conservati in ibernazione) era gia praticata da molto tempo, soprattutto per venire incontro ai desideri delle donne che non volevano lasciar cadere nell’oblio il proprio materiale genetico, ma che preferivano evitare la fatica e i rischi della gravidanza. Gli ectogeni, nati per procura da uomo e donna, avevano origine ancora troppo umana per servirsene come strumenti; ma perche non portare il procedimento al passo successivo, e fabbricare dei veri e propri androidi?

Era stato Krug a farlo. Egli aveva offerto al mondo gli esseri umani sintetici, molto piu versatili dei robot: creature longeve, abili, fornite di personalita complessa, completamente sottomesse ai bisogni dell’uomo. Gli androidi venivano comprati, non assunti, e per consenso generale venivano considerati dalla legge come una proprieta, non come persone. In poche parole, erano schiavi. Manuel a volte pensava che sarebbe stato piu semplice andare avanti con i robot. I robot erano delle cose che potevano venire trattate come cose e a cui si poteva pensare come a cose. Mentre invece gli androidi erano delle cose che avevano un aspetto imbarazzantemente vicino a quello degli uomini, e probabilmente non sarebbero rimasti per sempre sottomessi, disposti ad accettare la loro condizione di cose.

La vettura continuo a scivolare sul binario, percorrendo un padiglione dopo l’altro: vivai silenziosi, scarsamente illuminati, quasi vuoti tranne che per la presenza di alcuni sorveglianti androidi. Ogni nuovo androide passava i primi due anni di vita entro una camera come quella, spiego Bompensiero, e le stanze che attraversavano contenevano gruppi successivi di eta variabile da alcune settimane a venti mesi e piu. In alcuni padiglioni le camere erano aperte; squadre di tecnici beta le preparavano ad accogliere nuove infusioni di zigoti allo stadio d’innesco.

— In questa stanza — disse Bompensiero, molti locali piu avanti — c’e un gruppo di androidi maturi, pronti per “nascere”. Le interessa scendere fino a terra per vedere da vicino la decantazione?

Manuel annui.

Bompensiero giro una levetta e la vettura si sposto dolcemente dai binari e scese una rampa. Quando si arresto, tutti scesero. Manuel vide una truppa di gamma intorno a una delle camere vivaio. — Ora sono stati prosciugati i fluidi nutritizi contenuti nella camera. Da una ventina di minuti, gli androidi contenuti all’interno stanno respirando aria: la prima aria della loro vita. Adesso apriamo le valve della camera. Ecco; si avvicini, signor Krug, si avvicini pure.

La camera venne scoperchiata. Manuel guardo dentro.

Vide dodici androidi adulti (sei maschi e sei femmine), rilasciati sul fondo metallico. Avevano la bocca semiaperta, gli occhi vacui, e agitavano piano braccia e gambe. Sembravano inermi, vuoti, vulnerabili. Lilith! penso. Lilith!

Bompensiero, al suo fianco, bisbiglio: — Nei due anni tra innesco e decantazione, l’androide raggiunge la piena maturita fisica. Lo stesso processo, per un essere umano, dura da tredici a quindici anni. Questa e un’altra delle modificazioni genetiche introdotte da suo padre, signor Krug, per motivi di economia. Non produciamo androidi bambini.

Manuel disse: — Mi pare di avere sentito da qualche parte che produciamo anche un tipo di androide bambino da allevare come sostituto, per donne che non possono…

— La prego - ribatte seccamente Bompensiero. — Lasciamo stare queste… — e si fermo subito, ricordando solo allora chi aveva redarguito. Con voce piu pacata riprese: — Personalmente, non saprei dirle molto su questo tipo di cose. In questo impianto non svolgiamo lavorazioni del genere.

I gamma sollevavano i dodici androidi neonati, togliendoli dalla camera vivaio e infilandoli in certi meccanismi cavi che sembravano un incrocio tra una sedia a rotelle e una corazza. I maschi erano snelli e muscolosi, le femmine erano slanciate, con seno alto. Ma c’era qualcosa di spaventoso nella loro assenza di mente. Completamente passivi, privi totalmente di spirito, gli androidi, nudi e umidicci, non offrivano alcuna reazione mentre venivano chiusi, uno alla volta, in quei ricettacoli meccanici. Rimaneva visibile solo la faccia, dietro una mascherina trasparente, e gli occhi che fissavano senza espressione.

Bompensiero spiego: — Non sono ancora capaci di usare la muscolatura. Non sanno ne stare in piedi, ne camminare, ne fare alcunche. Queste macchine d’addestramento stimoleranno la coordinazione muscolare. Dopo un mese di permanenza, un androide e capace di comandare il proprio corpo. Adesso, se torniamo alla vettura…

— Quegli androidi che abbiamo visto — disse Manuel. — Si trattava di gamma, no?

