risposta e impossibile.
Non cambia nulla.
Tenta di distrarre la sua mente. Diventera una vera e propria macchina ambulante, che fa un passo dopo l’altro senza pensare, e forse arrivera un giorno o l’altro al confine, e in quel modo lascera vittorioso questo posto. Ma non e poi cosi facile, non pensare. La consapevolezza del suo isolamento gli martella la mente, stimolando desideri e rimpianti e paure e speranze. Cammina. Non cambia nulla. E il terreno a scivolare all’indietro? Davvero il cielo si unisce alla terra? Questo e Vuoto. Questo e Vuoto. Questa e la morte finale del cuore, la negazione perfino della negazione.
Cerca un sistema per sconfiggere il vuoto. Conta i suoi passi, facendo cinquanta passi cominciando con il piede destro, poi portando i piedi paralleli e ricominciando daccapo, cinquanta con il piede sinistro. Varia gli schemi dei suoi passi: ottanta e sessanta, settanta e cinquanta, novanta e quaranta, cento e trenta, trenta e cento. Salta per un po’ sulla gamba destra. Salta sulla gamba sinistra. Si ferma. Cade in una serie di rigidi movimenti automatici. Si ferma e si riposa, sdraiandosi sul piatto e grigio nulla. Si masturba. Mentre cammina richiama ricordi della sua vita precedente, cerca di immaginare i volti dei compagni di scuola, degli insegnanti, dei colleghi d’affari, delle amanti. Immagina edifici e strade e parchi. Si sdraia e cerca di dormire, sperando al risveglio di ritrovarsi da qualche altra parte, ma non riesce a prendere sonno. Cammina all’indietro. Canta. Recita il catechismo. Sputa. Salta correndo.
Non serve a niente. Il grigiore vuoto continua ininterrotto, e ondate di noia miasmatica roteano come nebbia intorno a lui. Questa e la terra della notte, il posto che non e un posto, il rifiuto dell’universo, la casa del suono del silenzio. Ogni tentativo fallisce. La sua mente comincia lentamente a perdersi. E un uomo meccanico, che fa un passo dopo l’altro, senza mai avvicinarsi a qualcosa.
— Io! — urla.
— Tu!
— Noi!
Neanche un’eco. Neanche un’eco.
— Gesu Cristo Nostro Salvatore!
— Quando nel corso degli umani eventi!
— Scopa! Scopa! Scopa!
Silenzio. Silenzio. Silenzio.
Non si lascera battere. Continuera ad avanzare, non importa quello che lo attende, anche se il vuoto si stende da qui ai confini dell’universo. E sfuggito a Vecchio e a Ghiaccio e a Fuoco, e a Pesante e a Lento, e sfuggira anche al Vuoto, a costo di camminare un milione di anni in quella landa deserta.
— Clay! — chiama.
— Padre! Figlio! Spirito Santo!
— Hanmer! Ninameen! Ti!
Le sue parole si perdono nell’aria. I suoi urli rabbiosi scivolano in quella distesa di nulla e si dissolvono. Eppure continua a strillare. E a portare avanti i suoi piedi. E a battere le mani. E a scuotere i pugni. E a camminare. A camminare. A camminare. Il suo stato d’animo oscilla. Ci sono momenti in cui e talmente sopraffatto dalla disperazione che cade sulle ginocchia, lasciandosi andare, e chiude gli occhi, e aspetta che il momento della fine delle cose lo raggiunga. Ma in altri momenti sa che la fine delle sue sofferenze e appena piu avanti, se solo riuscira a conservare il suo coraggio e a marciare impavidamente: e il rappresentante dell’umanita in questi ultimi giorni, e non deve deludere l’alta fiducia che gli viene attribuita. Continua a camminare, cercando qualche segno. Quella all’orizzonte e una stella? No. No. C’e un ispessimento nel tessuto del grigio, da qualche parte? Forse. Laggiu, sta scendendo l’oscurita? Sembrerebbe. Se questo posto puo subire il cambiamento, allora deve anche poter finire. Lui perseverera. E gia la qualita del grigiore sembra essere indiscutibilmente mutata. Deve aver passato inconsapevolmente un confine. La ricompensa alla fede: liberato dal Vuoto. La sua gioia per la fuga e temperata, tuttavia, dalla difficolta di percepire il nuovo ambiente. Qui e terribilmente scuro. Continua imperterrito a camminare, senza imbattersi in alberi o cespugli ne percependo alcuna variazione nella levigatezza sotto i suoi piedi, e l’oscurita aumenta fino a diventare assoluta; comincia a chiedersi se si e realmente lasciato dietro il Vuoto, o se questa non e altro che la notte del Vuoto, che scende dopo un giorno infinito. Mentre procede comincia a comprendere che cosa e successo. In realta e riuscito a uscire da Vuoto, ma nel farlo e sconfinato nel vicino distretto di Scuro, certo non migliore, anzi probabilmente peggiore. Qui all’assenza di tutte le cose tipica del Vuoto si aggiunge anche l’assenza della luce, cosi da far rimpiangere perfino il vecchio grigiore. Adesso assapora la vera rassegnazione. Vuoto era un giardino di delizie in confronto a Scuro.
