21

Il richiamo del sud

— Non capisco — disse Lona. — Come mai, qui, e estate? Quando siamo partiti, era inverno!

— Nell’emisfero boreale, si — sospiro Burris. — Ma adesso siamo sotto l’equatore. Anzi, piu sotto di cosi non potremmo essere. Qui le stagioni sono alla rovescia. Quando da noi e estate, qui hanno l’inverno. E adesso e l’estate di qui.

— Va bene, ma perche?

— C’entra il modo in cui la Terra e inclinata sul suo asse. Mentre gira intorno al sole, una parte del pianeta viene a trovarsi in posizione favorevole per essere riscaldata dalla luce solare, e una parte no. Se avessimo qui un globo, potrei mostratelo in pratica.

— Pero, se qui e estate, perche c’e tanto ghiaccio?

Piu delle domande, lo infastidiva la voce esile e un po’ querula con la quale le faceva. Burris si giro di scatto verso di lei. Il suo diaframma subiva una contrazione spasmodica, organi misteriosi gli spremevano nel sangue secrezioni colleriche.

— In malora, Lona! Ma non sei andata a scuola?

Lei si ritrasse. — Non alzare la voce con me, Minner. No, per favore.

— Non ti hanno insegnato niente?

— Ho abbandonato la scuola, di buon’ora. Non ero un’eccellente scolara.

— E adesso ti devo fare da maestro?

— Non sei obbligato — disse Lona, piano, con occhi troppo lucidi. — Con me, non sei obbligato a far niente, se non vuoi.

Egli si mise di colpo sulla difensiva. — Non intendevo alzar la voce.

— Ma l’hai alzata.

— Ho perso la pazienza. Tutte quelle domande…

— Tutte quelle domande stupide. Non e questo che avevi voglia di dire?

— Lona, smettiamo. Mi dispiace di aver perso le staffe. La notte scorsa ho dormito male e ho i nervi in malora. Facciamo una passeggiata, e cerchero di spiegarti le stagioni.

— Non ci tengo piu tanto, Minner.

— Niente stagioni, allora; ma camminiamo. Cerchiamo di calmarci.

— Credi forse che io abbia dormito molto la notte scorsa?

Egli ritenne che fosse venuto il momento di sorridere. — Direi di no. Non hai dormito molto.

— E mi metto forse a gridare e a lamentarmi?

— Per l’esattezza, si. Percio, tronchiamo qui il discorso e distendiamoci i nervi con una camminata. D’accordo?

— D’accordo — disse lei, risentita. — Una passeggiatina estiva.

— Una passeggiatina estiva.

Si infilarono dei leggeri termocappotti, con cappuccio e guanti. Per quella parte del mondo, faceva una temperatura mite: alcuni gradi sopra zero. L’Antartide subiva un’ondata di calore. L’albergo polare di Chalk sorgeva poche decine di miglia a nord del Polo (ne, come ogni altra cosa, poteva essere altrove che a nord), nella direzione del banco di Ross. La sua vasta e appiattita cupola geodesica aveva la consistenza adatta per difenderlo dai rigori della notte polare e per lasciar circolare la tipica atmosfera dell’Antartide.

Attraverso una doppia cella di uscita, passarono all’esterno, nel regno dei ghiacci. La cupola era circondata da una cintura marrone, larga tre metri, di terreno nudo, posto in sito dai costruttori come fascia isolante. Appena Burris e la ragazza sbucarono fuori, un cicerone corpulento si avvicino in fretta, sorridente.

— Gita in motoslitta, gente? Al Polo, in quindici minuti. La ricostruzione dell’accampamento di Amundsen. Il Museo Scott. Oppure potremmo andarcene a dare un’occhiata ai ghiacciai dall’altra parte. Non avete che da dire una parola e…

— No.

— Capisco. E la prima mattina che siete qui, avete voglia di fare due passi a piedi. Non posso darvi torto. Be’, passeggiate quanto volete. E quando vi sentite in vena per una gita piu lunga…

— Per favore — disse Burris. — Ci lascia passare?

