ora della sua vita a cercare tra le stelle i segni di altre civilta. Un uomo che conosce a fondo i problemi della comunicazione interstellare. E il volto di Vargas portava le stigmate della sua professione: quindici anni addietro, espostosi incautamente al fascio di un telescopio neutronico in un momento di slancio irrefrenabile, Vargas si era strinato irreparabilmente tutta la parte sinistra del viso. Gli avevano ricostruito l’occhio leso, ma non avevano potuto arrestare la decalcificazione della struttura ossea sottostante. Si erano dovuti limitare a puntellarla con fibre di berillo, cosicche la fronte e la guancia di Vargas conservavano ancor oggi un aspetto incavato, inaridito. Nell’epoca della chirurgia cosmetica le deformita come la sua erano piuttosto rare; l’astronomo, tuttavia, non sembrava preoccuparsi molto di ulteriori ricostruzioni del proprio viso.

Quando Krug entro, Vargas gli rivolse il suo sorriso torto. — La torre e magnifica! — esclamo.

— Sara magnifica una volta finita — lo corresse Krug.

— No, no, e gia magnifica. Un torso stupendo! Cosi liscia, Krug, cosi imponente: e come s’innalza! Ma lo sai, Krug, amico mio, cosa stai costruendo? La prima cattedrale dell’Era galattica. Nelle migliaia d’anni a venire, quando ormai la tua torre avra esaurito il suo scopo di centro di comunicazioni, la gente si rechera ancora laggiu, e s’inginocchiera, e bacera la sua superficie levigata, e ti benedira per averla costruita. E non solo esseri umani.

— Gia. Che pensiero affascinante — mormoro Krug. — Una cattedrale. Non l’avevo mai osservata sotto tale aspetto. — Scorse il cubetto che Vargas gli porgeva nella destra. — Cos’e?

— Un dono per te.

— Un dono?

— Abbiamo individuato l’origine dei segnali — spiego Vargas. — Sarai curioso di vedere la stella.

Krug balzo in avanti, scosso. — Perche aspettare tanto tempo per dirmelo? Perche non dirlo subito; prima, quando eravamo alla torre!

— La torre era il tuo momento. Questo e il mio. Vuoi che lo proietti?

Krug gli indico la scanalatura del proiettore, con impazienza. Vargas inseri abilmente il cubo e accese l’analizzatore. Fasci bluastri di luce esploratrice sezionarono il reticolo cristallino del cubo, scavandone fuori il messaggio registrato.

Sul soffitto del planetarium fiorirono le stelle.

Krug aveva una certa familiarita con la Galassia. I suoi occhi ravvisarono configurazioni note: Sirio, Canopo, Vega, Capella, Betelgeuse, Altair, Fomalhaut, Deneb… i piu fulgidi fari dei cieli, spiegati spettacolarmente sulla cupola che lo sovrastava. Lo sguardo gli corse alle stelle piu vicine, quelle che, comprese nel raggio di una quindicina di anni luce dal sistema solare, erano state raggiunte dalle sonde stellari inviate dall’uomo: Epsilon Indi, Ross 154, Lalande 21185, l’Astro di Barnard, Wolf 359, Procione, 61 Cygni. Guardo in direzione del Toro e scorse la rossa Aldebaran luccicargli nella fronte, con dietro, lontano, il grappolo delle Iadi, e con le Pleiadi che avvampavano sotto il velo brillante. E poi le costellazioni si allargarono mentre la distanza focale si ravvicinava, mentre le distanze aumentavano. Krug si sentiva un tumulto nel petto. Vargas non aveva ancora detto parola.

— Allora? — si decise a chiedere Krug. — Cosa dovrei vedere?

— Osserva verso Acquario.

Krug scruto il cielo settentrionale. Segui la pista familiare: Perseo, Cassiopea, Andromeda, Pegaso, Acquario. Si, ecco li l’antico Coppiere tra Pesci e Capricorno. Krug si sforzo di ricordare il nome di qualche stella importante dell’Acquario, ma non approdo a nulla.

— Be’? — chiese.

— Continua a guardare. Adesso ingrandisco l’immagine.

Krug s’irrigidi mentre la volta siderea si avventava contro di lui. La forma della costellazione non riusciva piu a discernerla, ormai; capitombolavano i cieli, e ogni ordine era andato perso. Quando il movimento cesso, si trovo a fissare un singolo segmento della Galassia, ingrandito fino a occupare l’intera cupola del planetarium. Allo zenit, direttamente sopra di lui, compariva l’immagine di un anello infocato, nero all’interno e bordato di un irregolare alone di gas luminosi. Un minuscolo puntino di luce scintillava nel centro esatto dell’anello.

Vargas spiego: — Si tratta della nebulosa planetaria NGC 7293, in Acquario.

— Si?

— E l’origine dei nostri segnali.

— E con che sicurezza puoi affermarlo?

