signora?»
«Esatto, Burt. E la tua notte come va?»
«Sta finendo.»
Burt era l’unico impiegato di colore del Seattle Fairview, a parte il tanto decantato Big Ron, il portiere del turno diurno. A Katelyn piaceva Burt: aveva il doppio degli anni di chiunque altro nel libro paga e lavorava il doppio, anche alle tre del mattino. Se capitava di incontrare Burt, si poteva essere sicuri che stava facendo qualcosa. L’idea di vederlo con le mani in mano era inconcepibile.
Dopo essersi sincerato che la donna era al sicuro dentro l’ascensore, Burt strizzo un occhio e spinse il carrello, in cerca di qualcosa da sistemare, da riattaccare o da staccare. Katelyn lo osservava mentre le porte si richiudevano. Era anche lui un lavoratore notturno e qualcosa le diceva che doveva provare la stessa sensazione di essere in una posizione privilegiata. Non glielo aveva mai chiesto perche, be’, perche non si fa. Oppure era troppo semplice? Credeva forse che una simile osservazione andasse al di la dei limiti del loro rapporto di lavoro? E se era cosi, perche? Diceva qualcosa di sconveniente su di lei? I rapporti gerarchici erano per lei piu importanti di quanto credesse? Lo stava trattando con condiscendenza senza rendersene conto, non prendendolo sul serio perche era anziano o…
Cristo, ormai era troppo tardi.
Sapeva che questo non era un lavoro di competenza del direttore di notte. In alcuni alberghi era il fattorino a farlo, era l’ultimo incarico prima che staccasse: oppure, se c’era il servizio in camera ventiquattr’ore su ventiquattro, qualche volta il cuoco notturno inseriva la segreteria telefonica nell’ora morta, intorno alle quattro del mattino, e andava a prendere i menu lui stesso, molto probabilmente girando per i corridoi con i pantaloni calati, a giudicare dai cuochi notturni che aveva conosciuto. Una camera chiedeva che i menu venissero appesi alla porta alle sei, non alle due, e quello sarebbe stato il primo incarico del giorno per il personale che poi avrebbe portato quelle stesse colazioni ai piani superiori. Quello le sembrava sbagliato. Potevi pensare che la colazione fosse il primo evento del nuovo giorno, ma non era cosi. Non per i clienti. Era l’ultima cosa. Ritornavano scorbutici da una serata passata in una citta che non conoscevano, o con un’espressione stralunata se facevano piu tardi. A Katelyn piaceva immaginarli mentre si toglievano le scarpe e si sedevano sobriamente al piccolo tavolo di cui era dotata ogni stanza, oppure distesi sul letto in preda al singhiozzo, afferrare una penna a sfera e concentrarsi per annotare la loro prenotazione. Quando eri in vacanza, o fuori per lavoro, l’arrivo della colazione era di importanza fondamentale. Ti ricordava chi eri — o chi credevi di essere, almeno, nel bel mezzo della notte e con il vino che ti usciva dalle orecchie.
Katelyn la pensava cosi. Aveva cercato di spiegarlo a uno dei ragazzi della reception, e quello l’aveva guardata come se avesse parlato cinese. Alcuni di loro avevano quell’atteggiamento qualsiasi cosa lei dicesse. Raramente i direttori di notte erano donne. Forse questo dipendeva dalle responsabilita legate alla funzione, forse dal fatto che di notte dovevano affrontare strane situazioni — spiegare a chi non era cliente che non c’era un servizio di taxi verso i sobborghi; dissuadere occhialuti uomini d’affari dal portare in albergo donne che erano troppo palesemente delle puttane; trovare qualcuno che pulisse l’ascensore centrale dal vomito (la gente vomita sempre in quello centrale; nessuno sapeva il perche, nemmeno Burt). La maggior parte dei direttori di notte non aveva prospettive di carriera. Erano come dei camerieri a vita, fuori passo con il mondo. Arrivavano alle nove, o quando quel particolare hotel giudicava che l’attivita fosse scemata, si sistemavano nell’ufficio sul retro e bevevano caffe. Se erano fortunati, continuavano a farlo fino al sorgere del sole, sacrificando di tanto in tanto un minuto per controllare che la manutenzione, le pulizie e il riapprovvigionamento venissero fatti da persone che prendevano uno stipendio che era la meta del loro. Se c’era un incendio comandavano a bacchetta le persone fino a quando il problema non era risolto, dimenticato o soppiantato, quindi tornavano a sfogliare le riviste. All’alba si dileguavano come la rugiada, tornavano al loro appartamento o casetta per dormire durante il giorno come vampiri paffuti.
