Io scrollai le spalle. «Non devo andare da nessuna parte in particolare.»
«Bene. Volevo chiederti un altro favore.»
Quando Nina fu uscita, mi feci dell’altro caffe. Era una bella sensazione essere in una casa, anche se quella di Nina non era certo un modello di ospitalita. In una casa non hai bisogno di spendere soldi o di dare sempre il meglio di te. Puoi semplicemente startene seduto. Fuori, nel mondo, non funziona cosi. Ma mi ero accorto che avere l’opportunita di non fare nulla, inosservato ne scocciato da altri esseri umani, mi faceva sentire un po’ strano. Cosi mi dedicai a esaudire la richiesta di Nina.
Prima che se ne andasse avevo copiato tutti i file dal disco che le aveva dato Greg McCain. Il disco in quel momento veniva affidato alle cure dei poliziotti insieme a quello ficcato nella bocca di Jessica. Non sapevo in che modo Nina avrebbe spiegato il viaggio illegale compiuto dal primo e non mi piaceva il fatto che prendesse tutti quei rischi. Lei era l’unica tra noi ancora connessa al mondo reale, e io avevo l’impressione che stesse cominciando ad andare alla deriva, come una spina che viene estratta lentamente dalla presa. E sapevo per esperienza che una volta che questo accadeva, i contorni delle cose potevano cambiare e tu rischiavi di non riuscire ad adattarti alle nuove forme che avevano assunto. I gruppi di figure a ogni angolo di strada e in ogni porta d’ingresso imbevuta di piscio dimostrano che la musica della civilizzazione si arresta spesso e che non ci sono mai abbastanza sedie per tutti.
La prima cosa che feci fu guardare i filmati. Non erano veri e propri video, ma lunghe sequenze di immagini fisse che cambiavano a determinati intervalli. Ce n’erano sei. Tre mostravano Jessica ubriaca che faceva svogliatamente del sesso con tre tizi diversi; due volte sul divano che dominava il suo piccolo salotto, e una volta nel letto. Le immagini erano molto sgranate, poco illuminate, e in un caso quasi completamente buie. Non c’era nessun tentativo di recitare davanti alla telecamera, la cui posizione restava fissa. Era come guardare Ken e Barbie che venivano fatti accoppiare da un bambino che non aveva la minima idea del significato di quel gesto. L’ora indicata su tutti e tre i video suggeriva che immortalavano l’ultimissima parte di serate passate nei bar. Uno degli altri filmati, che copriva un intervallo di tempo di quattro ore, mostrava la ragazza mentre guardava la televisione, si occupava delle pulizie primaverili, suonava brevemente la chitarra, e faceva un timido tentativo di assemblare una scaffalatura non molto complessa. Per la maggior parte del tempo indossava un paio di pantaloncini color arancio e niente altro. Un’altra sequenza la mostrava seduta a non fare nulla, apparentemente subito dopo aver pianto. Nel video finale i fermo-immagine erano effettuati a intervalli piu lunghi, di circa cinque, dieci minuti, e mostravano Jessica che dormiva sul divano, sotto una coperta illuminata dal televisore fuori campo. Alla fine si alzava e rimaneva seduta a guardarlo per un po’, sorseggiando una tazza di caffe. Nina mi aveva detto che Jessica aveva quasi trent’anni, ma nelle sequenze di questo video in cui era sveglia sembrava che ne avesse quarantacinque.
Poi lavorai con le singole foto. Ce n’erano una marea. McCain le aveva raccolte tutte in una grande cartella. Riversai tutto in un visualizzatore e cliccai alcuni esempi a caso. Le immagini mostravano Jessica mentre faceva le stesse cose riprese nei video, ma niente sesso. Era nuda o parzialmente nuda, intenta a leggere una rivista, o a mangiare, o ancora seduta al computer. La si vedeva mentre beveva caffe o un Jack Daniel’s. Mentre dormiva, mentre fumava, mentre fissava il vuoto. L’effetto complessivo era strano e cominciai a comprendere il perche del fascino che Jessica esercitava su McCain. Anch’io ero esperto di webcam, avendo passato alcune lunghe ore osservando gli angoli delle strade di New Orleans o la riva del Lago McDonald, o immagini dell’esterno dei negozi di computer sulle strade principali di citta non identificate del Midwest. Mi ci era voluto un po’ per capire che cosa ne ricavassi. Non guardavi nella speranza di cogliere qualcosa di eccitante. Anzi, il contrario. Guardavi perche proprio la mancanza di qualsiasi attivita percettibile, di un soggetto, rendeva la scena piu reale. Se ti concentri su qualcosa in particolare, tutto quello che vedi e qualcosa che accade: il momento, l’evento, e questo ti porta a trascurare la lunga e lenta marea di avvenimenti che lo sommerge. Se non guardi nulla, allora vedi tutto. Cogli la cosa per quel che e.