— Con sicurezza assoluta — disse l’astronomo. — Abbiamo compiuto osservazioni di parallasse, varie triangolazioni ottiche e spettroscopiche, occultamenti di conferma e altre cose. Fin dall’inizio sospettavamo che NGC 7293 fosse l’origine cercata, ma i dati definitivi sono stati elaborati solo questa mattina. Ora ne siamo sicuri.

Con la gola secca, Krug chiese: — Che distanza?

— Circa 300 anni luce.

— Niente male — disse lentamente Krug. — Niente male. Superiore alla portata delle sonde stellari, superiore alla portata di un buon contatto radio. Ma nessun problema con il fascio tachionico. La mia torre e giustificata.

— E la distanza ci lascia sperare di poter comunicare con gli autori del messaggio — aggiunse Vargas. — C’era il pericolo che provenisse da un posto come Andromeda, che la trasmissione fosse cominciata un milione d’anni fa, o anche piu…

— Questa possibilita e ormai da escludere.

— Si. Da escludere.

— Descrivimela — disse Krug. — Una nebulosa planetaria… che roba e? Se e una nebulosa, come puo essere un pianeta?

— Ne un pianeta ne una nebulosa — spiego Vargas, che intanto aveva ripreso a passeggiare. — Si tratta di un corpo astronomico piuttosto fuori del comune. Un evento straordinario. — Si fermo accanto alla vasca dei proteinoidi centauriani e vi batte le nocche. Irritate, le creature semivive presero a ondeggiare e a svolgersi pigramente. — L’anello che vedi e un guscio vuoto, una bolla di gas che circonda una stella di tipo O. E la classe spettrale delle giganti azzurre: stelle caldissime e instabili, che rimangono solo pochi millenni d’anni sulla sequenza principale. In alcune di esse, verso la fine del loro ciclo vitale, si verifica un sommovimento catastrofico, paragonabile a quello di una nova. Gli strati superficiali dell’atmosfera solare vengono espulsi violentemente, formando un immenso guscio gassoso. La nebulosa planetaria che vedi ha un diametro di 1,3 anni luce, e si espande alla velocita di quindici chilometri al secondo. Tra parentesi, la straordinaria luminosita dei gas che la compongono e dovuta a un effetto di fluorescenza: l’astro centrale produce una foltissima quantita di radiazione nella banda dell’ultravioletto, che viene assorbita dagli atomi d’idrogeno del guscio, con emissione di…

— Alt un momento! — l’interruppe Krug. — Mi stai dicendo che questo sistema solare ha subito qualcosa come l’esplosione di una nova. Che detta esplosione si e verificata in un periodo relativamente recente, tanto che il guscio e largo solo 1,3 anni luce, pur allargandosi di quindici chilometri ogni secondo. E che il sole centrale ha un’emissione ultravioletta talmente forte da portare il guscio alla fluorescenza.

— Esatto.

— Vorresti farmi credere, dunque, che c’e una razza intelligente, dentro quella fornace, che ci invia messaggi?

— Senza alcun dubbio — disse Vargas — i segnali provengono dalla NGC 7293.

— Impossibile! — tuono Krug. — Impossibile! — Si batte le mani sulle cosce. — Una gigante azzurra, tanto per cominciare, con un’eta massima di qualche milione di anni. Come puoi farci evolvere la vita, e per di piu la vita intelligente? Poi una specie di esplosione stellare… come potrebbe sopravviverci qualcosa? E le radiazioni ultraviolette? Spiegamelo tu! In un sistema solare come quello, puoi scommettere che non c’e affatto vita. Tientela pure, la tua maledetta nebulosa planetaria! Ma i segnali, i segnali? Da dove arrivano? e come?

— Abbiamo considerato questi fatti — disse Vargas, debolmente.

Ancora scosso, Krug chiese: — Vuoi dirmi che i segnali, in fin dei conti, sono solo dei fenomeni naturali? Impulsi irradiati dagli atomi di quella tua nebulosa pazza?

— Noi siamo sempre convinti che i segnali abbiano un’origine intelligente.

Di fronte a quel paradosso, Krug rimase perplesso. Fece un passo indietro, sudato, confuso. Era solo un dilettante, come astronomo; aveva letto molto, si era imbottito la testa di nastri didattici e di farmaci mnemotropici, sapeva la differenza tra una gigante rossa e una nana bianca, era capace di disegnare il diagramma di Hertzsprung-Russell, di osservare il cielo e indicare Spica e Alpha Crucis… ma si trattava di conoscenze superficiali, di una semplice patina che rimaneva all’esterno della sua mente, di un ornamento e nulla piu. Non ne era compenetrato come Vargas; non viveva interiormente quelle informazioni; non riusciva a superare agilmente i confini del nozionismo. Da cio la sua soggezione nei riguardi di Vargas. Da cio il disagio che ora provava.

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