«C’e un uomo, Fred Carabetta, all’OSHA di Washington, l’ente per la sicurezza e la salute sul lavoro, che mi deve un favore per una perizia che ho fatto per lui alcuni anni fa. La cosa migliore sarebbe chiamarlo reclamando il mio credito e portarlo con noi in quella discarica. Una volta riusciti a convincere un agente dell’OSHA, potremmo avviare pressioni legali contro la BC C.»
«Se quel deposito e ancora la.»
«Questo, nipote, sai bene che non possiamo controllarlo. E la regola numero due del tuo Manuale della Gioventu…»
«… del Padrino. Lo so, lo so. Regola numero uno: il ‘non si puo’ non esiste. Regola numero due: se non puoi controllare qualcosa, non lasciare che sia essa a controllarti.»
«Bravo. Sono orgoglioso che tu non abbia dimenticato le regole del manuale dopo tutti questi anni.»
«Solo perche me le declami tutte le volte che ne hai l’occasione.»
«Sono felice, allora, che tu mi abbia sempre prestato attenzione. Senti, Matt, vedro cosa posso fare con Fred Carabetta. Come posso mettermi in contatto con te?»
«Telefona a casa mia e lascia un messaggio sulla mia segreteria telefonica. La controllero spesso e ti richiamero immediatamente.»
«E io chiamero anche quel coroner di Boston. Forse mi dira qualcosa su quello speciale colorante che ha usato.»
«Ti sono rimasti dei tessuti dei due minatori?»
«Credo di si.»
«Per favore, non parlare con nessuno di Grimes, finche non avremo la possibilita di parlare tra noi, d’accordo? E piu pericoloso di quanto credi.»
«Se sei tanto sicuro, perche non vai semplicemente alla polizia a denunciarlo?»
«Nikki vorrebbe farlo, ma sono riuscito a dissuaderla, per ora almeno. Da cio che ho sentito, la polizia e una confraternita molto unita. Nessun poliziotto ci ascolterebbe ne correrebbe subito a Belinda per sbattere Bill Grimes contro il muro a braccia in alto e gambe larghe. E, una volta usciti all’aperto, lui ci avra nella sua rete nonostante cio che dichiariamo. Per ora, preferirei aspettare.»
«D’accordo, come vuoi. Ma sii prudente. Ti telefonero di nuovo piu tardi. A proposito, questa mattina sono andato a trovare tua madre. Sta peggiorando.»
«Lo so. L’ho vista ieri per alcuni minuti. Non ci vorra molto prima che abbia bisogno di assistenza totale. Me ne occupero quando questa faccenda sara sistemata. Senti, Hal, grazie per il tuo aiuto, con mia madre e con questa storia.» «Sei sulla pista giusta, Matt, ne sono certo.» «Anch’io, zione. Anch’io.»
Nikki diede alle frittelle un bell’otto. Matt sostenne di avere divorato la sua omelette spagnola troppo rapidamente per poterle dare un punteggio. Lascio a Grace una mancia che era il doppio del prezzo della colazione e un biglietto in cui la ringraziava per avere presieduto le loro smancerie mattutine.
«Sai cosa mi conforta veramente?» chiese mentre si dirigevano alla Harley. «Sono realmente felice che quei tipi non ti abbiano uccisa.»
«Ehi, sai proprio cosa dire a una ragazza, romanticone. E bello sapere che abbiamo qualcosa in comune. Anch’io sono felice che non mi abbiano uccisa.»
Si allungo sopra la moto e lo bacio tanto intensamente da guadagnarsi un colpo di clacson da un camionista che passava. Si era appena staccata da lui che sentirono alcune timide gocce di pioggia. Quindici minuti piu tardi stava piovigginando intensamente. Matt trovo uno spaccio Wal-Mart alle porte di York e acquisto con la carta Visa impermeabili per entrambi, ma, per le successive cinque ore, il viaggio prosegui lento e disagevole. Pensarono anche di fermarsi da qualche parte per la notte e proseguire l’indomani, ma Nikki non vedeva l’ora di arrivare a casa. Quando le nuvole si diradarono, erano ancora a parecchie ore da Boston, essendo stati rallentati dal traffico dell’ora di punta attorno a New York. Alle nove Nikki chiamo lo studio per avvisare Joe Keller che erano in ritardo e che non sarebbero arrivati prima delle undici, ma nessuno rispose.
«O e alle prese con un’autopsia o e andato a cena», commento Nikki. «Non avrei dovuto dirgli quando saremmo arrivati, non ci avrebbe aspettati, ma, avendoglielo detto, sono certa che sara la.»
Matt sfrutto quella pausa per chiamare la sua segreteria telefonica. Vi erano due messaggi. Il primo, di Mae, riferiva che non si era saputo nulla della sua paziente, la dottoressa Solari, e che lei era preoccupata non avendolo sentito tutto il giorno e sperava che stesse bene e che la sua assenza non fosse causata da nulla di piu grave del comportamento stravagante che aveva manifestato ultimamente. Il secondo messaggio era di Hal.
