Burris si avvicino. Si sedette accanto a lei, che si sollevo un poco, facendo scivolare il lenzuolo. Egli volle abbracciarla, ma le coste dell’abito formavano una barriera rigida.

— E meglio che mi tolga la bardatura — disse lui.

— Li c’e il vibraspray.

— Devo spegnere la luce?

— No, no.

Non lo abbandono con gli occhi mentre egli attraversava la stanza.

Burris sali sulla piattaforma del vibraspray e lo apri. Era fatto per pulire la pelle da qualsiasi materia aderente, e per prima cosa, naturalmente, spari l’abito di sprayon.

Lona non aveva mai visto il suo corpo.

Impavida, pronta a qualsiasi rivelazione catastrofica, vide che l’uomo nudo si voltava. Avevano tutti e due un volto teso, poiche quella era una prova a doppio taglio, che avrebbe dimostrato se lei fosse in grado di fronteggiare l’ignoto ed egli potesse sopportare la scossa di fronteggiare la reazione di Lona.

Da giorni e giorni lei temeva quel momento. Ma era venuto e, con crescente meraviglia, lei si accorse che lo aveva superato senza danni.

Non terribile a vedersi, come credeva.

Certo, era strano. La sua pelle, come quella del viso e delle braccia, era lucida e irreale, un contenitore senza cuciture, diverso da qualsiasi altro che un uomo avesse mai avuto. Era senza peli. Non aveva ombelico ne petto, cosa di cui Lona si accorse solo dopo avere cercato la causa della stranezza.

Egli aveva le braccia e le gambe attaccate al corpo in modo insolito, e, per vari centimetri, fuori posto. Il suo torace pareva troppo ampio in relazione alla larghezza dei fianchi. I suoi ginocchi non sporgevano normalmente dalle gambe. Quando si muoveva, i muscoli del suo corpo si increspavano in modo curioso.

Ma questi erano solo dei particolari, non delle autentiche deformita. Egli non portava il segno di cicatrici orrende, non aveva membra supplementari nascoste, non aveva occhi o bocche inattesi sul corpo. I veri cambiamenti erano interni e sul suo viso. E per quanto Lona poteva saperne, sembrava in possesso di una virilita normale.

Burris si avvicino al letto. Lei sollevo le braccia. Un attimo dopo egli era accanto a lei, con la pelle a contatto della sua. La consistenza era strana, ma non spiacevole. In quel momento, egli sembrava bizzarramente timido. Lona si strinse maggiormente a lui. Chiuse gli occhi. Non voleva vedere, in quel momento, il suo viso alterato, e comunque, improvvisamente, persino la fioca luce della lampada le feriva la vista. Stese la mano su di lui. Le loro labbra si incontrarono.

Lona non era stata baciata spesso. Ma non era mai stata baciata cosi. Coloro che avevano dato una nuova forma alla bocca di Burris, non l’avevano destinata a baciare. Ma non era spiacevole. Poi Lona senti le dita di Burris sulla sua carne. La pelle di Burris aveva un odore dolce e pungente. La luce si spense.

Nel corpo di Lona una molla si tendeva, si tendeva…

Era una molla che si stava tendendo sempre piu da diciassette anni… E ora la sua forza scatto in un solo istante tumultuoso.

Lei stacco la bocca. Le sue mascelle si aprirono e uno strato muscolare vibro nella sua gola. Fu trapassata da un’immagine lancinante: l’immagine di se stessa, stesa su una tavola operatoria, sotto anestesia, col corpo aperto alle sonde degli uomini in bianco. Fulmino questa immagine, frantumandola e scacciandola.

Si aggrappo a lui.

Finalmente! Finalmente!

Non le avrebbe dato dei bambini. Lei lo intuiva e non ne era turbata.

— Lona — disse egli, premendole il viso contro la clavicola e con voce che giungeva soffocata e roca. — Lona, Lona, Lona…

Ci fu una luminosita, come per l’esplosione di un sole. Lei fece scorrere la mano sulla sua schiena e le baleno in mente che quella pelle era asciutta, senza sudore. Poi, in una convulsa unita, dolore e piacere la soffocarono, e udi con stupore il proprio grido alto e frenetico.

