«Pronto?»
«Rudy, ciao, sono io.»
«Chiami dalla grande citta?» le chiese, con un finto tono nasale.
«DuPont Circle.»
«Cosa hai scoperto?»
«Sei casi in tre anni, Rudy. Questo e il totale di americani rimasti infetti dalla febbre di Lassa nella Sierra Leone. Sei. Tre lavoravano in ospedali.»
Rudy fischietto.
«Non penso di avere bisogno della mia laurea in statistica per sapere che non sono molti rispetto a quelli contagiati su quei voli», commento.
«Penso proprio di no. Strawbridge mi ha dato anche le diciotto liste. Ho gia contattato una delle pazienti del tuo elenco. Vive nei paraggi di Chicago.»
«Vai a trovarla?»
«Certo.»
«Sono d’accordo.»
«Rudy?»
«Si?»
«Io… io vorrei che tu venissi con me.»
«Ehi, grazie di cuore. Quando pensi di andarci?»
«Oggi. Questo pomeriggio.»
«Oh, maledizione. Mi spiace, El, ma devo tenere una conferenza a scuola e dare anche una lezione privata. Temo che anche domani non vada bene. C’e questa famiglia di immigranti russi cui insegno a leggere e a scrivere l’inglese. Potrei spostarli a un altro giorno se riuscissi a contattarli, ma non hanno telefono e…»
Ellen osservo una coppia coccolarsi su una panchina di fronte a lei, e senti un nodo in gola.
«No, no. Per piacere, non cambiare i tuoi piani», riusci a dire. «Andra tutto bene. Volo a Chicago e torno in giornata e questa notte o domattina presto vengo su da te.»
«Hai ragione. Andra tutto bene. Chi e la donna? Dove vive?»
«Vive a Evanston. Si chiama Serwanga. Nattie Serwanga.»
24
Il gigantesco assassino attraverso la stanza con sorprendente leggerezza e si avvicino a Nikki che dormiva. La donna apri lentamente gli occhi, ma era troppo tardi. Prima che potesse emettere qualunque suono, l’uomo le chiuse la bocca con un palmo enorme, carnoso. Le mise il ginocchio sul fondo schiena e premette sempre piu contro la spina dorsale, finche lei capi che stava per spezzarsi in due.
Per piacere, no! Per favore, basta! grido la sua mente. Non voglio restare paralizzata!
Era chiaro che il paralizzarla era solo una parte di cio che l’uomo aveva in mente. Aveva gia cercato di ucciderla e non c’era riuscito. Non avrebbe fallito di nuovo. La faccia a luna piena si gonfio in un sinistro sorriso mentre le afferrava il mento e le tirava indietro la testa. Il ginocchio le stava trapassando il corpo.
Nikki si sveglio confusa e disorientata, le dita strette attorno al cuscino. L’aria in quella strana stanza era densa e stagnante. Poi, mentre si sforzava di calmarsi, senti il regolare respiro dell’uomo che giaceva accanto a lei. Stupita, si mise seduta, cercando di ignorare le mine terrestri che esplodevano dietro i suoi occhi. La vista di Matt Rutledge che dormiva profondamente, il viso sereno e disteso, spazzo via l’ultimo di una serie di estremamente vividi e spaventosi incubi. Un pezzo alla volta, gli eventi della notte appena trascorsa scivolarono al loro posto. L’uomo disteso accanto a lei, il suo medico, l’aveva salvata da sicura tortura e probabile morte, era arrivato in sella alla sua motocicletta e le aveva salvato la vita. Si chiese se la sua copertura assicurativa tenesse conto anche di questo servizio.
Nella minuscola camera c’era un letto che avrebbe dovuto essere piu grande di un letto matrimoniale, ma che sembrava piu piccolo, e una sedia di vimini bianca con schienale a ventaglio. C’era inoltre un piccolo comodino a tre cassetti su cui erano poggiati alcuni vestiti ben piegati. Nikki raggiunse con passo felpato il minuscolo bagno, si lavo il viso con acqua fredda, quindi si spazzolo denti e capelli con oggetti da toilette nuovi di zecca che sembrava la stessero aspettando. Sulle braccia, una gran quantita di lividi provocati dalle fleboclisi, dai prelievi di sangue e Dio solo sapeva che altro. Sopra l’orecchio destro correva un’escara morbida e grossa, lunga almeno cinque centimetri. Aveva l’impressione di sapere cosa l’aveva causata, ma non riusciva a focalizzare la mente su nulla di specifico.
