Provai a dare un altro morso: decisi che era buona e la finii. La ragazza mi mostro come coglierne altre dalla pianta senza troppa fatica… bisognava storcere le escrescenze in un certo modo, prima che i piccioli robusti cedessero. Poi mi lascio a me stesso, e mangio a sua volta alcuni di quei frutti.

Poi mi fece segno di seguirla e mi precedette verso un altro appezzamento, mi mostro un frutto diverso. Nel giro di un quarto d’ora, consumai un pasto molto soddisfacente.

Mi chiesi quale, tra quei vegetali, era la fonte d’ossigeno, se pure era uno di essi. Forse lo erano tutti, dato che erano verdi e presumibilmente basati sulla fotosintesi; ma nessuno liberava le bollicine visibilmente, come facevano sempre le vasche delle alghe alimentari. Decisi di non preoccuparmi per l’ossigeno: gli amici di Bert non avevano ragione di uccidermi in un modo cosi indiretto e scomodo, privandomene. Avevano gia avuto anche troppe occasioni per farlo, se avessero voluto.

All’improvviso, mi resi conto che ormai consideravo Bert tra gli abitatori del luogo. Non credo alla maggior parte di quello che ho letto a proposito del subconscio — mi sembra troppo simile all’astrologia, all’alcol e agli altri pretesti che dovrebbero servire a giustificare l’incapacita e la trascuratezza — ma quando ripensavo consciamente agli eventi di quelle ultime ore, sembrava sempre piu evidente che fosse ragionevole, da parte mia, cambiare atteggiamento. Bert aveva l’aria di considerarsi piu un cittadino del luogo che un dipendente del Consiglio con una missione da compiere, e forse io avevo assorbito la sua mentalita, senza neppure rendermene ben conto.

C’era il modo con cui sceglieva le parole, per esempio. Io avevo prestato attenzione a cio che diceva, piu che al modo preciso con cui lo diceva, ma adesso, a ben pensarci, avevo sentito una quantita di «noi» che non avrebbero dovuto trovar posto nei ragionamenti di un devoto funzionario del Consiglio, date le circostanze… soprattutto se era veramente sicuro che io soltanto potevo leggere quello che mi scriveva.

Forse Marie non era poi tanto irragionevole, dopotutto.

Guardai Bert. Stava mangiando, come gli altri, ma sembrava prendere scarsamente parte alla conversazione intrecciata dalle mani libere di quelli che mangiavano.

Non mi rimprovero di non aver notato niente di significativo, sul momento. Se mai, mi sentivo rassicurato: confermava quanto mi aveva detto, e cioe che non aveva imparato molto del linguaggio locale.

Ma dopo il pasto, ricominciai a sentirmi inquieto. Bert mi portava dovunque mostrassi intenzione di andare. E spiegava, in modo convincente, tutto quello che gli chiedevo. Il tendone che formava il tetto, per esempio. Quando scrissi una domanda in proposito, la sua faccia divento di uno strano colore violaceo: quando riacquisto una tinta normale, scrisse: «Attento. Con i polmoni pieni di liquido, ridere puo ucciderti. Quando ti hanno trasformato hanno reciso un nervo-chiave del riflesso della tosse, ma se non sei prudente, puoi ancora ridere.»

«Cosa c’e di strano nella mia domanda?»

«Be’, capisco da dove hai preso l’idea di un telone steso qui sopra, ma ti assicuro che nessuno si e preso un simile disturbo. Quello che tu vedi e semplicemente il contatto tra i liquidi.»

«Perche qui non sembra lo stesso che alle entrate, traslucido anziche trasparente? E perche ci sono entrate speciali, fra l’altro?»

«Manteniamo trasparenti le entrate. Ma l’area, per questo, e troppo vasta sopra le colture: parecchie miglia quadrate. I sedimenti oceanici continuano a posarsi sul fondo, e le sostanze formatesi nelle colture tendono invece a salire. Una piccola percentuale, molto piccola, per fortuna, ha un densita intermedia tra quella del nostro liquido e l’acqua, e percio si raccoglie nel punto di contatto. Per la verita, li cresce parecchia materia vivente, anche se si tratta solo di essermi unicellulari. Se ce ne fosse di piu, dovremmo rimuoverla per permettere che la luce arrivasse fino alle piante, e non sarebbe un’impresa da poco.»

Avrei dovuto chiedergli allora, lo so, perche le lampade erano nell’acqua, anziche laggiu, piu vicine alle piante. Ma fu una delle cose che non feci. Se lui mi avesse risposto, mi avrebbe risparmiato molto imbarazzo, in seguito, anche se non sono ancora certo che sarebbe stato disposto a fornirmi la spiegazione. Suppongo che l’avrebbe fatto, ora che capisco le ragioni che l’avevano indotto a comportarsi in quel modo.

