uomini.
— Sei ancora in contatto con gli altri?
— No.
— Che cos’e successo?
— Mi sono fatto da parte — disse Nyquist. — Che ti aspettavi? Che avessimo formato un clan? Ma pensaci, noi parliamo, giochiamo con le nostre menti, finiamo per conoscerci, e dopo un po’ ci scocciamo. Penso che due di loro, adesso, siano morti. Non ho nessuna intenzione di restare isolato dal resto dei miei simili. Non penso affatto a me come a un membro di una tribu.
— Io non ne ho mai incontrato un altro — disse Selig. — Prima d’oggi.
— Non e una cosa importante. Quello che importa e vivere la propria vita. Quanti anni avevi quando hai scoperto che riuscivi?
— Non lo so. Avevo cinque o sei anni, forse. E tu?
— Non mi sono reso conto di possedere qualcosa di speciale prima degli undici anni. Pensavo che tutti potessero farlo. Fu soltanto dopo il mio arrivo in America, quando ho sentito la gente parlare una lingua diversa, che ho capito di avere nella mente qualcosa fuori dal comune.
— Che lavoro fai? — chiese Selig.
— Lavoro meno che posso — fu la risposta di Nyquist. Fece un largo sorriso e bruscamente insinuo i suoi sensori nella mente di Selig. Pareva quasi una specie di invito; Selig accetto e spinse avanti le sue antenne personali. Vagando nella coscienza dell’altro uomo, rapidamente afferro il quadro delle uscite di Nyquist in Wall Street. Vide tutta la vita di quell’uomo, equilibrata, ritmata, senza ossessioni. Era stupito dalla freddezza di Nyquist, dalla sua integrita, dalla sua chiarezza di spirito. Com’era limpido lo spirito di Nyquist! Quanto poco l’aveva segnato la vita! Dove la teneva la sua angoscia? Dov’era nascosta la sua solitudine, la sua paura, la sua insicurezza? Nyquist, ritirandosi, disse: — Perche provi tanto dolore per te stesso?
— Io?
— La tua testa ne e piena zeppa. Qual e il problema, Selig? Ho guardato dentro di te e non ho visto il problema, soltanto il dolore.
— Il problema e che mi sento isolato dagli altri esseri umani.
— Isolato? Tu? Ma se tu puoi addirittura entrare nella testa della gente? Tu puoi fare una cosa che il 99,999 per cento della razza umana non puo assolutamente fare. Loro sono obbligati ad arrabattarsi usando parole, approssimazioni, segnali di semafori, mentre tu vai dritto al nocciolo del significato. Come puoi considerarti isolato?
— L’informazione che mi procuro e inutile — disse Selig. — Non posso farne un punto di partenza per agire. Potrei agire allo stesso modo anche se non leggessi nel pensiero.
— Perche?
— Perche e soltanto voyeurismo. Sono uno che spia dentro di loro.
— Ti senti in colpa per questo?
— Tu no?
— Io non mi pongo domande sulle mie capacita — rispose Nyquist. — Si da il caso che le abbia. Dal momento che le ho, me ne servo. Mi piace il tipo di vita che faccio. Mi piace come sono. Perche a te, Selig, non piace come sei?
— Dimmelo tu.
Nyquist, pero, non aveva niente da dirgli, e quando lui ebbe finito il drink scese giu. Quando rientro, il suo appartamento gli parve cosi estraneo che lui passo qualche minuto a toccare alcuni oggetti familiari: la fotografia dei suoi genitori; la sua piccola collezione di lettere d’amore dell’adolescenza, il giocattolo di plastica che lo psichiatra gli aveva dato anni prima. La presenza di Nyquist continuava a ronzargli in testa, un rimasuglio della visita, niente di piu, perche Selig era sicuro che Nyquist adesso non lo stava sondando. Si sentiva cosi in subbuglio per il loro incontro, cosi disturbato dentro, che decise di non rivederlo mai piu, di traslocare da qualche parte il piu presto possibile, a Manhattan, a Filadelfia, a Los Angeles, da qualunque parte purche fosse fuori tiro da Nyquist. Per tutta la vita aveva sognato di incontrare qualcuno che condivideva il suo stesso dono, e, adesso che lo aveva incontrato, se ne sentiva minacciato. Nyquist controllava attentamente la sua esistenza da riuscire terrificante. Mi umiliera, penso Selig. Mi distruggera. Pero quel panico svani. Due giorni piu tardi Nyquist torno piu volte all’attacco per chiedergli di uscire a cena. Mangiarono in un ristorante messicano da quelle parti, concedendosi carta bianca. Sembro ancora a Selig che Nyquist stesse giocando con lui, stuzzicandolo, tenendolo a distanza e solleticandolo; pero lo faceva tanto amabilmente che Selig non provo nessun risentimento. Il fascino di Nyquist era irresistibile, e la sua forza meritava di essere presa come modello di comportamento. Nyquist sembrava un fratello piu vecchio che lo aveva preceduto in quella valle di traumi e ne era emerso indenne tanto tempo prima; adesso stava prendendosi gioco di Selig per portarlo ad accettare i termini della sua esistenza. La condizione superumana, cosi la chiamava Nyquist.
