Sono stato io, Nat Hamlin. Il tuo fratello gemello Nat.
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Era di nuovo al lavoro nel suo studio, dopo troppo tempo. Tutto il suo equipaggiamento era coperto da un sottile strato di polvere. Forse i delicati meccanismi interni sono rovinati, o almeno imprecisi. Cerco di costruire la struttura di un uomo e finisco con uno scimpanze, qualcosa del genere. Controllo attentamente tutti i quadranti di calibrazione: niente fuori posto, sorprendentemente. Solo polvere. Per forza, dopo tanti anni. C’era da meravigliarsi che non fossero stati distrutti dai vandali. Fottuti vandali dappertutto. E visigoti. Sfioro la tastiera principale. Quello sarebbe stato il suo capolavoro, una composizione di gruppo, l’equivalente contemporaneo dei
Un fottuto casino mettere insieme tutti i modelli contemporaneamente. Ma le interazioni di gruppo sono importanti: merda, sono l’essenziale! Ed eccoli tutti li, adesso. La grassona del circo, quattrocento chili di ciccia tremolante. Mezza tonnellata di risate. Il ragazzino della cooperativa studentesca, quello con la testa rapata. Gomez, lo strizzacervelli, per dare un tocco di ostilita. La ragazza incinta del supermercato. Togliti i vestiti, cocca, fai vedere la pancia. L’ombelico che sporge come una maniglia. E il vicepresidente della banca, molto molto per bene, lo faremo andare un po’ su di giri quando sara ora di cominciare. Poi il vecchio modello in gesso, dei tempi di scuola, l’Apollo del Belvedere senza uccello. Una vera acrobazia tecnica cercare di ricavare una psicoscultura da un pezzo di gesso. Mancano le reazioni adeguate: una prova di maestria. E un gatto, quello con un occhio solo del piano di sotto, bianco e grigio, con una dozzina di artigli per zampa, dall’aspetto che ha.
Infine, Lissa. La mia amata. Mettiti vicino al banchiere, tesoro. Girati un po’ a sinistra. Il banchiere alza una mano. Vorrebbe prenderti una tetta ma non osa, e rimane li, sospeso nella tensione fra il desiderio e la repressione. Dovresti avere i capezzoli eretti per questa scultura; dovresti essere in calore, un po’. Aspetta, ci penso io. Una toccatina o due qui sotto. Si: guarda come si sollevano.
Bene! Bene! Tutti ai vostri posti! Interazione di gruppo, registrazione numero uno! Voglio che ciascuno di voi proietti l’emozione di cui abbiamo parlato in precedenza, proiettate solo quell’emozione, nella maniera piu pura che potete. E
Correva piu rapidamente che poteva, e lo sforzo lo stava uccidendo. Un cerchio di metallo incandescente intorno al petto. Gli occhi che gli uscivano dalle orbite. Aveva girato a sinistra, uscito dal ristorante sulla Broadway, e si era infilato in una strada buia correndo a lunghi balzi, pensando dapprima che sarebbe riuscito a farcela, ma poi aveva sentito i passi che si adeguavano esattamente ai suoi, infaticabili, e seppe che non ce l’avrebbe fatta. Non voltarti indietro. Qualcosa forse ti sta raggiungendo.
Nat Hamlin che corre veloce alle sue spalle, con il suo stesso corpo, solo quattro anni piu giovane. Gridando parolacce mentre corre. Che linguaggio che ha! Uno penserebbe che gli artisti siano tipi estetici, raffinati, invece eccoti questa antologia di sconcezze che mi rincorre. Grida: Ehi, tu, Macy, checca rincoglionita, fermati! Abbiamo un sacco di cose da dirci, stronzo!
Sicuro. La prima cosa di cui dobbiamo parlare e chi di noi due deve vivere e chi deve morire, e lo so gia qual e la tua posizione su questo argomento, Nat. Percio ho intenzione di continuare a darmela a gambe finche non crollo. Forse crollerai prima tu, anche se sei piu giovane. Con tutto l’acido e le oro e le puttane che ti fai, mentre io ho fatto una vita sana al Centro, in tutti questi anni.