Questa miriade di immagini casuali di Jessica produceva lo stesso effetto. Non una sola immagine era studiata, e anzi in molte lei era fuori campo o fuori fuoco. L’effetto finale era quello di non mostrare nulla in particolare, e quindi di rivelare tutto. La nostra visione della sua vita diventava simile alla sua, una serie infinita di momenti accidentali, insignificanti e, in definitiva, piuttosto noiosi. La collezione di McCain su Jessica rappresentava la realta della donna molto piu chiaramente di qualsiasi altra cosa io riuscissi a immaginare, intrappolandola e celebrando il suo trionfo sotto forma di pixel. Quei quindici megabyte erano la sua leggenda.
Fu solo dopo aver preso visione della sua vita prima dell’evento, che studiai le polaroid che Nina mi aveva lasciato. Mostravano l’appartamento di Jessica il giorno in cui la polizia di Los Angeles vi aveva trovato il cadavere. Anche queste erano immagini piatte, vuote ma non erano insignificanti. Ogni millimetro quadrato diceva qualcosa di piuttosto immediato: proprio la loro esistenza dichiarava che la ragazza che era vissuta in quello spazio era morta, ed era esattamente per quel motivo che io avevo voluto vedere prima le altre.
Le osservai attentamente per un po’. Poi, tornai alle immagini iniziali dell’hard disk, le sistemai in ordine cronologico e le riguardai.
Ci volle molto tempo prima che notassi qualcosa.
«Lo vedi?»
Nina annui. «Non c’e nessun’altra immagine che lo mostri piu chiaramente?»
«Meglio di cosi non puo venire. L’ho ingrandita, ma…» Ripristinai una finestra che avevo nascosto dietro la prima. «Non siamo in un film e quindi l’ingrandimento fa piuttosto schifo.»
Nina si protese in avanti e osservo lo schermo. Stava guardando l’immagine sgranata di Jessica, inquadrata dal petto in su, sdraiata sul letto. Al di sopra del suo, si vedeva il volto di un uomo.
Nessuno di noi due era interessato a lui. La polizia di Los Angeles si era mossa in fretta: avevano gia fatto stampare le immagini dei tre uomini immortalati nei filmati di McCain e le stavano mostrando alle amiche di Jessica, partendo da quelle del Jimmy’s. Il barman del locale aveva detto che nessuno di loro assomigliava al tizio con il quale lui aveva visto la ragazza la sera in cui era stata uccisa. Questa era una delle informazioni che Nina aveva acquisito prima di ritornare a casa a meta pomeriggio. Quello che stavamo osservando invece era il tavolino accanto al letto, che era visibile nello spazio vuoto tra i volti sfocati, il petto di Jessica e il suo amico del momento. Sul tavolino c’erano una lampada, una radio-sveglia da quattro soldi, una piccola pila di libri, i cui dorsi vistosi suggerivano che si trattava di testi di auto-stima, tre tazze da caffe e una piccola cornice portafoto.
Nina prese la polaroid che mostrava la camera da letto e la scruto. «Hai ragione,» disse. «Qui non c’e, e io non ho visto nulla di simile nell’appartamento.» Non appena avevo notato la discrepanza, avevo telefonato a Nina per descriverle la cornice, e lei era ritornata nell’appartamento di Jessica per cercarla. «A quando risale questo scatto?»
«Poco meno di una settimana prima che morisse.»
«Ipotizzando che la data sulla fotografia sia esatta.»
«Lo e. La data di creazione del file lo conferma.»
«Una settimana. Quindi avrebbe potuto spostarla lei da qualche parte nel frattempo.»
«Ma tu non l’hai trovata. Se una fotografia e cosi importante da tenerla accanto al letto, non decidi da un momento all’altro che non la vuoi piu in casa.»
«Si, se ritraesse un tuo ex fidanzato.»
«Giusto. Ma guarda questa.» Passai a una terza immagine che mostrava solo la cornice sul tavolino accanto al letto. «Questa e ingrandita ancora di piu. Ho usato un programma di interpolazione, che essenzialmente analizza il colore di ogni pixel, lo compara con quelli circostanti e cerca di creare un’immagine ingrandita coerente. Quando questa tecnica e applicata a immagini a bassa risoluzione come questa il risultato e uno schifo, ma mostra comunque qualcosa di interessante.» Indicai il centro dell’immagine. «Anche se non si riescono a mettere bene a fuoco i dettagli, qui si vedono chiaramente due teste.»
«Esattamente. Jessica piu un precedente fidanzato.»
«Non credo. Qual e il colore sopra le loro teste?»
«Grigio.»
«In altre parole il colore di capelli che hanno generalmente le persone anziane. Forse sono i suoi genitori.»
«Credi?»
«A quanto pare Jessica non tornava a casa molto spesso, ma mi sarei molto sorpreso se in casa sua, da