20

Il bello verra dopo

L’epoca era post-apocalittica. Si era vaticinato un giudizio universale; ma non era venuto o, se mai c’era stato, il mondo gli era sopravvissuto e conosceva tempi piu tranquilli. I profeti avevano predetto il marasma di un malcontento, un’eta dell’ascia, della spada, del vento e del lupo, tale da scuotere il mondo; invece le difese non erano crollate, le tenebre non erano scese. Come mai? Che cos’era accaduto? Duncan Chalk, uno di coloro che dall’epoca nuova ricavavano immensi guadagni, ponderava spesso su questo piacevole interrogativo.

Ora le spade erano aratri.

La fame era debellata.

La popolazione era sotto controllo.

L’uomo non inquinava piu l’ambiente in ogni suo gesto quotidiano. I cieli erano relativamente puri, i fiumi scorrevano limpidi, c’erano laghi azzurri e cristallini, parchi di un verde smagliante. Certo, non era ancora l’eta dell’oro; il delitto, la malattia e persino la miseria esistevano tuttora. Ma solo negli angoli bui.

Per i piu, quella era un’epoca di agiatezza. Chi si ostinava a prevedere una crisi futura, se l’aspettava proprio da questo. Pero le telecomunicazioni erano istantanee con qualsiasi punto del globo; per andarci, occorreva un po’ piu di tempo, ma poco. Si saccheggiavano i pianeti, non abitati, del locale sistema solare, portandone via i metalli, i minerali, anche i gas del sottosuolo. Le stelle viciniori erano raggiunte. La Terra prosperava. E, in tempi di abbondanza come quelli, le ideologie pauperistiche sfiorivano.

L’abbondanza, tuttavia, e un concetto relativo. Sussistevano bisogni, invidie: tutte le spinte materialistiche. Inoltre, la forza di un pingue assegno non bastava sempre, per appagare gli appetiti piu profondi e oscuri.

Ogni epoca si crea delle forme di divertimento caratteristiche. Chalk era uno di coloro che le avevano fatte nascere, nel proprio tempo. Il suo impero degli svaghi comprendeva meta del sistema. Gli procurava ricchezza, potenza, soddisfazione personale e celebrita per quel tanto che la desiderava. Indirettamente, quell’impero gli permetteva di appagare dei bisogni che nascevano dalla sua composizione fisica e psicologica e che, in un’altra epoca, sarebbero stati un grave impaccio. Ora, invece, per sua fortuna, era in grado di fare il necessario.

Doveva nutrirsi spesso. E il suo nutrimento era solo in parte costituito da carne e vegetali.

Dal centro del suo impero, Chalk seguiva, adesso, le azioni della sua sventurata coppia di amanti. Erano in viaggio, alla volta dell’Antartide. Egli riceveva regolarmente i rapporti di Aoudad e Nikolaides, quegli avvoltoi librati sul letto dell’amore. Ma ormai Chalk non aveva piu bisogno che fossero i suoi lacche a dirgli quel che accadeva. Aveva stabilito pienamente il contatto e ricavava il suo speciale genere di informazione direttamente da quei due esseri spezzati che aveva riunito.

Per ora ne ricavava solo una risciacquatura insipida di felicita. Del tutto inservibile, per Chalk. Ma egli giocava con pazienza la sua partita. La compassione reciproca li aveva avvicinati l’uno all’altra; ma la compassione era forse una buona base per un amore imperituro? Chalk non lo credeva. Era disposto a scommetterci una fortuna. Sarebbero cambiati, a vicenda. E Chalk, per cosi dire, avrebbe riscosso i suoi dividendi.

Ma ecco che la voce di Aoudad si inseriva nel circuito. — Stiamo arrivando, signore. In questo momento, li portano in albergo.

— Bene, bene. Provvedi affinche godano di ogni comodita.

— Naturalmente.

— Ma non stare troppo appiccicato alle loro calcagna. Hanno bisogno di essere soli, non di essere menati in giro da paraninfi. Mi hai capito, Aoudad.

— Avranno il Polo tutto per loro.

Chalk sorrise. Avrebbero fatto un giro turistico che era un sogno d’innamorati. Quell’epoca era elegante e coloro che avevano la chiave adatta potevano aprire tutte le innumerevoli porte dei piaceri. Burris e Lona si sarebbero divertiti.

L’apocalisse poteva aspettare.

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