continenti, e insieme il turno successivo comincio a emergere dai trasmat d’accesso, terminato il periodo di riposo trascorso in zone dopolavoristiche del Sud America e dell’India. Al suono del gong, i portaferiti stavano per lasciar cadere la barella e per correre ai trasmat anche loro. Thor ringhio seccamente un ordine e i due, come pecore, si affrettarono verso di lui.
— Sollevate Calibano Alesatore — ordino Thor — e portatelo con ogni attenzione alla cappella. Quando avrete finito potrete lasciare il turno e farvi accreditare lo straordinario.
Nel trepestio del cambiamento di turno, i due beta caricarono sulla barella l’androide ferito e si diressero a una cupola prefabbricata che sorgeva, tra decine d’altre, sul margine nord del cantiere. Erano cupole per vari usi: magazzini per materiali edilizi, cucine, docce; tre di esse accoglievano i generatori per le cabine trasmat e i nastri refrigeranti; una era il pronto soccorso degli androidi infortunati sul lavoro e un’altra, proprio al centro dell’irregolare gruppetto di emisferi di plastica grigia, era la cappella.
In qualsiasi momento del giorno e della notte, due o tre androidi, finito il loro turno, stazionavano nei pressi di quella cupola; in apparenza bighellonavano li a caso, ma in effetti facevano da sentinella per impedire l’ingresso ai Nati dal Ventre: a volte veniva a ficcare il naso qualche giornalista o qualche ospite di Krug, e le sentinelle disponevano di vari metodi, ingegnosi, per allontanarli dalla cappella senza dar luogo al proibito cozzo di volonta tra androidi ed esseri umani. Era una cappella chiusa a tutti i nati da uomo e donna. La sua stessa esistenza era nota solo agli androidi. Thor Guardiano vi giunse proprio mentre i barellieri posavano davanti all’altare Calibano Alesatore. Entrando, Thor esegui la genuflessione di rito, poggiando a terra un ginocchio e allungando innanzi a se le mani, con le palme rivolte verso l’alto. L’altare, poggiato in un bagno purpureo di fluidi nutritizi, era costituito di una massa di carne, rettangolare e rosea, sintetizzata nello stesso modo in cui venivano sintetizzati gli androidi. Era materia vivente, ma sprovvista di sensibilita: in effetti non sarebbe stata in grado di mantenersi in vita senza aiuto esterno; veniva alimentata dal di sotto, mediante continue iniezioni di metabolasi. Dietro all’altare c’era un ologramma di Simeon Krug, formato naturale, rivolto verso la porta. Le pareti della cappella erano ornate delle triplette del codice genetico RNA, iscritte dal pavimento al soffitto in infinite replicazioni:
AAA AAG AAC AAU
AGA AGG AGC AGU
ACA ACG ACC ACU
AUA AUG AUC AUU
GAA GAG GAC GAU
GGA GGG GGC GGU
GCA GCG GCC GCU
GUA GUG GUC GUU
CAA CAG CAC CAU
CGA CGG CGC CGU
CCA CCG CCC CCU
CUA CUG CUC CUU
UAA UAG UAC UAU
UGA UGG UGC UGU
UCA UCG UCC
UUA UUG UUC UUU
— Mettetelo sull’altare — ordino Thor. — Poi uscite pure.
I barellieri obbedirono. Rimasto solo con il beta morente, Thor disse: — Sono Preservatore e dunque posso farti da guida nel viaggio verso Krug. Ripeti con me, piu chiaramente che puoi:
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— Termina la sequenza. Krug ti attende.
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Le dita del beta si chiusero spasmodicamente sulla cedevole carne dell’altare. Negli ultimi minuti la sua pelle aveva preso un colore piu scuro: era passata dal rosso al violaceo. Gli occhi fissavano vitrei. Le labbra gli si erano scostate dai denti.
— Krug ti attende! — esclamo Thor, rabbioso. — Continua la sequenza!
— Non… posso. Non… respiro…
— E allora ascolta me. Ascoltami solo. Formula i codoni nella mente mentre li pronuncio io.
Disperatamente inginocchiato accanto all’altare, Thor ripete fila dopo fila il rituale genetico. A ciascun gruppo di codoni compiva la rotazione prescritta: la doppia elica, movimento dell’estremo rito. La vita sfuggiva rapidamente da Calibano Alesatore. Verso la fine, Thor fu costretto a prendersi dalla tunica un cavo di collegamento, a inserirne un’estremita nella presa del proprio polso, l’altra in quella di Calibano, e a pompare energia nel beta morente per farlo sopravvivere fino al termine delle triplette RNA. Solo allora, ormai certo di avere portato a Krug l’anima di Calibano Alesatore, Thor si stacco, si alzo, mormoro una breve preghiera per la propria salvazione e chiamo una squadra di gamma per portare via la salma.
Teso, esausto, e tuttavia felice per la redenzione di Calibano Alesatore, Thor lascio la cappella e ritorno al centro di controllo. A meta strada vide una figura alta come lui che lo attendeva: un altro alfa. Strano. Il suo turno doveva durare ancora alcune ore, poi sarebbe venuto l’alfa Euclide Pianificatore a prendere il suo posto. E quell’alfa non era Euclide. Era un androide che Thor non aveva mai visto.
Il nuovo venuto disse: — Thor Guardiano, mi puoi dedicare un istante? Sono Siegfried Classificatore, del Partito d’Eguaglianza Androide. Certo avrai sentito parlare dell’emendamento costituzionale che i nostri amici intendono presentare, al rinnovo del Parlamento. Pensavamo che tu, data la tua posizione accanto a lui, potresti procurarci un appuntamento con Krug, per chiedergli se vuole appoggiare.