Banca?

— No, naturalmente.

Mi accompagno verso la porta. Tremavo, sudavo e dovevo avere uno sguardo allucinato. Ma non riuscii a stare zitto.

— E non dirai in giro che do i numeri, vero, Bob? Perche non e vero. Puo darsi che sia sull’orlo di un tremendo sconvolgimento della coscienza, ma non sto diventando matto. Davvero, Bob, non sto diventando matto — urlai quasi, e in modo cosi veemente da suonare poco persuasivo anche alle mie orecchie.

— Continuo a pensare che potresti prenderti una breve vacanza. Ma, comunque, stai tranquillo, non mettero in giro la voce di un tuo imminente ricovero in manicomio.

— Grazie, Bob.

— Grazie per essere venuto da me.

— Non mi sarei fidato di nessun altro.

— Andra tutto bene. Non ti preoccupare di Quinn. Controllero se comincia davvero ad avere dei guai con la signora Goldstein e il signor Rosemblum. Tu, intanto, potresti fare qualche sondaggio nel tuo reparto — mi strinse la mano. — Riposati, Lew. Concediti un po’ di riposo.

21

E cosi feci in modo che la profezia si realizzasse pur avendo avuto il potere d’impedirla. Ma l’avevo avuto davvero? Avevo rifiutato di mettere alla prova l’ostinato determinismo di Carvajal. Era come un’ammissione di colpevolezza, la mia. Quinn avrebbe parlato all’inaugurazione della Banca. Quinn avrebbe raccontato le sue stupide storielle su Israele. La signora Goldstein avrebbe brontolato; il signor Rosemblum avrebbe imprecato. Il sindaco si sarebbe fatto dei nemici superflui; il “Times” avrebbe avuto una storia piccante; noi ci saremmo messi al lavoro per riparare al danno; Carvajal avrebbe avuto ragione ancora una volta. Sarebbe stato cosi facile intervenire, direte voi. Perche non mettere alla prova il sistema? Vai a vedere il bluff di Carvajal. Be’, non l’avevo fatto. Ne avevo avuto la possibilita, ma aveva vinto la paura, come se per qualche segreta ragione sapessi che le stelle sarebbero sprofondate nel caos se fossi intervenuto nel corso degli eventi. Cosi mi ero arreso alla pretesa inevitabilita della cosa senza neppure lottare. Ma avevo davvero rinunciato cosi facilmente? Ero mai stato veramente libero di agire? Non era anche la mia resa, forse, parte dell’immutabile copione eterno?

22

Tutti hanno questa dote naturale, mi aveva detto Carvajal.

Pochissimi sanno usarla. Aveva parlato di un tempo in cui anch’io sarei stato capace di “vedere”. Non “se” ma “quando”.

L’idea mi terrorizzava ed esaltava. Guardare nel futuro, non dover lottare contro l’imprevisto e il caso, oltrepassare le imprecisioni nebbiose del metodo stocastico per approdare alla certezza assoluta, si, si, si, era fantastico, ma quanto sgomento incuteva! Spalancare quella porta buia, scrutare lungo il corso del tempo le meraviglie e i misteri che ci attendono!

Mi incuteva sgomento, perche sapevo che avrei potuto “vedere” qualcosa che mi avrebbe causato dolore e questo avrebbe potuto svuotarmi e distruggermi come Carvajal apparentemente era stato svuotato e distrutto dalla sicurezza della propria morte. Fantastico, perche “vedere” significava sfuggire al caos dell’ignoto; significava il raggiungimento finale di quella vita completamente strutturata e determinata a cui avevo anelato dal momento in cui, abbandonando il nichilismo adolescente, avevo accettato la filosofia della causalita.

Ma se davvero Carvajal conosceva il modo di donarmi la visione della vita, io volevo usarla in modo diverso, senza permettere che facesse di me un eremita avvizzito, senza inchinarmi passivamente agli ordini di un invisibile drammaturgo, senza accettare di diventare un burattino come Carvajal. No, io avrei usato quel dono in modo attivo, l’avrei adoperato per plasmare e dirigere il flusso della storia, avrei approfittato della mia conoscenza unica per guidare, comandare e modificare, per quanto ne fossi capace, il corso degli eventi umani.

