a tutte le coppie. Noi due, comunque, siamo passati attraverso diverse stesure di La stagione dei mutanti senza cessare di condividere ne il letto coniugale ne il desco familiare, e fra di noi continuano tuttora a correre, con minime eccezioni, buoni rapporti. L’altro giorno Karen mi ha consegnato le prime cinquanta pagine del secondo volume. Ho la netta impressione che questi mutanti continueranno a frequentare casa nostra per un bel pezzo…

ROBERT SlLVERBERG

1

L’inverno e la stagione dei mutanti, penso Michael Ryton nel porre piede sulla spiaggia mentre, alle sue spalle, la porta della baracca si richiudeva sbatacchiando. Il momento del loro raduno annuale cadeva proprio nel periodo piu freddo dell’anno: il che, in un certo senso, appariva del tutto appropriato. Specialmente quest’anno.

Il vento decembrino gli sferzo con folate di sabbia le gote arrossate, scompigliandogli dalla fronte i sottili capelli biondi per sollevarli a sventolare come un vivace stendardo nella declinante luce pomeridiana. Dietro le lenti scure di protezione, il freddo gli fece lacrimare gli occhi.

«Mike, finalmente!» Sua sorella Melanie, capelli neri, infagottata fino agli occhi nella pesante sciarpa termica rosso scarlatto che mamma aveva lavorato ai ferri durante il convegno dell’anno prima, gli si fece incontro incespicando. Riusciva continuamente ad inciampare in qualcosa, lei. «Sono le quattro. Sei in ritardo per l’assemblea. Ti stanno aspettando per iniziare la condivisione.»

«Oh, al diavolo!… Andiamo, andiamo.»

Michael soffoco la propria irritazione. Non era certo colpa di Mel se ogni inverno dovevano tornare a Seaside Heights, adattandosi a soggiornare in quelle gelide, traballanti baracche di legno dalle cui pareti ciondolavano, in strisce brunoverdastre, innumerevoli mani di vernice. Capanne, niente di piu. Costruite sessanta o settant’anni prima per accogliere torme di americani giovani e meno giovani in fuga dalle soffocanti strade estive di New York per conquistarsi il discutibile lusso di un posto al sole lungo le spiagge sabbiose del vicino New Jersey. Ma ora le moltitudini se n’erano andate, le spiagge si stendevano deserte. Era dicembre, adesso. La loro stagione.

Si diresse a grandi passi verso l’edificio dell’adunanza, mentre Mel avanzava faticosamente per il sentiero ingombro di vegetazione, cercando di tener dietro alle sue lunghe falcate. Anche a prescindere dalla sabbia e dalle erbacce che le intralciavano il passo, non poteva dirsi affatto la piu aggraziata ragazza di sua conoscenza. Decisamente no. A Mike venne in mente Kelly McLeod, il modo in cui si muoveva, quel suo vezzo di gettare la testa all’indietro quando rideva, le chiome corvine come una criniera lucente. Lei si, che era una creatura aggraziata. Mike non l’aveva mai veduta inciampare.

Povera Mel. Se non fosse stato cosi furente per essersi dovuto recare al raduno, forse sarebbe anche riuscito a compatirla. Mel era l’unica neutra dell’intero clan. Una disgrazia piu che sufficiente, da sola, a rovinarle l’esistenza.

Girarono l’angolo, camminando nel vento con gli occhi socchiusi per proteggerli dalle raffiche di sabbia, superarono un’altra fila di baracche, e finalmente scorsero il rivestimento di assicelle blu che caratterizzava il luogo di riunione, la capanna piu grande di tutto l’insediamento. Mike indugio un istante ad aprire la controporta in alluminio, e Mel, che lo seguiva dappresso, nel fermarsi di colpo scivolo perdendo l’equilibrio e gli ando a sbattere contro con violenza. Pensando a cio che li attendeva, Michael le lancio sottecchi un rapido sguardo di commiserazione, poi trasse un respiro profondo, ed entro.