Torno in camera da letto, si sedette sulla sedia in vimini e lascio cadere pesantemente i piedi sul letto. L’impatto fece sobbalzare Matt, che continuo, tuttavia, a giacere imperturbato, un sorrisetto sulle labbra indicava quanto il suo sogno fosse diverso da quelli che avevano tormentato lei. Aveva calciato di lato le lenzuola e giaceva con indosso i pantaloni di una tuta, nudo dalla cintola in su. Aveva la vita piena e le spalle larghe di un atleta non piu in pieno rigoglio che cercava comunque di mantenersi in forma. Non era mai stata attirata da uomini che portavano i capelli a coda di cavallo, ma la sua pareva adattarsi perfettamente ai suoi lineamenti marcati. Nel complesso non era bello come un attore del cinema, ma aveva quelle fattezze fisiche che piacevano a lei, e… le aveva appena salvato la vita. S’inginocchio accanto al letto ed esamino il tatuaggio sul deltoide. Rappresentava, cosa aveva detto Matt? un biancospino, lungo circa cinque centimetri, e splendidamente riprodotto, per quanto ne capiva. A causa del suo stesso insolito tatuaggio, prestava sempre attenzione a quelli degli altri. Era la prima volta che vedeva tatuato un albero. Comprese che c’era qualcosa dietro quell’albero. Alzo la testa e i suoi occhi si ritrovarono a pochi centimetri da quelli di Matt. Senti il suo respiro e si aspetto che lui reagisse in qualche modo alla sua vicinanza. Niente. Continuo a dormire e, a giudicare dall’espressione serena, a sognare.
L’orologio sul cassettone segnava le sette e mezzo, il che corrispondeva piu o meno alla luce che filtrava attraverso le tende. Penso che svegliare il suo nuovo compagno di stanza avrebbe richiesto un attacco frontale, ma non subito. Si rimise a sedere e comincio a riordinare cio che ricordava degli eventi strani e terribili che erano successi dopo la sua partenza da Boston. Una cosa, forse l’unica, era chiara: Kathy Wilson era al centro di cio che stava succedendo. Era una di almeno tre persone di Belinda con una sindrome strana, spaventosa e letale. Matt era convinto che quell’insolito insieme di sintomi fosse causato da esposizione a materiale tossico. La sua teoria valeva quanto qualsiasi altra, soprattutto ora, dopo la scoperta dell’enorme discarica di rifiuti tossici nella caverna vicino alla miniera di Belinda. Qual era pero il collegamento di Kathy con la miniera? E come mai il capo della polizia aveva assoldato degli uomini per uccidere Nikki e in seguito era parso tanto interessato a sapere con chi Nikki avesse parlato della malattia di Kathy?
Al momento non aveva idea di come rispondere alle sue stesse domande. Conoscendo, tuttavia, Joe Keller come lo conosceva, se lo studio anatomico del sistema nervoso di Kathy poteva rivelare un indizio, lui l’avrebbe scovato. Sul comodino c’era un telefono con un biglietto appiccicato che diceva che le telefonate locali erano gratis e quelle a lunga distanza dovevano essere fatte a carico del destinatario o con carta di credito. Trattenendo il fiato, compose il prefisso per la chiamata a carico del destinatario e il numero che sperava di ricordare fosse quello della linea diretta di Joe Keller. Se l’orologio era preciso, il suo capo era nello studio gia da un’ora, forse due, a sorseggiare caffe nero e denso e a risolvere enigmi anatomici e biochimici.
«Che Dio ti benedica», mormoro appena senti la sua voce accettare la chiamata con un «si».
«Joe, sto bene», disse subito.
«Grazie a Dio. Eravamo tutti preoccupati. Ci siamo addirittura rivolti alla polizia.»
Nikki stava per spiegargli che un capo di polizia era responsabile dei suoi guai, ma si interruppe di colpo. L’avrebbe fatto in seguito.
«Sto tornando a casa. Dovrei arrivare sul tardi questa sera.»
«Bene.»
«Joe, ho avuto dei problemi nel West Virginia proprio a causa della mia amica Kathy, quella cui hai fatto l’autopsia.»
«Che genere di problemi?»
«Ci sono due casi laggiu che sembrano uguali al suo, neurofibromi e psicosi paranoide progressiva.»
«Perbacco, che notizia», esclamo Keller. «Vedi, il tuo istinto era assolutamente giusto in questo caso. Stavo