Non puo continuare a lottare.
Ha superato ogni prova; e sopravvissuto a ogni rischio. Ma non ha ottenuto nulla e ha perso moltissimo. Adesso si arrende. Non si misurera contro lo Scuro.
Si siede. Incrocia le braccia intorno alle ginocchia. Fissa nel vuoto senza dire nulla.
Se potesse avere anche solo un segno, continuerebbe a procedere: una sola goccia di pioggia, il suono di un sospiro lontano, il passaggio nelle vicinanze di un uccello, uno sfavillio di luci, un momento di luce stellare. Ma la nerezza e completa. Ne e schiacciato. Si sdraia piatto, braccia allargate, il volto verso il cielo assente, gli occhi aperti che pero non vedono nulla. Non fara piu nulla. Aspettera.
Ricorda un mondo di forme, di contenuti e di colori. Le costellazioni luminose; i rami grigi e contorti degli alberi; l’occhio dorato di una rana; lo sferzare insistente di una furiosa tempesta di neve; una ricca e rossa sabbia desertica all’alba; il rosa profondo di un capezzolo sullo sfondo roseo di un seno; lo sfavillio guizzante e veloce di un pesce argenteo in un laghetto verde; centrali per l’alta tensione contro un cielo estivo; un’iguana pronta a lanciarsi fulminea sulla sua preda; i colori stupefacenti dell’aurora; le acute scintille di un arco voltaico; la luce solare rossa e morente del New Jersey che si infrange sulle torri di Manhattan; schiuma bianca su un mare azzurro; i monaci sorridenti dei conventi zen; l’oceano; le montagne; le praterie; le paludi. Non rivedere mai piu nessuna di tutte queste cose. Fissare con occhi assenti un mondo diventato cieco. Dove sono gli alberi? Dove sono le rane? Dove sono le stelle?
Un milione di anni di vuota nerezza si srotolano su di lui.
— Basta! — mormora. — Basta!
E la luce invade il cielo. Ed Errore singhiozza. E un uccello passa vicino al suo naso in uno sbatter d’ali. E la pioggia gli rinfresca la pancia. E le stelle spuntano nella notte. E tutt’intorno a lui spuntano gli oggetti della natura, alberi e cespugli e piante da fiore, rocce e macigni, insetti chiacchierini, veli di rugiada, lucertole gialle, licheni azzurri, erba verde. Nella parte bassa del cielo una lama di luce compare e si allarga, diventando un ventaglio d’argento, un occhio fiero, un sole radioso. Cori celesti cantano. Il cielo blu, maculato di nubi, lo rischiara. Colori spuntano da tutte le parti. — Sono Hanmer — dice una voce gentile. — Sono amore. — Clay si siede. Gli Sfioratori sono intorno a lui. Hanno tutti forma femminile. Ninameen gli stringe un braccio, dicendo: — Io sono amore, sono Ninameen. — Ti gioca con i suoi piedi, Bril con i suoi capelli, Angelon unisce le sue dita a quelle di Clay, Serifice gli preme le labbra su una guancia. — Io sono amore — sussurra Serifice. — Io sono Angelon — dice Angelon. Lo fanno alzare in piedi. Ammicca. Adesso la luce e troppo forte per lui. — Dove sono stato? — chiede loro. — Nel Fuoco — dice Bril. — Nel mondo Pesante — dice Hanmer. — A Lento — mormora Ninameen. — Nel Vuoto — sussurra Angelon. — E nel regno Scuro — conclude Ti. — Ora sei con noi — lo confortano. — Dove siete stati? — chiede Clay. E loro: — Abbiamo nuotato nel Pozzo delle prime Cose. Abbiamo discusso della morte con gli Intercessori. Abbiamo visitato Marte e Nettuno. Abbiamo riso dell’Errore. Abbiamo insegnato la bellezza agli uomini-capra. Abbiamo amato i Distruttori e cantato per i Mangiatori.
— E adesso? E adesso?
— Adesso — dice Hanmer — faremo il Riempimento delle Valli.
23
Corrono insieme a lui. Lo spingono con decisione a tenere il passo, ma non ce n’e bisogno perche egli teme che lo perdano di nuovo, appena dopo averlo trovato, e quindi fa in modo di non perderli mai di vista. Dopo un po’ si fermano in una radura di alti alberi triangolari con foglie lunghe e pendenti. Il sole e alto e caldo. Si sdraiano con lui