Quando io accennai alla centrale elettrica, Bert si avvio immediatamente, sempre seguito dagli stessi quattro accompagnatori. Mi chiesi se erano guardie o agenti segreti, o semplicemente curiosi sfaccendati, ma non dedicai molto tempo a quel dubbio. Era impossibile accertarlo o formulare un’ipotesi decente. Comunque, ora che c’era in programma la visita alla centrale elettrica, nessun altro problema mi sembrava interessante.

Dopo un po’ raggiungemmo la prima grossa porta chiusa che avessi visto dopo essere uscito dalla capsula. Era molto simile a quella da cui la mia sfera era passata nella sala operatoria. Bert rivolse alcuni gesti ai nostri accompagnatori: quelli cominciarono a conversare tra loro piuttosto a lungo, ma lui non aspetto che avessero finito. Comincio ad aprire piccoli sportelli nella parete della galleria, e ne tiro fuori mute simili a quelle che usavano fuori, nell’oceano. Erano munite di caschi.

«Qual e la ragione per metterle? La temperatura?» scrissi io, quando Bert mi indico a gesti di indossarne una.

«No. Probabilmente non l’hai ancora scoperto, e per il tuo bene mi auguro che non lo scopra: ma, immersi come siamo nel liquido, siamo estremamente sensibili alle onde sonore intense.» Non lo interruppi per riferirgli la mia esperienza, ma una volta tanto ero certo che mi raccontava la verita senza abbellimenti. «La centrale elettrica e molto efficiente, ma c’e ancora una traccia di rumore… piu che sufficiente per uccidere un individuo non protetto. Metti la muta e assicurati che sia stagna.»

Obbedii. Fu piuttosto difficile; l’indumento non era semplice come sembrava a prima vista. Una delle fibbie aveva un orlo tagliente, e mi apri una ferita piuttosto profonda su una mano; mi chiesi quale servizio di controllo della qualita avrebbe potuto sopportare un simile difetto di fabbrica. Le gocce di sangue sembravano un po’ strane: globuli rossovivo che si innalzavano dalla ferita. Ma era una lesione di poco conto. Prima che Bert avesse risolto il mio problema con la fibbia, aveva gia finito di sanguinare.

Lui controllo meticolosamente la mia muta, soprattutto le giunture ai polsi e al casco. Anche gli altri si erano vestiti e si stavano ispezionando a vicenda. Con gesti che persino io riuscii ad interpretare, segnalarono che il controllo era ultimato, e Bert si giro verso la porta.

Aziono un quadrante laterale, e la grande valvola, capace di lasciar passare un piccolo sommergibile da lavoro, si apri senza difficolta. Bert ci accenno di passare, attese che avessimo varcato la porta e poi la chiuse dietro di noi. Ebbi ancora un volta l’impressione che avesse un’aria non solo di familiarita, ma di autorita. Com’era possibile che, in un solo anno, un agente del Consiglio avesse guadagnato la fiducia completa di quella gente? Tra tutti gli abitanti della Terra, un agente del Consiglio della Commissione per l’Energia era quello che piu logicamente avrebbe dovuto opporsi a loro e al modo di vita. Possibile che fosse stato in contatto con costoro prima ancora di scomparire, un anno prima? Possibile che avesse ragione Marie? E se aveva ragione lei, in che pasticcio mi stavo cacciando? Mi ero fidato completamente di Bert Wheltsrahl, quando l’avevo visto laggiu per la prima volta, ed avevo accantonato quasi tutte le affermazioni di Marie, pensando che venivano da una donna resa quasi isterica dall’angoscia. Mi era sembrato verosimile che il suo Joey (be’, anche se lui non si era mai considerato una proprieta di Marie) non fosse mai arrivato li. Potevano capitare parecchie altre cose, per causare la scomparsa di un sommergibile monoposto nel Pacifico.

Adesso me lo domandavo, un po’ turbato. Ma c’erano altre cose che richiamavano la mia attenzione.

CAPITOLO 16

Per la prima volta, mi trovai in una galleria chiaramente ripida: il peso della cintura zavorrata mi permise di accertarlo senza alcun dubbio, quando ci pensai sopra. Eravamo diretti verso il basso, con un’inclinazione di sessanta gradi. Le lampade della galleria, che costituivano le uniche caratteristiche spiccate delle pareti, mi passavano accanto molto velocemente, il che dimostrava che il nostro movimento era facilitato dalle pompe: c’era una netta corrente in discesa. Mi chiesi se al ritorno avremmo dovuto risalire nuotando controcorrente, e pensai che sarebbe stato impossibile. Se non avessero invertito la corrente, avremmo dovuto usare un’altra galleria.

Non notai alcun cambiamento di temperatura, benche sapessi che stavamo andando a visitare un congegno a calore. Forse costoro avevano scrupoli morali, circa lo spreco d’energia, quando si trattava delle perdite che sottraevano efficienza ad una macchina, anche se poi si comportavano in modo riprovevole per il resto.

