dodici anni; gli adulti lo trovavano intelligente da far paura. Pero, in classe, era indisciplinato, rumoroso, maleducato; i compiti in classe, inevitabilmente elementari per lui, lo portavano all’esasperazione; suoi unici amici erano i disadattati, che lui perseguitava crudelmente. La maggioranza dei bambini lo odiava e tutti gli insegnanti avevano paura della sua imprevedibilita. Un giorno aveva scaricato tutto un estintore solo per vedere se spruzzava schiuma, come prometteva. La spruzzava. Porto a scuola alcune bisce e le lascio libere nell’auditorium. Scimmiottava i compagni di classe e anche gli insegnanti con maligna precisione.

— Al dottor Hittner piacerebbe fare una piccola chiacchierata con te — gli disse sua madre. — Ha sentito dire che tu sei proprio un ragazzo speciale e gli piacerebbe poterti conoscere meglio -. David si oppose, prendendo come bersaglio il nome dello psichiatra: — Hitler? Hitler? Non ho bisogno di parlare con Hitler!

Si era alla fine del 1942 e quell’infantile gioco di parole era inevitabile; lui, pero, vi si aggrappo con irritante testardaggine. — Il dottor Hitler ha bisogno di vedermi. Il dottor Hitler ha bisogno di conoscermi -. Sua madre disse: — No, David, e Hittner, Hittner, con la n.

Alla fine ci ando. Nell’ufficio dello psichiatra si irrigidi, e quando il dottor Hittner sorrise benignamente e disse: — Eccoci qui, David — David alzo di colpo un braccio, rigido, e scatto: — Heil!

Il dottor Hittner trattenne una risata.

— Ti sbagli, ragazzo — disse. — Io sono Hittner, con la n. - Forse aveva gia sentito prima battute del genere. Era un uomo enorme con una lunga faccia da cavallo, un’ampia bocca carnosa, una fronte ampia sporgente. Occhi d’un azzurro acquoso brillavano dietro occhiali senza montatura. Le pelle era morbida e rasata, e lui aveva un odore penetrante, e stava sforzandosi, anche se con fatica, di apparire amichevole e divertito, quasi un fratello maggiore; pero David non pote fare a meno di avvertire che l’atteggiamento fraterno del dottor Hittner era soltanto una messinscena. Era una sensazione che aveva provato con la maggioranza degli adulti: facevano un mucchio di sorrisi, ma dentro di loro pensavano cose come: 'Che marmocchio terribile, dannato ragazzino!' Perfino sua madre e suo padre, talvolta, pensavano cose del genere. Lui non riusciva proprio a capire perche gli adulti dicessero una cosa con la faccia e un’altra con la mente, ma ci si era abituato. Era qualcosa che ormai si aspettava e accettava.

— Facciamo qualche gioco, vuoi? — disse il dottor Hittner.

Dalle tasche della sua giacca di tweed tiro fuori un piccolo globo di plastica attaccato a una catena di metallo. Lo fece vedere a David; poi lo sospinse lungo la catena e il globo si smembro in otto o nove pezzi di colori diversi. — Adesso guarda attentamente, intanto che li rimetto insieme — disse il dottor Hittner. Le sue grosse dita ricomposero abilmente il globo. Poi di nuovo lo divise in tante parti e lo spinse verso David, attraverso la scrivania. — E il tuo turno. Sei capace anche tu di rimetterlo insieme?

David ricordava che il dottore era partito prendendo un pezzo bianco a forma di E e adattando, in una delle sue scanalature, il pezzo azzurro a forma di D. Poi era stata la volta del pezzo giallo, ma David non riusciva a ricordare che cosa bisognava farne; ristette un attimo, imbarazzato, finche il dottor Hittner cortesemente gli proietto un’immagine mentale della soluzione. David esegui, e il resto fu facile. Rimase incastrato un paio di volte, pero riusci sempre a tirar fuori la risposta giusta dalla mente del dottore. 'Perche mi fa fare un test,' si chiedeva stupito David, 'se poi continua a darmi tanti suggerimenti? Che cosa sta saggiando?' Quando il globo fu rimesso a posto, David lo restitui. — Ti piacerebbe tenertelo? — chiese il dottor Hittner.

— Non mi serve — rispose David. Comunque se lo mise in tasca.