— Di alfa.

Manuel era sbalordito. — Ma mi sembravano cosi… cosi… — Non riusciva a pronunciare la parola. — Deficienti.

— Sono appena nati — disse Bompensiero. — Perche, lei si aspettava che uscissero dal vivaio gia pronti per innestarsi a un computer?

Ritornarono alla vettura.

Lilith!

Manuel vide giovani androidi muovere i primi passi, e incespicare, e cadere, e ridere, e rimettersi in piedi e camminare meglio la seconda volta. Visito un’aula scolastica dove la materia d’insegnamento era il controllo degli sfinteri. Osservo alcuni beta sonnolenti che si sottoponevano allo stampo di personalita: un’anima veniva incisa sulla loro mente informe. S’infilo un elmetto e ascolto una lezione di lingua. L’istruzione di un androide, gli spiegarono, durava un anno per un gamma, due per un beta, quattro per un alfa. Il massimo, dunque, erano sei anni dal concepimento alla maturita. Non aveva mai pensato, prima di allora, alla rapidita del processo.

Per qualche motivo, questa nuova conoscenza gli rendeva gli androidi infinitamente meno umani. Il pacato, autorevole, imponente Thor Guardiano avra nove o dieci anni, si disse Manuel. E l’adorabile Lilith Mesone ne avra… quanti? Sette? Otto?

Manuel provo il desiderio di allontanarsi immediatamente da quel posto.

— C’e un gruppo di beta pronto per lasciare la fabbrica — disse Bompensiero. — Oggi sosterranno il controllo finale, con prove di precisione linguistica, coordinazione, risposte motorie, regolazione metabolica e altre. Forse vorra condurre personalmente l’ispezione…

— No — disse Manuel. — E stata una visita molto piacevole. Ma le ho gia rubato fin troppo tempo, e inoltre ho un appuntamento. Davvero, devo proprio…

Bompensiero non parve dispiaciuto di toglierselo dai piedi. — Come lei desidera — disse affabilmente. — E, naturalmente, siamo sempre a sua disposizione quando desiderera farci nuovamente visita, e…

— Per favore, dov’e la cabina trasmat?

Ore 22 e 41. Stoccolma. Passando in Europa, Manuel perse il resto della giornata. Una serata gelida, scura, era scesa su questa parte del globo; le stelle splendevano chiare e un vento di neve increspava le acque del Malaren. Per escludere ogni possibilita di venire seguito, Manuel aveva formato le coordinate della cabina trasmat pubblica posta nella hall dello stupendo Grand Hotel. Poi, rabbrividendo, si era immerso rapidamente nella tenebra autunnale, aveva raggiunto un’altra cabina, accanto alla grande mole dell’Opera Royal, aveva appoggiato il pollice sulla piastra d’incasso e si era acquistato un passaggio per l’altra parte di Stoccolma. Era emerso nel tranquillo, giubilato distretto residenziale di Ostermalm. Oggi quel quartiere era diventato il ghetto degli androidi. Scese in fretta la Birger Jarlsgatan e raggiunse la casa dove abitava Lilith: un palazzone del diciannovesimo secolo, che ai suoi tempi era stato un edificio lussuosissimo. Si fermo fuori dall’ingresso, si guardo attentamente alle spalle, vide che la strada era vuota, ed entro rapidamente nell’androne. Dalla portineria, un robot lo scruto e gli chiese con voce metallica, da rana, lo scopo della sua presenza. — Visita a Lilith Mesone, alfa — rispose Manuel. Il robot non fece obiezioni. Manuel poteva scegliere tra l’ascensore e le scale. Scelse le scale. Odore di muschio e ombre danzanti sulle pareti lo accompagnarono fino al quinto piano dove abitava Lilith.

Lilith lo accolse in un’elegante vestaglia variegata, aderentissima e lunga fino a terra. Poiche era una pellicola dello spessore di una molecola, non le nascondeva nessuna parte del corpo. Scivolo in avanti a braccia tese, le labbra socchiuse, il petto ansante, sussurrando il suo nome. Lui l’abbraccio.

La vide scivolare, come un piccolo grumo, sul liquido di una vasca.

La vide come una massa di nucleotidi in replicazione.

La vide nuda e umidiccia, con il vuoto negli occhi, uscire a passi incerti dalla camera vivaio.

La vide come una cosa, fabbricata dall’uomo.

Una cosa. Una cosa. Una cosa. Una cosa. Una cosa. Una cosa. Una cosa. Una cosa.

Lilith.

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