Non riuscii a calcolare la lunghezza della discesa, prima di arrivare alla sala comando. Certamente era di parecchie decine di metri, probabilmente centinaia, forse addirittura un miglio. In seguito vidi le carte topografiche, ma le idee strane in fatto di scala che gli esecutori avevano adottato mi confondono le idee ancora oggi. Certamente, la profondita era tale da costituire un ostacolo insuperabile per ogni difesa basata sulla forza bruta, con la pressione usata come corazza.

La sala era cosi grande che era difficile scorgerne l’estremita piu remota. Il liquido, come forse ho dimenticato di riferire, spandeva un po’ la luce, e conferiva un aspetto nebuloso agli oggetti che si trovavano oltre i cinquanta metri.

Comunque, come sala comandi era fin troppo convenzionale. Lungo le pareti c’era una serie di cavi che persino io potei riconoscere: erano una rete di distribuzione. Piu sotto c’era un’altra serie, piu difficile da riconoscere ma dall’orientamento spiccatamente verticale, e io sospettai che indicasse i circuiti del fluido attivo tra la sottostante sorgente di calore ed i convertitori in alto. Una macchina a calore, di qualunque tipo sia, funziona in base alla termodinamica elementare, e i suoi diagrammi finiscono inevitabilmente per somigliare a quelli di altri impianti simili, sia che si tratti di una turbina a vapore che di una termocoppia.

Lungo i cavi di entrambi i diagrammi c’erano indicatori, quasi tutti del solito tipo con quadrante ad ago, interruttori e reostati. Non c’era niente di enigmatico: era un comando d’una centrale elettrica, e tale appariva a prima vista. Con un po’ di fortuna e di competenza, era possibile impararlo a memoria in un paio di mesi.

Trenta o quaranta sommozzatori, con mute e caschi come noi, fluttuavano a poca distanza dalla parete, e le dedicavano tutta la loro attenzione. Questo era abbastanza soprendente. Mi sarei aspettato un numero minore di operatori, con un quadro di quelle dimensioni. Se erano tutti indispensabili per i comandi manuali, era un punto a discredito del livello generale della competenza tecnica, come la fibbia tagliente. Mi auguravo che la scarsa coordinazione da parte loro producesse soltanto seccature, non catastrofi. Senza dubbio, c’erano interruttori di sicurezza nella rete della distribuzione d’energia elettrica, e scolmatori d’emergenza, qua e la: ma anche cosi, quella folla di operatori conferiva al quadro generale una certa aria primitiva. Osservai pensieroso la scena. Quelli che ci avevano accompagnati guardavano con lo stesso interesse che provavo io: ebbi l’impressione che anche loro non fossero mai venuti li prima. Bene, era possibile. Difficilmente l’intera popolazione poteva essere formata da ingegneri elettrotecnici.

Tuttavia, questo rendeva piu fitto il mistero, perche sapevo che non lo era neppure Bert. Aveva una preparazione generica in fatto d’ingegneria, come me, quella che e necessaria per poter identificare gli sprechi di energia. Perche mai avrebbe dovuto godere di una qualche autorita, laggiu?

Bert si volto e rivolse alcuni gesti alla nostra scorta. Poi mi scrisse un messaggio.

«Non avvicinarti troppo: potresti distrarre questa gente. Piu della meta sono apprendisti.» Questo faceva apparire la situazione in una luce un po’ migliore.

«Prendete molto sul serio l’istruzione, qui,» risposi io.

«Puoi star certo. E presto capirai il perche. Vattene pure in giro quanto vuoi, e guarda quello che ti interessa… ne sai abbastanza, tu, e non saro costretto a tenerti d’occhio come gli altri. Ma non metterti davanti agli operatori.»

Annuii. Per mezz’ora feci proprio cio che mi aveva detto Bert, esaminando l’intero quadro con la massima meticolosita. La sistemazione mi appariva sempre piu logica, con il passare del tempo. Una ragione sorprendente per questa sensazione era che i quadranti e le manopole dei comandi erano contrassegnati da numeri normalissimi. E questo non me l’ero aspettato, dopo aver visto che cosa usavano li al posto della scrittura.

I numeri erano soli, purtroppo; non erano indicate cose come i volt o i megabar. Nonostante questo, la posizione di ogni strumento sul diagramma che formava il quadro, di solito lasciava intuire abbastanza chiaramente la sua funzione. In meno di un’ora, mi convinsi di aver compreso piuttosto bene l’intero sistema.

Dieci pozzi portavano fino agli assorbitori di calore, alla sorgente… presumibilmente una sacca di magma. I dettagli degli assorbitori non risultavano evidenti dal quadro, ma conoscevo abbastanza le installazioni vulcaniche per poterli immaginare. Una volta, avevo effettuato un’inchiesta sugli sprechi a Giava. Il fluido operante, la, era acqua; l’impianto che faceva entrare l’acqua marina e la dissalava, le unita elettrolitiche che estraevano metalli alcalini dai sali recuperati, e gli alimentatori ad iniezione di ioni apparivano perfettamente evidenti nel quadro.

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