Fecero vari altri giochetti. Ce n’era uno con alcune piccole carte piu o meno delle dimensioni delle carte da gioco, con disegni di animali, uccelli, alberi e case; David doveva disporli in modo che formassero una piccola storia, e poi dire al dottore qual era la storia. Lui le sparpaglio a casaccio sulla scrivania e ci imbasti sopra una storia via via che procedeva: — L’anatra va nella foresta, come vedi, e incontra il lupo, cosi si trasforma in rana e salta via dal lupo dritto dritto nella bocca di un elefante; sfugge alle zanne dell’elefante e casca in un lago, e quando viene a galla vede la bellissima principessa, che dice: vieni a casa, che ti daro pan di zenzero; lui pero sa leggere nella sua mente e vede che in realta quella e una strega malvagia, che…

Un altro gioco implicava strisce di carta sulle quali c’erano grosse macchie di inchiostro azzurre. — Qualcuna di queste forme ti ricorda qualche cosa di concreto? — chiese il dottore. — Si — rispose David — questo e un elefante, vede, qui c’e la coda e qui e tutto accasciato, e queste sono le zanne, e qui e dove lui fa pipi. — Ormai aveva scoperto che il dottor Hittner diventava molto interessato quando lui parlava di zanne e di pipi, percio gli offri ampie possibilita di interesse, andando a scovare cose di quel tipo in ogni macchia. A David questo sembrava proprio un gioco scemo, pero, a quel che pareva, era importante per Hittner, che prendeva appunti su tutto quello che David diceva. David studiava la mente del dottor Hittner mentre lo psichiatra annotava. La maggior parte delle parole che coglieva erano incomprensibili, ma ne riconobbe alcune; i termini adulti delle parti del corpo che sua madre gli aveva insegnato: pene, vulva, natiche, retto, cose di questo genere. Era ovvio che al dottor Hittner queste parole piacevano moltissimo, cosi David comincio a servirsene. — Questo e il disegno di un’aquila che ha afferrato una piccola pecora. E in questa successiva c’e un uomo e una donna, e tutti e due sono nudi, e l’uomo sta tentando di mettere il suo pene dentro la vulva della donna pero non ci passa, e… — David osservo la penna stilografica che volava sopra il foglio. Fece un largo sorriso al dottor Hittner e passo alla macchia seguente.

Poi fecero dei giochi di parole. Il dottore diceva una parola e chiedeva a David di dire la prima parola che gli veniva in mente. David trovava molto piu divertente dire la prima parola che veniva in mente al dottor Hittner. Impiegava soltanto una frazione di secondo per afferrarla, e non sembrava che il dottor Hittner si rendesse conto di quello che succedeva. Il gioco si svolse piu o meno cosi:

— Padre.

— Pene.

— Madre.

— Letto.

— Bambino.

— Morto.

— Acqua.

— Ventre.

— Tunnel.

— Vagina.

— Cassa da morto.

— Madre.

Erano le parole giuste da dire? Chi era il vincitore in quel gioco? Perche il dottor Hittner appariva cosi sconvolto?

Finalmente smisero di fare giochi e si limitarono a chiacchierare. — Tu sei un ragazzino molto intelligente — disse il dottor Hittner. — Non ti faccio del male dicendotelo, perche lo sai gia. Che cosa vuoi fare da grande?

— Niente.

— Niente?

— Mi piace soltanto giocare e leggere un mucchio di libri e nuotare.

— Ma come ti guadagnerai da vivere?

— Mi faro dare i soldi dalla gente quando ne avro bisogno.

— Se trovi il modo, spero proprio che mi svelerai il segreto — disse il dottore. — Ci stai bene qui a scuola?

— No.

— Perche no?

— I maestri sono troppo severi. Lo studio e troppo stupido. Ai ragazzi non piaccio.

— Non ti sei mai chiesto perche non ti vogliono bene?

— Perche sono piu intelligente di loro — rispose David. — Perche io… — Ahi! Quasi lo diceva. 'Perche io posso vedere quello che stanno pensando'. Non devi mai dirlo a nessuno. Il dottor Hittner stava aspettando che lui finisse la frase.

— Perche io faccio un mucchio di casino in classe.

— E perche fai cosi, David?

— Non lo so. Mi da qualcosa da fare, credo.

— Forse se tu non disturbassi tanto, loro ti vorrebbero bene. Non vuoi che gli altri ti vogliano bene?

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