Sullo schermo della segreteria lampeggiava, in brillanti lettere gialle, il messaggio CHIAMATA IN ATTESA. Andie Greenberg alzo gli occhi dal proprio monitor e si passo le mani attraverso i lunghi capelli rosso scuro. Il banco dell’accettazione era vuoto. Caryl doveva essersi concessa una pausa. Andie sospiro. Bisognava che quella telefonata la prendesse lei, in quanto la Jacobsen aspettava appunto una chiamata dal senatore Craddick. Le toccava per forza interrompere la stesura del discorso per lo Scanners Club. Registro dunque il file, vuoto lo schermo, e premendo un pulsante diede accesso alla comunicazione.

Lo schermo rimase buio, e cio significava che l’interlocutore stava usando un apparecchio pubblico, o aveva di proposito scelto l’anonimato. Andie provo una stretta allo stomaco.

«E l’ufficio della Jacobsen?» borbotto una profonda voce maschile.

«Lei e in comunicazione con l’ufficio della senatrice Jacobsen», confermo Andie con il suo piu gelido tono ufficiale. «Specifichi identita e scopo della chiamata, prego.»

«Parlo con la Jacobsen?»

«Sta parlando con Andrea Greenberg, assistente amministrativo della senatrice.»

«Quella maledetta cagna mutante fara meglio a stare molto attenta. Siamo stufi di sentirci dire da quegli schifosi aborti di natura quel che dobbiamo fare. Quando avremo finito con lei si pentira d’essere venuta al mondo!»

Andie tronco la comunicazione. Respiro a fondo due volte, imponendosi di rimanere calma. Ormai avrebbe dovuto essersi abituata, a quelle minacce.

Il cicalino della linea privata di Eleanor Jacobsen si mise a suonare. Doveva avere intercettato la chiamata, penso Andie. Il monitor si illumino, mostrando uno scorcio del sancta sanctorum, con la senatrice seduta alla sua scrivania in palissandro. Eleanor Jacobsen, occhi dorati, capelli dorati, volto misterioso, la fisso solennemente dallo schermo.

«Era Craddick?»

«No», rispose Andie, sforzandosi di apparire disinvolta.

«Un’altra telefonata minatoria?» chiese la Jacobsen, voce di contralto impostata su un tono ancor piu grave del solito.

Andie annui.

«Quante, questo mese?»

«Quattordici.»

La senatrice sorrise freddamente. «Immagino che dovrei sentirmi trascurata. All’inizio del mio mandato, quella era la media settimanale. Si vede che gli stara venendo a noia… Ma tu, Andie, non lasciarti turbare, d’accordo?»

«Va bene, faro del mio meglio.» Le guance le si imporporarono. La Jacobsen approvo con un cenno del capo, poi le sue fattezze svanirono dallo schermo. Questa faccenda dei mutanti ha spaventato un sacco di gente, penso Andie. Ed era proprio per questo che lei aveva scelto di lavorare con Eleanor Jacobsen. Se mutanti e non mutanti non imparavano a collaborare, quella paura dell’ignoto non sarebbe mai cessata.

Arrivo scampanellando il carrello della posta. Ne salto giu V.J. in uno svolazzo di trecce color carota, e getto un sacchetto di corrispondenza sulla scrivania di Andie. «Hai saputo di Seth?» le domando.

«No. Cos’e successo?»

«Una lettera esplosiva diretta alla senatrice e scoppiata prima del previsto. Se fosse arrivata fin quassu avrebbe fatto un vero casino. E invece si e limitata a conciare male Seth. L’ufficio postale non e rimasto granche danneggiato. Con quelle pareti d’acciaio resisterebbe anche a una bombetta atomica.»

Andie si accorse di essere rimasta a bocca aperta. La richiuse, inghiottendo penosamente il nodo che le si era fermato in gola. «Oh, mio Dio! Ma credevo che usassero i rivelatori di metalli… I raggi X non hanno funzionato?»

V.J. fece spallucce. «Qualcuno, evidentemente, si e fatto furbo.»

«E Seth adesso dov’e?»

«L’hanno portato al Sorelle misericordiose. Sembra che riusciranno a salvargli la mano.»

«Ma quando e successo?»

«Stamattina.» Le diede un’occhiata inequivocabile. «Attenta a queste lettere, da qui in avanti, eh?» Dopo di che si affretto a riguadagnare la porta, salto sul suo carrello, e se ne ando.

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