pezzo di vetro.

Giacque incastrato tra due grandi massi, nascosto sotto una muschiosa sporgenza a nove metri dal suolo. Cerco di emettere un suono qualsiasi, ma senti solo un gorgoglio. Il suo corpo era contorto e fracassato, i vestiti strappati e macchiati di sangue e la sua gamba sinistra era in condizioni pietose. Dell’acqua fredda scorreva sui suoi piedi e sulla mano sinistra distesa, ma non riusciva a sentirla. Sebbene avesse il cranio fratturato, cosi come lo zigomo, i suoi occhi vedevano ancora e il braccio destro funzionava, anche se poco.

Nei venti minuti successivi riusci a fare solo una cosa: tirare fuori il suo cellulare dalla tasca della giacca, andare con una certa difficolta al menu messaggi e scrivere, con un pollice che a fasi alterne tremava o era rigido: «Ho visto Bigfoot. Ti voglio b…»

Poi mori. E in ogni caso non c’era campo.

Sessanta metri piu sopra, Patrice fissava ostinatamente Henrickson.

«Era proprio necessario?»

«Si ma non mi aspetto che lei capisca.»

«Intende buttare giu anche me?»

«Uno e sufficiente. E poi lei ha un compito da svolgere.»

«Questo posto e tutto quel che conosco e non so andare oltre. Se vuole un orso dovra andare a cercarselo da solo.»

L’uomo scosse la testa. «Non credo. Se ce ne sara bisogno la costringero a dirmi dove vivono. Ma per ora ripercorreremo il torrente fino al punto in cui Tom ha detto di avere visto il suo ‘orso’ e resteremo li ad aspettare.»

«Pensa che verranno a farsi quattro passi da queste parti?»

«No. Ma so che significano molto per lei, il che mi fa pensare che anche lei significhi qualcosa per loro. Quando sapranno che lei e qui, potrebbero decidere di farsi vedere.»

«Come se fossi una sorta di mamma orsa? Fantastico. I miei stessi figli non mi fanno visita da diciotto mesi.»

«Patrice, sta cominciando a farmi incazzare con il suo atteggiamento.»

«Sapranno che non sono da sola.»

«Certo. Specialmente quando comincero a farle qualche lavoretto. Per quel poco che ci conosciamo sospetto che sara brava a mantenere il silenzio, ma loro sentiranno la sua sofferenza in altri modi. E verranno.»

Patrice fisso il terreno, sgomenta.

«Ero sicura che sarebbe arrivato qualcuno,» disse alla fine. «Ma pensavo che sarebbe stato un cacciatore, o qualche stronzo desideroso di fare fortuna o di andare al Tonight Show’. Ma lei non e nulla di tutto questo.»

«No,» disse. «Niente affatto.»

«Allora chi e?»

«Mi chiamo Paul,» disse. «A volte mi faccio chiamare Homo Erectus. E sto solo portando a termine quello che deve essere fatto.»

Capitolo ventisette

Avevo dormito per qualche tempo. Incredibile a dirsi, ma era un po’ come accade ai colpevoli che a volte si appisolano nella loro cella, dopo essersi momentaneamente liberati della tensione delle loro vite, sfociate in un’incarcerazione che non possono piu evitare. Io provavo la stessa sensazione, nella consapevolezza dell’impossibilita di compiere un qualsiasi atto, saldamente legato com’ero a una sedia.

Una volta sveglio non riuscii piu a riaddormentarmi. Essere sveglio era peggio. Mi permetteva di pensare e anche di tentare la fuga. Cercai di ribaltare la sedia usando la schiena per far saltare le gambe. Quando un movimento brusco rischio di farmi cadere in avanti — garanzia di una frattura al viso e al collo — cessai le ostilita. Affanculo, non sono Jackie Chan.