Avanti, avanti. Quasi al ponte adesso. Le torri scintillanti della Vecchia Manhattan davanti a me. Hamlin continua a urlare oscenita. Non e un occhio volante della rete quello lassu? Sicuro che lo e! Ci sta seguendo, registrando tutto quanto, nel caso ci sia un bell’omicidio. Chiama la polizia, macchina deficiente! Guarda, c’e un pazzo che mi insegue, un criminale condannato fuggito illegalmente nella vita dopo essere stato sradicato! Vedi, vedi, ha la mia faccia! Perche non fai qualcosa? Sono uno della rete, non vedi? Paul Macy, numero sei alle notizie della sera. Lo so che sei solo una macchina, un giornalista obbiettivo, un osservatore automatico e passivo, ma lascia perdere queste stronzate adesso. La mia vita e in pericolo. Se mi prende. E non ce la faccio piu. Ho le budella in fiamme. Tutti quegli spaghetti dentro che vanno su e giu ad ogni passo. Il fegato che fa le capriole. Oh, Cristo, una mano sulla spalla. Preso!
Giu a terra. Le sue ginocchia contro le ascelle. Bloccato. Le sue labbra che sbavano. Un pazzo con la mia faccia. Vai via! Vai via! Vai via! E lui ride. E sopra la spalla vedo l’occhio volante che registra ogni cosa. Meraviglioso.
Si muoveva stancamente in un sobborgo immerso nel sonno, Queens o Staten Island, non sapeva bene quale. Sembravano tutti uguali. Una gelida giornata di gennaio. Un’area di alta pressione si era stabilita sulla citta: non si vedeva neppure una nuvola, soltanto una cupola azzurra che premeva sulla terra, nessun indizio di neve, anche se qualche cumolo annerito di quella caduta a Natale giaceva ancora lungo i margini della strada. In quel clima secco era difficile credere che sarebbe mai piovuto ancora. Gli alberi senza foglie simili a mazzi di stecchi che gridavano silenziosamente: sono una quercia, sono un acero, sono una magnolia, e nessuno che li ascoltava, perche sembravano tutti uguali. Tozze case in mattoni a due piani, a una distanza ragionevole l’una dall’altra, su entrambi i lati della strada. I bambini a scuola. I mariti al lavoro. Una mogliettina dietro ogni finestra munita di tendine.
Non sapeva bene come era arrivato fin li. Era partito dal Connecticut alle nove e mezzo di mattina circa, il lavoro che gli veniva tutto sbagliato: un fottuto incubo nello studio, che era terminato in un orribile pasticcio, rovinandogli una settimana di fatiche. Poi si era messo in macchina, aveva attraversato la citta, passando su due o forse tre ponti, e si era ritrovato li. E quella familiare foschia gialla che gli circondava le tempie e la fronte, la nebbia umida della pazzia. L’accolse con piacere. Arriva un momento in cui uno si deve arrendere alle forze oscure. Si, si, avanti, prendete possesso di me. Nat Hamlin al vostro servizio. Chiamatemi Raskolnikov junior. Ah, quel matto di un russo ne capiva qualcosa! Come ribolliamo dentro. E qualche volta fuori.
Guarda quella casa. Una villetta di periferia perfettamente banale, vecchia di una cinquantina d’anni, prodotto dei folli anni Settanta, dei raccapriccianti anni Sessanta. Portero qualche illuminazione nella sua squallida esistenza. Mediante un atto di volonta intensifichero l’esperienza di vita dei suoi abitanti. Vedi quanto e facile forzare la porta laterale? Solo un piccolo chiavistello: basta inserire la taglierina, muoverla su e giu, spingere… ecco.
Adesso entriamo. Buon giorno signora, sono lo stupratore pazzo, il satiro di Darien, e oggi vendo terrore estatico. No, non gridi, sono suo amico. Non faccio del male inutile. Le assicuro che non sarei qui, se non fosse per questo impulso irresistibile che mi e venuto. E colpa mia se mi manca qualche rotella? Ognuno ha diritto ad avere il suo esaurimento. Specialmente se e un artista importante. Dovrebbe essere entusiasta sapendo chi la scopera. Lei e diventata parte di una delle piu significative disintegrazioni personali nell’arte occidentale. Come se io fossi Van Gogh e mi tagliassi il fottuto orecchio proprio qui sul linoleum della sua cucina. Questo non le fornirebbe come minimo un posto periferico nella sua biografia? Bene, allora. Lui ha avuto il suo collasso, io ho il mio. Venga qui, adesso. Togliamo quella vestaglia. Vediamo che razza di mercanzia offre. Scusi, non l’avrei strappata se lei avesse cooperato. Perche opporsi? Sarebbe molto piu significativo per lei se si limitasse a stendersi e collaborare. Ecco, ecco. Vede, si sta bagnando per me! Come puo negare l’attivita delle sue glandole di Bartolino? Questa lubrificazione la qualifica come puttana, signora mia! Ah. Dentro. Dentro. Questo e il biglietto. Dentro e fuori, dentro e fuori.