credere che alla base di tutto ci sia la miniera.»
«Non mi mettero a discutere con te», disse Nikki, svuotando la sua seconda tazza di caffe. «Inoltre, chi sono io per mettere in dubbio l’acume clinico di un medico che salva la vita dei suoi pazienti con un preservativo?»
Il motel
«Su, solleva la lingua», le ordino Matt. «Voglio misurarti la febbre.»
«Voglio dormire, ho bisogno di dormire.»
«Lo so, ancora un minuto.»
Matt infilo il termometro digitale sotto la lingua: 38,5. Prese lo stetoscopio e le ausculto torace e schiena: alcuni crepitii indicavano una leggera polmonite, ma nulla che necessitasse di cure immediate.
«Salta su», mormoro Nikki. «Mi hai salvato la vita due volte in due giorni. Questo vuol dire che non devi dormire sul pavimento.»
«Cerchero di non scalciare troppo.» Matt spense la luce, ma un po’ di luminosita filtrava attraverso le tende sottili come garza. Si mise sulla schiena vicino a lei e tiro le lenzuola e la sottile coperta su entrambi. «Sai», continuo, «non ho fatto che cercare di immaginare come Kathy possa essere rimasta esposta alle tossine della miniera. Potrebbe essersi trovata nel posto sbagliato nel momento di una fuoriuscita particolarmente densa. Forse anche gli altri due casi si trovavano la proprio in quel momento. Pensi sia possibile?… Nikki?»
Aveva gli occhi chiusi e respirava in modo affannato ma regolare. Aveva resistito il piu tenacemente e il piu a lungo possibile.
Matt si giro sul fianco e, per un po’, osservo il suo viso nella fioca luminescenza, inspirando il suo profumo.
«Buonanotte, amica mia», sussurro infine. «Te lo prometto, la prossima volta andiamo in un bel museo tranquillo.»
«Ecco un’altra contrazione.»
«Sto bene… Sto bene, Donny… e passata. Bazzecole… bazzecole… e passata.»
Amici e parenti le avevano detto quanto sarebbe stato duro. Quanto doloroso. L’infermiera responsabile del corso per puerpere aveva iniziato la lezione sul travaglio e il parto dicendo: «Chi l’ha chiamato travaglio, l’aveva chiaramente sperimentato».
Sherrie Cleary, dopo nove ore di doloroso travaglio, concentro i suoi pensieri su tutti i discorsi apocalittici e pessimistici che aveva sentito e sorrise. Certo, le contrazioni facevano male. A volte, un male d’inferno. Ma il dolore era solo quello, si ripeteva di continuo, niente di piu, e lei ancora resisteva. A ventisei anni, questo era il primo figlio e non sarebbe stato l’unico. Suo marito, Don, che lavorava in una carrozzeria, aveva ottenuto un buon aumento di stipendio e lei, grazie a una gravidanza senza problemi, aveva potuto continuare il suo lavoro di cameriera fino a tre settimane fa. Vivevano ancora nel quartiere di case popolari Anacostia, ma quelli di Fannie Mae (Federal National Mortgage Association) pensavano che entro poco lei e Don avrebbero avuto i requisiti per ottenere un’ipoteca. Qualcuno poteva forse biasimare il suo desiderio di avere altri figli?
Margie Briscoe, la levatrice, entro nella sala parto, controllo il monitor del bebe, quindi si avvicino al capezzale.
«Tutto bene», confermo. «Come te la stai cavando, Sher?»
«Sopporto le contrazioni, almeno per ora, ma sto perdendo la pazienza.»
«Non saresti normale se non fosse cosi. Su, fatti visitare. Rilassati e lascia cadere di lato le ginocchia… Perfetto… Sei anche ben distesa. Grazie a tutta la preparazione che hai fatto, non credo che dovremo fare una episiotomia.»
«Fantastico.»
«Non durera ancora molto, mia cara.»
