le coperte. Devi riposare. Vuoi fumare?
— Forse non e una brutta idea.
Lei porto due oro. Le accesero solennemente e tirarono le rituali boccate profonde, aspirando un sacco di aria. Mentre il fumo allucinogeno gli penetrava nei polmoni, lo immagino che viaggiava veloce fino al suo cervello e stordiva il demone che l’ESP di Lissa aveva evocato. Lo induceva al sonno. Poi, quando Hamlin fosse stato intontito, piantargli un paletto d’argento nel cuore. Macy non riusciva ad avvertire nessuna traccia della presenza dell’altro, adesso. Per quel che ne sapeva, l’erba l’aveva davvero steso.
— Spegni la luce — disse Macy. — Infilati a letto con me. Stiamo qui a fumare insieme.
Le cosce di lei fresche contro le sue. Si sentiva febbricitante. La tensione delle ultime ore, senza dubbio. Le punte delle oro che brillavano nel buio. Non bruciano cosi in fretta come quando uno doveva arrotolarsele da solo. Tempo per meditare, tempo per contemplare. Ma alla fine finirono. Spensero i mozziconi. Ancora nessun segno dell’anima passionale e deforme di Nat Hamlin dentro di lui. Forse l’erba era la cura giusta.
Tocco Lissa.
Muoversi nel letto era difficile, a causa del gomito dolorante. Tuttavia ci riusci. Infilo il braccio destro sotto la sua schiena, con la mano che sbucava dalla parte opposta per stringerle il seno. Un globo morbido, sodo, ballonzolante, che traboccava dalle sue dita. Intrappolo delicatamente il capezzolo fra l’indice e il medio, muovendoli per eccitarla. Poi, con una certa difficolta, si rigiro verso l’alto, si contorse, tocco per un breve attimo, dolorosamente, con il braccio sinistro, la testiera del letto, e riusci a infilare il ginocchio destro fra le sue cosce senza perdere la presa con il seno. Le gambe di Lissa si aprirono, e lui premette il ginocchio contro il calore di lei. Lissa emise dei piccoli rumori ronfanti. Il guaio era che in quella posizione non riusciva a baciarla, non ci arrivava con il collo, ma per il momento poteva andar bene. Cautamente flette il braccio irrigidito, con l’intenzione di farglielo scivolare lungo l’inguine, se non era troppo doloroso.
Era la prima volta, da quando era diventato Paul Macy, che andava a letto con una donna.
Oh, certo, gli avevano fornito una serie di ricordi. Probabilmente era stato Gomez a incaricarsi della programmazione, quel piccolo satiro. Che sognava per lui scopate fantasma. Un adeguato curriculum eterosessuale, senza dimenticare una piccola innocente omofilia giovanile. Eccolo con Jeanie Grossman, nella villetta sul monte Rainier. Sedicenni entrambi, le piccole tette fredde e dure nelle sue mani. I lunghi capelli neri di Jeanie tutti spettinati, le cosce strette strette contro la sua mano indagatrice. Oh no, no, Paul, non farlo, ti prego, non farlo, diceva, poi cominciava a respirare raucamente e a mormorare: Cerca di essere gentile, tesoro; proprio come dicono in quegli stupidi romanzi rosa da cui probabilmente Gomez aveva rubato la scena. Cerca di essere gentile con me, Paul, e la prima volta. Sopra di lei e dentro di lei, wham bang. Colpi rapidi, frenetici. E la prima volta anche per me. Ma non glielo dice. Jeanie Grossman che ansima nel suo orgasmo inaugurale, con la massa bianca del monte Rainier che sbircia da sopra la sua spalla. Ma naturalmente non era accaduto. Non a lui. A Gomez forse, molto tempo prima; forse Gomez aveva programmato la propria vita sessuale in tutte i suoi lavori di ricostruzione, per mancanza di immaginazione. Povera Jeanie, chiunque tu sia. Un centinaio di uomini diversi crede di avere avuto la tua verginita.
E c’era molto altro nel curriculum di Macy. La donna sposata, non piu giovane, passata la trentina, che gli si era gettata addosso con improvvisa ferocia, quando aveva diciassette anni e vendeva enciclopedie, d’estate. Seduto accanto a lei sul divano, con tutte le sue carte sparse intorno, mentre diceva: Questo e un servizio esclusivo, la nostra presentazione visiva a tre dimensioni, e abbiamo la scelta fra sei rilegature in meravigliosi colori decorativi, e forse le puo interessare il nostro nuovissimo sistema videotape, e mentre lui blatera, lei spazza via i depliant dal suo grembo e si tuffa sulla cerniera, e poi l’incredibile, devastante sensazione delle sue labbra che gli avvolgono l’uccello.
