«Ti spiegheremo poi» disse Eric. «Continua a raccontare. In quanti siete rimasti?»
«Pochissimi. Sei, oltre a me. E non tutti sono morti per colpa dei Titanici. Vi ho detto che avevano cominciato a litigare fra loro.»
«Ma perche? Non capisco.»
«Troppo da mangiare. Niente da fare. Niente donne. Ecco perche. Inoltre i Titanici avevano messo nella nostra gabbia un gruppo di sconosciuti, degli strani ometti piccoli, bruni, che non avevamo mai visto e che avevano nomi strani: Ernie Due, Nicky Dieci, e cosi via. Erano violenti e litigiosi.»
«Li conosco di fama» disse Rachel. «Vivono in un’altra casa dei Titanici, vicino a questa.»
«Cosa?» fece Roy.
Eric gli spiego che i cunicoli in cui abitavano gli uomini erano delle gallerie scavate nei muri delle abitazioni dei Titanici, poi lo invito a proseguire.
«Non c’e altro da dire. Solo che non ne potevo piu, e quando mi sono sentito afferrare dalla corda verde quasi quasi ero contento. Arthur, Walter, Manny, i migliori di noi, erano gia scomparsi da tempo, e io mi sentivo molto solo e infelice.»
«Senti» lo interruppe Eric. «Vorrei sapere cosa ne facevano i Titanici dei morti che trovavano nella vostra gabbia, dopo che avevate combattuto fra di voi.»
Roy rimase sorpreso, tuttavia rispose: «Cosa vuoi che ne facessero? Li portavano via dalla gabbia, con le corde verdi.»
«E i loro averi? Voglio dire, se i morti indossavano qualche indumento, qualche arma, glieli lasciavano?»
«Si. Non ricordi quando e morto quel tale… quel Danielson, poco dopo il nostro arrivo. L’hanno tolto dalla gabbia con la tunica avvolta intorno alla testa e l’hanno gettato nel foro che e in mezzo al tavolo bianco degli esperimenti. Fanno cosi cpn tutti i morti.»
«Evidentemente, gli uomini interessano ai Titanici solo da vivi» osservo Rachel. «Ma perche ti interessano queste cose, Eric? Una volta che saremo morti…»
«Una volta che saremo morti, avremo una buona probabilita di restare vivi» fu la risposta sibillina di Eric. «Non scherzo. Roy, sei disposto a fuggire con noi?»
Sulle prime, il Corridore rimase troppo sbalordito per rispondere, poi fece un enfatico cenno di assenso. «Altro che! Conta pure su di me per qualsiasi progetto di fuga, per quanto rischioso possa essere. Che avvenire ci si puo aspettare, chiusi in questa gabbia?»
«Il progetto che ho elaborato e molto rischioso. Molte cose possono fallire, ma e l’unico possibile, secondo me. Mettiamoci subito al lavoro.»
Rachel e Roy non se lo fecero dire due volte, e seguendo le sue direttive, si misero all’opera. Instancabile come sempre, Eric non concedeva loro un attimo di respiro. E il lavoro procedeva in fretta. Ma una volta Rachel lo guardo e gli chiese con ansia:
«Mi sembra che tu sia troppo sicuro di molte cose, Eric. Noi ci basiamo su presupposti che possono rivelarsi sbagliati.»
«E allora? Se sbaglio, moriremo… E se restiamo qui?»
Rachel chino la testa con un sospiro, e si rimise al lavoro.
Un’altra volta fu Roy a protestare. Oramai aveva imparato anche lui molte cose, e non era piu cosi rispettoso come si era dimostrato nei primi momenti.
«Senti, Eric, io non so su cosa sia basata la tua certezza. Perfino Rachel, che e degli Aaron, non ha mai visto cose simili, e quindi come puoi pensare che funzioni?»
«Si, che le ha viste. Solo che le conosce con un altro nome: il principio di Archimede. E ti ho gia detto che ho fatto degli esperimenti, prima del tuo arrivo. Funzioneranno.»
Quando ebbero quasi finito, calcolarono il momento in cui il Titanico sarebbe venuto a portare loro da mangiare e da bere, come faceva tutti i giorni. Era assolutamente indispensabile, infatti, che facessero provvista di viveri e d’acqua, poiche non sapevano per quanto tempo non ne avrebbero trovati.