In ogni caso, non tentare nulla era la cosa peggiore. Osservai la tenda che si illuminava sempre di piu e sentii i rumori del mondo esterno che si svegliava: la ghiaia sotto le ruote, scoppi di risa in lontananza, urti, fischiettii, colpi di tosse. Sentii aumentare gradualmente il dolore alla schiena e le spalle cominciarono a bruciarmi. Guardavo la sveglia digitale accanto al letto, nell’attesa che ogni numero aumentasse di un’unita — a volte pensavo che fosse rotta da quanto ci mettevano — ma quando accadeva, nulla era cambiato.

Questa attesa lunghissima si protrasse fino alle 12:51, quando finalmente Nina butto giu la porta insieme a due uomini che non avevo mai visto.

«Le assomigliava, eccome!» disse il piu grosso. Mi era stato detto che era lo sceriffo Connelly. L’altro si chiamava Phil, era giovane, in forma e con i capelli chiari. «Ma si vede comunque che non siete la stessa persona.»

«Si chiama Paul.»

«Qualcuno ha sentito Mr. Kozelek chiamarlo Jim.»

«Forse utilizzava il cognome Henrickson.»

Connelly annui lentamente. «Si, era lui.»

Gli occhi di Phil sembravano due palle da biliardo. «E un serial-killer?»

«E non solo.»

Eravamo nella stazione di polizia e stavamo bevendo del caffe. Avevo le mani ancora intorpidite e non riuscivo a tenere bene la tazza. Nina non se la cavava meglio. La cameriera del motel l’aveva trovata legata e aveva chiamato la polizia prima ancora di pensare a slegarla. Era pallida in volto e appariva magra ed esausta. Desideravo trovare John Zandt e prenderlo a pugni, e non solo per la notte precedente.

In mezz’ora avevamo dato ai poliziotti una descrizione molto sommaria dell’accaduto, e di cio che sapevamo. In questa versione avevamo detto che era stato l’Homo Erectus a legarci, non John. Nina aveva rivelato di essere un agente federale ed era riuscita a dissuadere lo sceriffo dal fare una telefonata di conferma, almeno per il momento. Una dottoressa con un bel sorriso ci aveva visitato e aveva bendato la mia ferita alla spalla, poi se n’era andata. Sentivo gli occhi secchi e dilatati, e la luce della stanza mi sembrava quasi accecante.

Phil scosse la testa. «Porca puttana.»

«Cosa ci fa qui a Sheffer?» chiese Connelly. «E dove e andato?»

«Non lo so,» risposi. «Ma…» Guardai Nina. «La notte scorsa ha detto alcune cose strane, su un sacrificio. Sembra essere una sorta di rito di purificazione. Sta di fatto che ha gia ucciso chiunque sia stato coinvolto nel suo passato, quindi non so chi potrebbe essere il prossimo della lista. A meno che non abbia a che fare con le persone per cui lavorava.»

Connelly stava guardando al di sopra della mia spalla con una strana espressione in volto.

«Mr. Kozelek ha passato qualche giorno nei boschi,» disse. «E tornato piuttosto malconcio dicendo di aver visto alcune cose.»

«Che genere di cose?» chiese Nina.

«Dice di aver visto Bigfoot.»

Scoppiai involontariamente a ridere. «Bella questa.»

Connelly fece un sorriso tirato. «Esatto. Naturalmente si trattava di un orso. Ma suo fratello ha passato molto tempo con Mr. Kozelek e non riesco a comprenderne il motivo, a meno che il racconto di quest’ultimo non fosse per lui di un qualche interesse. Riesce a pensare a un qualche motivo?»

Non ne avevo idea. Scossi la testa.

Connelly distolse lo sguardo mordendosi il labbro, «Phil, potresti chiamare Mrs. Anders da parte mia?»

«Perche?»

«Chiamala e basta, il numero e 4931.»

Il poliziotto piu giovane afferro il telefono e compose il numero. Lascio squillare per un po’ e poi scosse la testa. «Non risponde.»

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