Il buon vecchio Gomez. E l’infermiera a Gstaad, che l’aveva sedotto mentre era ingessato. E la ragazza tedesca grassottella, che gli faceva usare l’ingresso di servizio. E quella con la biancheria di gomma e le fruste. E anche la gara di resistenza a Kyoto. E l’orgia sulla spiaggia di Herzlia. Il buon dottore gli aveva fornito un vasto repertorio di esperienze erotiche. Ma a che serviva? Non c’era niente di reale, almeno per quel che riguardava Paul Macy, percio non poteva rivendicarlo come un bagaglio personale, piu che se l’avesse preso da Henry Miller o dal divino marchese. Era privo di ricordi sessuali autentici. Percio, in effetti, era sul punto di perdere la sua innocenza all’eta di trentanove anni.
Ma mentre abbracciava il corpo esile e flessuoso di Lissa, comprese il valore di tutti quegli episodi immaginali trapiantati dentro di lui. Un vero vergine si sarebbe trovato di fronte a problemi anatomici, ai meccanismi della faccenda, al giusto angolo di ingresso, eccetera. Lui almeno sapeva dove trovare la porta di entrata. Conoscenze di seconda mano, forse, ma utili. Il Centro Riab non l’aveva mandato allo sbaraglio nel mondo.
C’era un piccolo problema, pero. Non riusciva a farlo rizzare.
Lissa era pronta ed eccitata, ben lubrificata, e il suo strumento ancora li afflosciato. Attraverso gli occhi socchiusi lei lo guardo, e aggrotto la fronte. I succhi che inacidivano e si coagulavano dentro di lei, mentre attendeva di essere riempita nel suo vuoto. Alla fine comprese la ragione del ritardo. Si rannicchio contro di lui; una mano sullo scroto, un solletico leggero, molto abile. Ah. Si. Un po’ di vento nelle vele, finalmente. Il vecchio familiare irrigidimento che non aveva mai sperimentato. Su. Su. Su. Adesso era proprio ritto a dovere. Girati un po’, infilati dentro di lei. Si sistemarono tutti e due. Lei si preparo a riceverlo. Lui si sentiva infiammato, pulsante.
Poi udi una risata dentro, e un voce fredda, maligna:
…Guarda un po’ questo, amico.
Sbocciando sullo schermo della sua mente, l’immagine di Lissa con le gambe larghe, su un altro letto e in un’altra stanza, e lui stesso… no, non lui ma Nat Hamlin, chino su di lei, che le afferrava le caviglie e se le appoggiava sulle spalle, e calava su di lei con itifallica vitalita. La penetrava. E mentre la consumazione interiore aveva luogo, Macy senti la sua verga perdere veemenza. Di nuovo floscio; rattrappito, infantile, un pisellino invece di un uccello. Stancamente si lascio andare sulla ragazza. Farlo era impossibile per lui adesso. Non con
Lissa non capiva cosa stava succedendo, soltanto che Macy aveva perso la sua erezione nel momento critico, ed era chiaramente sconvolto per questo. Le sue lunghe braccia sottili lo abbracciarono con affetto.
— Va tutto bene — sussurro. — Hai avuto dei brutti momenti, e poi una cosa del genere puo succedere a chiunque. Poi starai meglio. Riposati. Non importa. Va tutto bene. Va tutto bene. — Gli premette la guancia sul petto. — Cerca di dormire un po’. — Lui annui. Chiuse gli occhi e cerco di rilassarsi. Dal buio, la voce di Hamlin:
…Solo per farti sapere che sono ancora qui.
5
A un certo punto, durante la notte, doveva esserci stato un flusso di forza da lei a lui, perche si era addormentato mentre lei lo confortava, e venne svegliato dai suoi singhiozzi. La stanza era immersa nel buio; mancava ancora qualche ora al mattino, eppure gli sembrava di aver dormito abbastanza. Lissa gli rivolgeva la schiena, la spina dorsale ossuta che gli premeva sul petto; giaceva raggomitolata, le ginocchia contro il petto, tirando su col naso, e ogni trenta secondi circa emettendo un singhiozzo con la bocca aperta, che scuoteva il letto. Prima che potesse occuparsi di lei, doveva pensare alle condizioni della sua testa. Tutto sembrava a posto. Si sentiva riposato e rilassato. C’era un delizioso senso di solitudine fra le sue orecchie. Quando era in contatto con Hamlin sentiva un senso di confusione nel cervello, come se matasse di filo spinato venissero srotolate nel suo cranio. Niente di questo ora. Il suo alter ego era addormentato, o forse occupato in qualche altra regione. Macy appoggio leggermente la mano sulla spalla di Lissa e la chiamo. Lei continuo a singhiozzare. La scosse leggermente.
— Cosa? — chiese lei, con voce confusa, lontana.
— Dimmi cos’hai.
Un lungo silenzio. Nessuna risposta. Era tornata ad addormentarsi? Si era mai svegliata?