Thor lo interruppe bruscamente: — Sai come la penso a proposito del nostro interessamento negli affari politici.
— Si, ma ormai la causa dell’uguaglianza androide…
— La causa dell’uguaglianza androide si puo sostenere in tanti modi. Non intendo sfruttare a scopi politici la mia posizione.
— L’emendamento costituzionale…
— E inutile. Tutto inutile. Amico Classificatore, vedi quell’edificio da cui vengo? E la nostra cappella. Ti consiglio di entrare e mondarti l’anima da questi falsi valori.
— Non appartengo alla tua comunione — rispose Siegfried Classificatore.
— E io non aderisco al tuo partito politico — ribatte Thor Guardiano. — Ora scusami. Ho il mio lavoro al centro di controllo.
— Forse potremmo incontrarci al termine del tuo turno.
— In tal caso disturberesti il mio periodo di riposo. Dopo quest’ultima frase, Thor si allontano in fretta.
Dovette fare ricorso al rituale neurale della calma per allontanare la collera e l’irritazione che sentiva gonfiarsi dentro di se.
7
Manuel Krug aveva avuto una giornata piena d’impegni.
Allontanarla era una crudelta. — Dopo… — dovette dirle, con quei due spaventosi fasci di suono che gli entravano in collisione nel cervello. — Bisogna alzarsi: ci aspetta il patriarca. Oggi ci tocca andare alla torre.
Clissa gli fece il broncio. Scesi dal letto, subito l’infame suono cesso. Fecero doccia e colazione e si vestirono. — Davvero vuoi che ti accompagni? — chiese lei.
— Si. Mio padre ha detto chiaro che sei invitata — rispose Manuel. — Dice che e giunta l’ora di vedere la torre anche per te. Come mai non hai voglia di andarci?
— Ho paura di commettere qualche sciocchezza, di dire qualche stupidaggine. Mi sento terribilmente immatura quando gli sono vicina.
— Ma tu
— E gli ospiti… il senatore Fearon, lo scienziato, e chissa chi altro… Manuel, mi sento gia imbarazzata adesso!
— Clissa!
— Si. Si.
— E ricorda: la torre deve sbalordirti. Come se fosse la piu grande impresa dell’umanita dopo il Taj Mahal. Dovrai dirglielo, dopo averla vista. Non come te l’ho detto io, s’intende; devi dargli l’idea con parole tue.
— Lui ci tiene molto alla torre, no? — chiese Clissa. — Si aspetta davvero di parlare con le stelle?
— Si.
— E quanto gli costera?
— Miliardi — rispose Manuel.
— Ci consuma l’eredita per costruirla. Spendera tutto.
— No, tutto no. Qualche spicciolo ci rimarra sempre. Ma in fondo i soldi se li e fatti lui: se li spenda pure come gli garba.
— Ma per un’ossessione… per una fantasticheria…
— Piantala, Clissa. Queste cose non ci riguardano.
— Almeno, dimmi una cosa. Supponiamo che tuo padre muoia improvvisamente, domani, e che tutto venga in mano a te. Cosa succederebbe alla torre?
Manuel formo le coordinate per il balzo trasmat a New York.
— Farei sospendere i lavori entro ventiquattr’ore — rispose. — Ma se solo provi a dirglielo ti taglio la gola. Ora entra. Si parte.
Ma, naturalmente, il conto veniva pareggiato dai doni elargiti a chi viaggiava nel verso opposto. L’estate del ’16, alla vigilia del matrimonio, Manuel e gli amici del Gruppo dello Spettro avevano fatto la corsa dell’alba, percorrendo la faccia del mondo in direzione occidentale. Avevano cominciato alle sei del sabato, nella Riserva di Caccia Ambroseli, con il sole che montava da dietro il Kilimanjaro, e poi erano saltati a Kinshasa, Accra, Rio, Caracas, Vera Cruz, Albuquerque, Los Angeles, Honolulu, Auckland, Brisbane, Singapore, Pnompenh, Calcutta, Mecca. Nel mondo dei trasmat non c’era bisogno di visti ne di passaporti: il mezzo di trasporto istantaneo aveva fatto diventare assurdi quei vecchiumi. Il povero Sole, come sempre, arrancava nel cielo a meno di duemila chilometri l’ora, ma i viaggiatori potevano balzare da un punto all’altro senza le remore dell’astro. Si erano fermati un quarto d’ora qui, venti minuti la, a farsi un bicchiere o a iniettarsi un sollevato, a comprare ricordini di viaggio e a visitare famose anticaglie, ma avevano continuato a guadagnare tempo, indietreggiando sempre piu nelle ore della notte precedente, superando il sole nella corsa intorno al globo, ed erano entrati nella sera del venerdi. Naturalmente si erano persi tutto il guadagno quando, tagliando il meridiano del cambiamento di data, erano cascati nel pomeriggio del sabato. Ma avevano rosicchiato la perdita continuando a ovest: al loro ritorno al Kilimanjaro non erano neppure le undici, si trovavano nello stesso sabato mattina in cui erano partiti, avevano fatto il giro del mondo e vissuto un venerdi e mezzo.
Con il trasmat si potevano fare cose di questo genere. Inoltre, programmando con cura la successione dei balzi, si potevano anche vedere ventiquattro tramonti nella stessa giornata, o passare la vita sotto il bagliore di un eterno mezzodi. Comunque, arrivando a New York alle undici e quaranta dalla California, Manuel provava fastidio per aver dovuto regalare al trasmat una bella fetta della sua mattinata.
Nell’ufficio, il padre lo saluto formalmente con una pressione delle palme, poi passo ad abbracciare Clissa in modo molto piu caloroso. Leon Spaulding gli aleggiava al fianco, con espressione inquieta. Quenelle guardava dalla finestra il panorama cittadino e girava la schiena a tutti. Manuel non provava alcuna simpatia per lei. Di solito, le amanti del padre lo lasciavano indifferente. Il vecchio sceglieva sempre lo stesso tipo di donna: labbra piene, poppe grosse, grandi chiappe, occhi foschi, cosce pesanti. Gusti da contadino.
— Devono ancora arrivare il senatore Fearon, Tom Buckleman e il professor Vargas — spiego Krug. — Thor ci fara visitare la torre in grande stile. Che impegni hai per il resto della giornata, Manuel?