Katelyn non era cosi. Mentre l’ascensore saliva nella notte, la vista di se stessa riflessa negli specchi avvolgenti la rassicuravano di essere giovane, femminile e attraente. Okay, non giovane. Cancelliamolo. Aveva una pelle delicata, pero, e capelli che richiedevano pochissimi ritocchi di colore. Aveva un naso deciso. Con il suo vestito antracite aveva un’aria professionale. La sua presenza li non era necessaria. Forse non era opportuna. Potevi entrare a far parte della direzione di un albergo senza avere alcuna esperienza, ma aveva gia lavorato abbastanza per sapere che niente valeva quanto la pratica effettuata sul campo. Durante le ore del giorno un hotel assomigliava a un enorme motore, mosso dal suo principio interno. Certo, non appena oltrepassavi il bancone della reception e superavi un paio di quelle porte con la scritta «Privato», ti rendevi conto che non era proprio cosi. Realizzavi che un hotel era il risultato della collisione frontale di migliaia di elenchi di cose «da fare» portate a compimento a diverse velocita; che era un computer di carne e pietra su cui giravano diciassette programmi diversi in contrasto tra loro (alcuni nuovi e funzionanti, altri vecchi e pieni di difetti), e che un blocco totale del sistema era sempre dietro l’angolo. Sussisteva tuttavia una certa inerzia, la sensazione di un ecosistema che tirava avanti solidalmente, una squadra di staffettisti che conduceva una gara senza fine.
Di notte era diverso. Il sistema nel suo complesso andava in stand-by e tu diventavi piu consapevole dei singoli ingranaggi: i tavoli, le sedie, le brillanti lampade a muro che regalavano riposo e luce soffusa solo a se stesse. Gli ascensori che potevano decidere di punto in bianco di andare su e giu, senza nessuna ragione, sferragliando e sibilando nelle ore piccole. Ma soprattutto, l’edificio stesso, con i suoi lunghi corridoi e gli imponenti archi, percorsi dal rumore bianco delle apparecchiature a riposo. Gli hotel pullulano di vita. Negli hotel si discute. La quantita di azione di cui e testimone un hotel di media categoria di una citta procurerebbe un esaurimento nervoso a una casa normale dopo un giorno. Nelle ore notturne l’edificio aveva un po’ di tempo per se, per elaborare i suoi pensieri grandi e lenti. Camminare per le sale in quei momenti era come sedersi al buio insieme a un grande animale fatto di mattoni e ascoltarlo mentre respirava.
E forse era quello il motivo per cui la maggior parte dei direttori notturni non erano donne. Katelyn sapeva che avrebbe dovuto essere a casa, a dormire e ad ascoltare il respiro di un altro essere umano. Un gatto non contava, indipendentemente da quanto lei gli volesse bene. Doveva essere il respiro di un bambino o almeno quello di un uomo. Nel suo appartamento si poteva ascoltare quello che si voleva, ma non c’era nulla da sentire. Doveva smettere di farsi delle illusioni.
Le porte dell’ascensore si aprirono al sesto piano e lei usci con il passo tipico del direttore di notte. Sei piani non erano poi cosi tanti, ma il Fairview non ne aveva altri. Recentemente Katelyn ne aveva discusso con un cliente scontento, che si era aspettato di trovare una vista simile a quella godibile da uno degli alberghi gemelli della stessa piccola catena a Vancouver. In quella citta il Bayside aveva ventidue piani e una vista stupenda sulle montagne al di la della Burrand Bat — Katelyn lo sapeva perche c’era stata per un corso di formazione. A Seattle c’erano hotel con panorami piu stravaganti, ne aveva convenuto, ma non con la stessa attenzione alla qualita del servizio. L’uomo l’aveva incenerita con lo sguardo, consapevole che gli erano stati ribattuti degli slogan da depliant, anche se poi, quando aveva lasciato l’albergo, aveva l’aria piuttosto soddisfatta. Era un tipo un po’ strano comunque: entrambe le mattine aveva ordinato un piatto di frutta insieme a dei salatini con la salsiccia, il che dava l’idea di conflitti interiori non risolti.
L’aria era immobile e calda. Katelyn percorse i corridoi silenziosi, ricoperti di tappeti, seguendo tre lati di un piccolo quadrato. Avanti, di lato, indietro. Non c’erano molti menu. I weekend in quel periodo dell’anno erano tranquilli. Al quinto piano c’era un coppia di turisti — e dato che li aveva visti ritornare barcollando nella loro stanza dopo mezzanotte, Katelyn era curiosa di vedere cosa avevano ordinato — ma per la maggior parte si trattava di uomini d’affari. Gente che si sarebbe alzata presto e tra le sette e le otto e mezzo avrebbe consumato nella sala della colazione il caffe di Starbucks e i croissant messi a disposizione. In turto il piano la donna trovo solo dodici ordinazioni, prevalentemente per la versione proposta della colazione con due uova. Niente di molto interessante, sebbene ci fosse una richiesta per i fiocchi d’avena che la fece sorridere. L’ospite in questione era un tipo massiccio e non gradiva l’avena, solo che si stava comportando bene. Sua moglie sarebbe stata orgogliosa — ammesso che gli credesse e che la cosa fosse mai venuta fuori, il che non sarebbe accaduto eccetto nel contesto di una conversazione in cui lui era destinato a soccombere. Se fosse dipeso da lui, si sarebbe preso la colazione maxi. Comunque, buon per lui.
Arrivata in fondo, si volto per controllare di non aver dimenticato nulla e poi apri la porta del vano scale. Il ricco tappeto si fermava proprio all’altezza dell’altro lato della porta, una misura di riduzione dei costi che lei aveva