«Buone notizie, Matt. Non fantastiche, ma buone. Fred Carabetta non vuole impegnarsi in alcuna azione concernente la miniera, ma sara lieto di incontrarci nel suo ufficio. Domani alle tre del pomeriggio. Al 200 di Constitution Avenue. Ovunque tu sia, spero riesca a farcela. Chiama e conferma.»
Matt lascio un messaggio sulle segreterie telefoniche dello zio a casa e in ufficio, dicendo che ci sarebbe stato, quindi ne lascio uno sulla sua segreteria telefonica per Mae, dichiarando che stava bene e che si sarebbe messo in contatto con lei. Dopo avere agganciato, racconto tutto a Nikki.
«Domani riportero la motocicletta a Washington», concluse. «Vuoi venire con me?»
«Accumuli dei punti per i chilometri su questo coso?»
«Il doppio andando a Washington. E uno shuttle.»
«Grazie. Voglio realmente stare con te, ma per il momento penso di dover rimanere qui. In primo luogo, ho l’impressione che il mio corpo non accetterebbe altri strapazzi; in secondo luogo, questo mio lavoro di fare a pezzi gente defunta e ben pagato, ma solo se lo faccio. E quello che dice il mio contratto.»
«Capisco. Tornero appena avro concluso questa faccenda con la miniera.»
Erano quasi le undici quando imboccarono l’autostrada sudorientale verso le luci tremolanti di Boston. Non pioveva piu e l’aria era fresca e frizzante.
«Sei mai tornato qui dopo l’internato?» domando Nikki. «No», rispose senza girarsi. «All’inizio, appena tornato a Belinda, lavoravo come un matto al pronto soccorso, poi come un matto per aprire lo studio medico privato. Ginny si e ammalata poco dopo, e non ha mai avuto un periodo di remissione. Dopo la sua morte, e stato anche troppo difficile per me trovare la forza di alzarmi e andare in ambulatorio, per non parlare di un viaggetto nostalgico a Boston. La citta comunque mi era piaciuta, molto.»
Lo studio del medico legale era situato appena fuori dall’autostrada. A parte la bassa illuminazione notturna, l’edificio a tre piani era buio. Nikki suono il campanello all’entrata una decina di volte, e ambedue sentirono il trillo riecheggiare nell’ampio vestibolo, ma non videro alcun movimento.
«Strano», osservo Nikki, «di solito c’e un guardiano tutta la notte. In ogni caso, Joe lavora spesso fin dopo la mezzanotte. Sapendo che stiamo arrivando, mi riesce difficile credere che sia andato a casa.»
«Forse non si sentiva bene», azzardo Matt. «Forse. La porta d’entrata si apre con una scheda magnetica che purtroppo e nel West Virginia tra le mie cose. Vi e pero una porta di sicurezza sul retro con tastierino. Anche l’ufficio di Joe e sul retro, forse sentira il cicalino.»
Matt la segui lungo un vialetto fiocamente illuminato fino al retro dell’edificio.
«Vedi, quello e l’ufficio di Joe, quella luce lassu al secondo piano. Sapevo che era qui.»
«Avevi ragione a dire che non ci sentiva. Che edificio lungo, sembra una specie di portaerei.»
Nikki batte il codice ed entrarono sul pianerottolo della scala in cemento, lugubremente illuminato dalla rossa scritta USCITA. L’aria era imbevuta del tipico, anche se non forte, odore di formaldeide. Con Matt alle sue spalle, Nikki sali al secondo piano e apri la porta che dava in un corridoio coperto di moquette con uffici a entrambi i lati.
«Joe, siamo noi», grido.
Busso alla porta contrassegnata JOSEF KELLER, CAPO MEDICO LEGALE, quindi l’apri. L’ufficio era illuminato da un impianto fluorescente sul soffitto e una lampada da tavolo. Joe Keller era alla sua scrivania, le spalle rivolte alla porta.
«Joe», inizio Nikki, «Perche non hai…?»
S’interruppe nel vedere il sangue sulla moquette. Corse alla sedia e lancio un urlo. La scrivania era schizzata di sangue scuro e coagulato, come pure il viso e i vestiti di Joe Keller. La testa era china sul petto, Nikki la sollevo dolcemente, mostrando un volto malconcio con un foro di proiettile appena sopra il naso. Gli occhi di Joe erano spalancati e resi vitrei dalla morte. Da un orecchio penzolavano gli occhiali dalla montatura in filo metallico.
«Guarda», esclamo Matt, indicando la mano destra di Keller, poggiata sul grembo dell’uomo morto.
L’indice era stato troncato di netto all’altezza della nocca mediana.