Secondo Carvajal, era impossibile plasmare e guidare gli avvenimenti. Impossibile per lui, forse, ma perche io avrei dovuto essere condizionato dai suoi limiti? Anche se il futuro e fisso e immutabile, la sua conoscenza potrebbe comunque essere usata per attenuare le disgrazie, indirizzare le proprie energie in una direzione nuova, creare nuovi orizzonti sulle macerie di quelli vecchi. Ci avrei provato. Insegnami a “vedere”, Carvajal, e lasciami tentare!

23

Alla fine di giugno Sundara spari senza lasciare un messaggio e rimase fuori casa cinque giorni. Non avvisai la polizia. Quando torno, senza degnarsi di darmi una spiegazione, non le chiesi dove fosse stata. Bombay, Terra del Fuoco, Capetown, Bangkok, per me non faceva nessuna differenza. Stavo diventando un buon marito-transit. Forse aveva passato tutto quel tempo distesa sull’altare di qualche sede locale del Passaggio, o forse era andata a lavorare in un bordello dei Bronx. Non lo sapevo, non volevo pensarci. Ormai non c’era piu intesa, ne contatto tra noi; pattinavamo a fianco a fianco sul ghiaccio sottile senza mai scambiare un’occhiata, senza mai rivolgerci la parola, scivolando via in silenzio verso una meta ignota e pericolosa. I riti del Passaggio occupavano le sue energie notte e giorno, giorno e notte.

— Cosa ne ricavi? — avrei voluto chiederle. — Cosa significa per te?

Non lo feci. Una sera afosa di luglio torno a casa tardi dopo aver fatto chissa cosa in citta; indossava un semplice sari turchese che aderiva alla pelle umida in modo cosi lascivo che nella puritana Nuova Delhi l’avrebbero condannata a dieci anni per oltraggio al pudore. Mi venne vicino, mi poso le braccia sulle spalle e mi strinse forte, tanto che il calore del suo corpo mi fece tremare, i suoi occhi incontrarono i miei e nelle sue pupille nere e lucenti vidi un’espressione di dolore, di sconfitta e di rimpianto, un’espressione agghiacciante di pena accorata. Poi, come se fossi riuscito a leggerle nel pensiero, sentii chiaramente la sua voce che mormorava: — Di’ una parola, Lew, solo una parola, e lascio perdere tutto; ogni cosa tornera come prima.

So che questo era cio che mi dicevano i suoi occhi. Ma non dissi una parola. Perche rimasi in silenzio? Perche sospettavo che Sundara stesse provando su di me un altro di quegli stupidi esercizi del Transit, stesse giocando a pensavi-che-dicessi-sul-serio? O perche in qualche angolo remoto della mia anima non volevo, davvero, che si allontanasse dalla strada che aveva scelto?

24

Quinn mi mando a chiamare. Era il giorno prima della cerimonia alla Banca del Kuwait.

Quando entrai, era in piedi al centro del suo ufficio. La stanza era anonima e squallidamente funzionale, tutto l’opposto del maestoso studio di Lombroso; i mobili municipali scuri erano tutt’altro che eleganti e sulle pareti era appesa una serie di ritratti di ex sindaci, ma quel giorno c’era nell’aria un misterioso splendore. La luce del sole che filtrava dalla finestra alle spalle di Quinn lo ammantava di un’aureola dorata e il sindaco sembrava irraggiare forza, autorita e caparbieta, una corrente di luce piu intensa di quella che riceveva dal sole. Un anno e mezzo come sindaco di New York avevano lasciato il segno: la rete di rughe sottili intorno agli occhi era piu profonda di quanto non fosse il giorno dell’investitura; i capelli biondi avevano perso un po’ di lucentezza; le spalle robuste sembravano curve come se stessero cedendo sotto un peso troppo forte. Ma oggi tutto questo era sparito, gli era tornato il vecchio vigore alla Quinn. La sua presenza riempiva tutta la stanza. Mi disse: — Ti ricordi, un mese fa, quando mi dicesti che si stavano profilando nuove condizioni e che in breve tempo mi avresti dato uno schema di previsioni per

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