Il cicerone lo guardo in modo strano e si scosto. Lona infilo il braccio sotto quello di Burris e avanzarono sul ghiaccio. Gettando un’occhiata alle spalle, Burris vide che dalla cupola usciva una persona e chiamava la guida in disparte. Era Aoudad. I due confabulavano animatamente.

— Com’e bello, qui! — esclamo Lona.

— Sterile, ma bello, si. E l’ultima frontiera. Una zona quasi intatta, salvo qualche museo qua e la.

— E qualche albergo.

— Questo e l’unico. Chalk ha l’esclusiva.

Il sole, alto sul loro capo, sembrava luminoso, ma piccolo. Cosi vicino al Polo, il giorno estivo non aveva fine; ci sarebbero stati altri due mesi di luce ininterrotta, prima che il lungo tuffo nelle tenebre cominciasse. I raggi brillavano sull’altopiano ghiacciato, costituito da un unico strato bianco e piatto, alto piu di millecinquecento metri, che copriva e cancellava valli e monti. Il ghiaccio offriva un appoggio solido al piede. In capo a dieci minuti Burris e Lona erano gia lontani dall’albergo.

— Da che parte sta il Polo Sud? — chiese lei.

— Da qui. Dritto davanti a noi. Ci andremo, in un altro momento.

— E dietro di noi?

— La catena dei monti Regina Maud, che, sull’altro versante, sono prospicienti il banco di Ross. Questo e costituito da un’enorme lastra di ghiaccio, spessa piu di duecento metri e piu grande della California. Fra un paio di giorni visiteremo la Piccola America.

— Com’e piatto, qui. Com’e forte il riflesso del sole. — Lona si chino, raccatto una manciata di neve e la sparpaglio gaiamente. — Mi piacerebbe vedere dei pinguini. Minner, faccio troppe domande? Chiacchiero troppo?

— Devo essere sincero o gentile?

— Non fa niente. Camminiamo.

Camminarono e la superficie ghiacciata, cosi levigata, offriva un appoggio piacevole per il piede di Burris. Cedeva, appena un tantino, a ogni passo, in un modo che andava bene per le giunture modificate delle sue gambe. Il cemento delle strade era meno benigno. Burris, dopo la notte tormentata che aveva passato, accoglieva volentieri quella diversita.

Gli dispiaceva di essere stato cosi ringhioso con Lona; ma gli era scappata la pazienza. Lei era di un’ignoranza stupefacente. Questo, lo sapeva anche prima; ma non aveva previsto la rapidita con cui l’ignoranza della ragazza aveva cessato di apparire incantevole per cominciare a sembrargli deplorevole.

Svegliarsi dolorante e angosciato, e doversi sottoporre a quello stillicidio di domande puerili.

D’altra parte… Si era svegliato nel cuore della notte. E poiche aveva sognato di Manipol, si era svegliato urlando. La cosa era gia accaduta; ma prima non c’era, accanto a lui, un essere caldo e morbido, per consolarlo. Lona lo aveva fatto. Non gli aveva rinfacciato di avere disturbato il suo sonno. L’aveva accarezzato, calmato, finche la realta dell’incubo non era svanita. Gliene era grato. Era cosi tenera, cosi affettuosa! E cosi stupida.

— Hai mai veduto l’Antartide dallo spazio? — Lona chiese.

— Molte volte.

— Che aspetto ha?

— Uguale a quello che ha sulle carte geografiche: piu o meno rotonda, con un pollice che sporge verso il Sud America. Ed e bianca. Bianca dappertutto. La vedrai, quando partiremo per Titano.

Camminando, Lona si stringeva contro Burris. Egli aveva la cavita del braccio regolabile; lo estese, creando un rifugio piu comodo per lei. Quel corpo presentava qualche vantaggio.

Lona disse: — Voglio tornare qui, un giorno, e vedere tutto, il Polo, i musei degli esploratori, i ghiacciai. Pero con i miei bambini.

Un ghiacciolo scivolo rapido giu per la gola di Burris.

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