Rachel, seduta sul pavimento della gabbia, guardava sconsolata i resti della sua tunica, e gli oggetti, o quello che ne restava, contenuti un tempo nelle tasche, sparsi ora qua e la, come rifiuti.
«Quello che realmente mi dispiace» disse «e che tu abbia distrutto il mio neutralizzatore. Quanto lavoro, quanti studi, per crearlo! Ed e stato per sperimentarlo che siamo venuti qui. Ora, il pensiero di tornare dalla mia gente senza quello strumento…»
«Se ci tornerai» le fece osservare Eric, intento a curvare il neutralizzatore che era costituito essenzialmente da un tubo metallico «la cosa piu importante che tu possa riferire e che l’apparecchio funziona. Poi, potranno costruirne altri. Adesso ci e molto piu utile trasformarlo in un gancio robusto. Posto che tutto il resto funzioni, senza un gancio siamo davvero perduti.»
«Ho pensato» l’interruppe Roy «che sara meglio che tu me lo leghi al polso. Io sono forte quanto te, tu pero sei piu svelto e pronto. Quindi sara meglio che tu pensi all’apertura. Io ti prometto che cerchero di restare agganciato con tutte le mie forze.»
Eric fini di trasformare il neutralizzatore protoplasmatico in un robusto gancio dal lungo manico, poi annui: «Hai ragione, Roy, qua le mani, e bada bene di non lasciarlo mai andare.» Infilo il manico del gancio fra le mani di Roy che lo afferro strettamente, poi gli lego i polsi con strisce della tunica di Rachel e prolungo la fasciatura alle braccia e alle spalle, cosicche il gancio fini col diventare quasi parte integrante del corpo di Roy.
Poi legarono se stessi e il loro equipaggiamento ai resti della tunica di Rachel. I due uomini si erano assicurati alla fronte la lampada che avevano portato dai cunicoli. Eric sistemo Rachel fra se e Roy, legandola prima al Corridore, e poi a se stesso.
«Tienti aggrappata alle spalle di Roy» le disse, «nel caso che le rasce cedano. Io staro aggrappato a tutti e due.»
Quando ebbero finito formavano una specie di grosso bozzolo, a un’estremita del quale c’era Roy, armato di un gancio supplementare per maggior sicurezza. Sentirono il Titanico avvicinarsi.
«Ci siamo» sussurro Eric. «Fingete di essere morti.»
22
Non vi fu rifornimento di viveri ne di acqua, nella gabbia. Invece, vi fu una lunga, insopportabile pausa durante la quale i tre sentirono che il Titanico li stava esaminando.
Avevano convenuto di tenere gli occhi ben chiusi e le membra tese e irrigidite, finche non fossero stati tolti dalla gabbia. Per quello che ne sapevano, la vista del Titanico poteva essere tanto acuta da notare il movimento delle pupille. Poteva anche accorgersi che respiravano, ma quello era un rischio che non c’era modo di evitare.
«O trattenere il respiro piu a lungo che si puo» aveva consigliato Eric, «e rischiare poi di aspirare una gran boccata d’aria facendo rumore, proprio quando il Titanico ci osserva, o respirare spesso, ma adagio. Fate finta di essere addormentati. Cercate di rilassarvi, e che gli antenati ci aiutino.»
Ma non fu facile, sotto lo sguardo scrutatore del Titanico, mantenere l’immobilita assoluta, tenere le palpebre chiuse e ferme, respirare piano e regolarmente.
Alla fine, sentirono qualcosa muoversi: il freddo viscido in una corda verde li sfioro, fondendosi con la loro carne. Uno scossone, ed ecco che furono sollevati, con tutti gli oggetti che avevano preparato che si urtavano e sbattevano. Adesso la situazione era ancora piu critica. Sentirsi fluttuare per aria, senza niente di solido sotto i piedi, e dover tenere gli occhi chiusi senza potere vedere niente serviva solo ad accrescere il panico. Il peggio di tutto fu quando il Titanico li tenne a lungo sospesi, immobili, evidentemente per esaminarli meglio e piu da vicino. Le zaffate puzzolenti del suo alito giungevano fino a loro, provocando ondate di nausea. Eric trattenne a lungo il fiato, irrigidendosi, e si auguro che anche gli altri facessero lo stesso.
Cosa avrebbe deciso, quell’enorme montagna di carne?