Divennero intimi amici. Uscivano insieme due o tre volte alla settimana, mangiavano insieme, bevevano insieme. Selig aveva sempre immaginato che l’amicizia con qualcun altro di quel genere sarebbe stata unica, intensa, ma non cosi; dopo la prima settimana, davano per scontata la loro particolarita e quasi mai discussero del dono che condividevano. Non accadde mai che si congratulassero l’un l’altro per aver formato un’alleanza contro il mondo non dotato che il circondava. Loro comunicavano certe volte a parole, certe volte per contatto mentale diretto; divento un rapporto di amicizia piacevole, allegro, messo alla prova soltanto quando Selig scivolava in quello stato d’animo tutto rimuginazioni che gli era abituale: allora Nyquist lo prendeva in giro per la sua autocommiserazione. Pero anche questo non rappresento un vero ostacolo fra loro prima dei giorni della tormenta di neve, quando tutte le tensioni furono moltiplicate dal fatto che stavano passando troppo tempo insieme.
— Prendi il tuo bicchiere — disse Nyquist.
Gli verso uno spruzzo ambrato di bourbon. Selig si accomodo di nuovo per bere, mentre Nyquist si metteva in giro alla ricerca delle ragazze. Gli ci vollero cinque minuti. Sondo tutto il palazzo e scopri un paio di ragazze che vivevano insieme, proprio al quinto piano. — Da un’occhiata — disse a Selig. Selig entro nella mente di Nyquist. Nyquist si era sintonizzato sulla coscienza di una delle ragazze — sensuale, indolente, felina — e, attraverso gli occhi di lei, stava guardando un’altra ragazza, una bionda alta, magra. Nonostante subisse una doppia riflessione, l’immagine mentale era nitidissima: la bionda aveva gambe lunghe, era sensuale, un portamento da modella. — Questa e mia — disse Nyquist. — Adesso dimmi se ti piace la tua. — Balzo, trascinando con se Selig, nella mente della bionda. Si, un figurino, piu intelligente dell’altra ragazza, fredda, egoista, passionale. Dalla sua mente, via Nyquist, arrivo l’immagine della sua compagna di stanza, scompostamente sdraiata su di un sofa, con indosso una vestaglietta tutta rosa: piccola, tonda, dai capelli rossi, ben dotata in fatto di seni, un viso da luna piena. — Ma sicuro — disse Selig. — Perche no? — Nyquist, rovistando in quelle due menti, scovo il numero di telefono delle ragazze, le chiamo, mise in opera tutto il suo fascino. Loro scesero per un drink. — Che spaventosa bufera di neve — disse la bionda, rabbrividendo. — C’e da diventar matti! — I quattro passarono attraverso un mucchio di liquori con un ronzante accompagnamento jazz: Mingus, MJQ, Chico Hamilton. La rossa era meglio di quel che Selig si aspettava, non proprio cosi grassottella, non sgraziata — la doppia riflessione doveva aver introdotto qualche distorsione — ma rideva scioccamente, e lui scopri che non gli piaceva quasi per niente. Comunque non si poteva certo far marcia indietro a quel punto. Finalmente, molto tardi nella serata, si accoppiarono. Nyquist e la bionda in camera da letto, Selig e la rossa in soggiorno. Quando furono finalmente soli, Selig le ridacchio in faccia tutto imbarazzato. Non era mai riuscito a imparare come eliminare quel modo di ridere tutto infantile, che, lo sapeva bene, rivelava un miscuglio di timida pregustazione e opprimente terrore. — Salve — disse lui. Si baciarono e le mani di lui si portarono sui seni e lei si spinse sopra di lui in un modo spudoratamente affamato. Pareva avesse qualche anno piu di lui, pero la maggioranza delle donne gli dava questa impressione. I loro abiti partirono. — Mi piacciono gli uomini magri — disse lei, e faceva risatine sciocche pizzicando la sua carne scarsa. I suoi seni si alzarono verso di lui come uccelli rosati. La accarezzo con una timida insistenza, da vergine. In quei mesi di amicizia, Nyquist occasionalmente gli aveva passato le donne che lui scartava, ma erano settimane che non andava a letto con nessuna, e aveva paura che la sua astinenza potesse procurargli qualche guaio imbarazzante. No: il liquore raffreddava la sua foga al punto giusto e lui si controllo, infilandola solennemente e energicamente senza paura di venire troppo presto.
Quando, piu o meno, si rese conto che la rossa aveva bevuto troppo per venire, Selig si senti solleticare nel cranio; Nyquist lo stava sondando! Questa dimostrazione di curiosita, questo voyeurismo, assunse l’aspetto di una strana deviazione dal solito Nyquist riservato. Quella di spiare e un’abitudine