«Bene.»
«Sei sempre decisa a chiamarla Donelle?»
«Donelle Elizabeth Cleary. Se fosse stato un maschietto l’avremmo chiamato Donald Junior. Elizabeth e il nome di mia nonna.»
«Un nome bellissimo.»
«Sara una bellissima bambina. Oh, Donny, eccone un’altra… Mio Dio… Oh, questa e peggiore della altre… No, aspetta… Oh, Signore, fa’ che sia molto peggiore… Oh!»
Margie pose le mani sulla pietra, grossa come una palla da pallavolo, che era l’utero che si contraeva di Sherrie e fisso il monitor che rivelo solo il previsto rallentamento del battito cardiaco fetale. Un minuto, due, tre. Sherrie continuava a gemere e ad ansimare.
«Io… non… so… se… posso… Aspetta, aspetta, sta andando un po’ meglio. Sta scomparendo. Oh, mio Dio…»
«La contrazione tornera subito», esclamo Margie, «perche sta accadendo! La piccola Donelle sta per arrivare. Don, per favore, chiama Sue e dille che e ora. Sherrie, ti massaggero un po’ la pelle per distenderla e aiutare la piccola a uscire… Brava. Ce l’hai fatta, Sher. Sei arrivata fino in fondo senza farmaci. Continua a respirare rapidamente e preparati a spingere. Tutti, al loro posto? Sue, il pediatra sta arrivando?… Fantastico. Don, infilati questi guanti, vieni qui e prendi il mio posto. Io resto vicina a te. Farai nascere tu questa bambina. Pronto?»
«Io… io credo di si.»
«Sarai bravissimo. Sherrie, preparati a spingere. Ecco, sta uscendo la testa. Spingi, Sherrie, spingi!… Eccola qui, Don. Prima la testa, ora tirero fuori una spalla. L’hai afferrata?… Bene! Ora l’altra spalla, ed eccola qui. Bellissima. Proprio splendida. Le ventuno e quindici. Sue, aspirazione, per favore.»
Le urla piagnucolose di Donelle Elizabeth Cleary riempirono la sala parto. Don Cleary, che aveva il fisico muscoloso e lo stoicismo di uno scaricatore portuale, stava piangendo quando l’infermiera prese sua figlia, l’avvolse e la depose sul petto di Sherrie, che era raggiante come il sole di mezzogiorno, le guance solcate da lacrime.
«Ve l’avevo detto», disse a tatti e a nessuno in particolare. «Ve l’avevo detto che sarebbe stata una cosa incredibile.»
Tre ore dopo, quando Sue entro nella sua stanza, Sherrie stava dormicchiando, ma sorrideva ancora. Suo marito, seduto davanti alla culla di vimini, fissava, colmo di soggezione, la perfezione che era sua figlia.
«Sherrie, tesoro, svegliati», le intimo dolcemente Sue. «C’e qualcuno per te, una persona molto speciale. Ecco, ti passo sul viso un panno freddo. Bene. Sei sveglia?»
«Sono sveglia. Che succede?»
«Signor Cleary, e sveglio?»
«Certo. Chi c’e?»
«Ve lo direi, ma credo che dovrete scoprirlo da soli.» Corse alla porta e grido: «Sono pronti».
La moglie del presidente degli Stati Uniti, da sola, entro nella stanza e si diresse subito da Sherrie. L’espressione sui volti di Sherrie e Don fece capire che non era necessaria alcuna presentazione.
«Signora Cleary», si presento ugualmente la visitatrice, «sono Lynette Marquand. Congratulazioni per la sua splendida bambina. Anche a lei, signor Cleary.»
«Grazie», riusci a dire Sherrie. «Grazie. Sono realmente sorpresa.»
«E un piacere per me essere qui in questa occasione tanto gioiosa», ribatte Lynette. «Signor Cleary, signora Cleary, ho delle splendide notizie per voi.»
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