagna circostante di un verde scuro, sontuoso, un colore che Falcon non aveva mai associato al Marocco. Trovo qualcosa di familiare nella cascata di case bianche e sgretolate all'interno delle mura della citta vecchia, una cascata che scendeva dalla casbah sulla cima dell'altura fino alla Moschea Grande, in basso. Al di la delle mura la
Il tassista lo porto dalla banchina all'hotel Rembrandt e cerco di fargli pagare 150 dirham per la corsa. L'antipatica discussione fini in modo disonorevole: meta della somma richiesta cambio di mano. Al banco della reception, ancora nel suo splendore di marmi anni '50, Falcon ritiro la chiave della camera 422 e sali, portandosi da solo il bagaglio.
L'albergo nel mezzo secolo trascorso aveva sofferto: mancava un pannello di vetro da una porta della camera, la vernice sugli infissi di metallo era scrostata, la mobilia aveva l'aria di essersi rifugiata li per sfuggire a un marito violento; ma la vista della baia era magnifica e Falcon, seduto sul letto, rimase a contemplarla a bocca aperta mentre pensieri di sradicamento totale gli attraversavano la mente.
Usci per mangiare qualcosa, sapendo che in quel paese si cenava presto, ma scopri che il Marocco era indietro di due ore rispetto alla Spagna e alle sei del pomeriggio era gia tutto chiuso. S'incammino verso place de France e di li, passando davanti all'hotel El Minzah, arrivo al Grand Soco ed entro nella medina attraverso il mercato, che lo porto in una strada non lontana dalla cattedrale spagnola. Da quel punto cerco di ricordare la strada per arrivare alla vecchia casa di famiglia, una via che doveva aver percorso migliaia di volte con sua madre. Ma non ricordava nulla e ben presto si smarri nel labirinto di vicoli finche, assolutamente per caso, si ritrovo davanti a un edificio che riconobbe.
Apri la porta una domestica che parlava soltanto arabo. Scomparve. Si presento poco dopo un uomo in un burnus bianco con babbucce di pelle ai piedi. Falcon si presento, spiego chi era e l'uomo rimase stupefatto. Era stato suo padre a comprare la casa, direttamente da Francisco Falcon. Javier fu accolto cordialmente e l'uomo, Mohammed Rachid, gli fece visitare l'abitazione, la cui struttura pareva esattamente com'era un tempo, con il fico al suo posto e la strana stanza dal soffitto alto con la finestra in cima.
Rachid invito Falcon a cena. Davanti a una grande terrina di cuscus, Javier spiego che sua madre era morta e si informo sulla possibilita che qualche vicino di quel tempo fosse ancora vivo. Venne mandato in giro un ragazzo con le istruzioni e dopo pochi minuti era gia di ritorno con un invito per il caffe nella casa accanto.
«La cosa insolita e che si presentarono
Falcon non riusci a controllare il tremito delle mani, nemmeno incrociando le dita con forza. Il sudore gli colava sulla faccia e la nausea lo assaliva ascoltando il racconto della tragedia, un racconto riferito a cuor leggero. Si alzo barcollando dai cuscini sul pavimento, rovescio la tazzina del caffe che non aveva bevuto. Mohammed Rachid si alzo a sua volta per aiutarlo.
Arrivarono insieme fino al posteggio del taxi di Grand Soco e una Mercedes ammaccata lo riporto all'hotel Rembrandt. Una volta uscito da quella casa, nella medina, aveva ritrovato la calma, aveva controllato il panico. Era successo soltanto che il racconto espresso con bonta dal vecchio gli aveva riportato tutto quanto alla memoria. L'orrore di quella mattina. Sua madre morta nel letto e l'indecoroso tumulto all'esterno. Si, rammentava… eppure vi erano ancora spazi vuoti e lui non aveva voluto che quell'uomo continuasse, perche… Non sapeva perche. Aveva soltanto voluto scappare via di li il piu in fretta possibile.
Tornato in albergo, si getto sul letto nella stanza buia e guardo il mare al di la delle luci della citta e del porto. Era in uno stato di assoluta desolazione, le membra scosse da brividi in uno spasmo di solitudine mentre tutto il dolore differito per la morte di Pepe affiorava alla superficie. Rannicchiato in posizione fetale cerco di tenersi stretto, contraendo i muscoli, perche temeva di andare in pezzi in modo irreparabile se non lo avesse fatto. Qualche ora dopo allento la tensione e si spoglio, prese una pillola per dormire e perse i contatti col mondo.
La mattina era quasi completamente trascorsa quando riapri gli occhi. Non c'era acqua calda. Sotto la doccia fredda si rese conto d'un tratto che stava piangendo, un fiume di lacrime che non riusciva ad arrestare. Le mani abbandonate lungo i fianchi, scosse miseramente la testa: il suo corpo era ormai sfuggito del tutto al controllo.
Cammino fino a place de France e si fermo al Cafe de Paris per un caffe. Da li si reco al consolato spagnolo e, mostrando il tesserino della polizia, chiese se a Tangeri vi fosse ancora qualcuno vissuto li verso la fine degli anni '50, inizio degli anni '60. Gli dissero di provare nel ristorante Romero e di chiedere di Mercedes.
Il ristorante era in un giardino incuneato fra due strade che conducevano a una rotonda. Apri la porta un uomo anziano in giacca bianca e fez con evidenti problemi di respirazione e Javier lo segui al tavolo. Un cane pechinese si mise ad abbaiare, facendolo sussultare con i suoi latrati penetranti.
Ordino una bistecca e chiese di Mercedes Romero, e il vecchio indico una donna anziana, ben pettinata,