— E proprio questo il punto, no? Non e molto educato sacrificare un amico. Inoltre, siete stati
— Ma in realta non ci hai detto nulla! — si lamento Duefiori.
— Non ne vale la pena, no? Dato che sarete sacrificati in mattinata, diventa inutile sapere, davvero. Dormite bene. Relativamente bene, comunque.
Chiuse la porta. Intorno a essa baleno una scintilla di ottarino: stava a indicare che adesso per aprirla a nulla sarebbe valsa la perizia di un fabbro terreno.
Terton il guardiano della quarantacinquesima Lunghezza, non aveva udito un clangore simile dalla notte, cinque anni prima, in cui un mostro marino gigante era stato spinto all’interno della Palizzata. Si sporse fuori dalla sua capanna a scrutare l’oscurita. Per mancanza di un isolotto adatto in quel tratto della Circonferenza, la capanna era costruita su palafitte di legno, infisse nel fondale marino. Una volta o due gli parve distinguere un movimento, a grande distanza. Di fatto, avrebbe dovuto uscire in mare per scoprire la causa di tutto quello strepito. Ma li, nell’umida oscurita, questa non sembrava un’idea molto allettante, cosi lui richiuse la porta, avvolse dei sacchi intorno ai campanelli impazziti e cerco di riaddormentarsi.
Ma non funziono, perche adesso anche la Palizzata tambureggiava, come ci rimbalzasse contro qualcosa di grosso e pesante. Dopo avere contemplato per qualche minuto il soffitto ed essersi sforzato di non pensare a grossi, lunghi tentacoli e occhi larghi come uno stagno, Trenton soffio sulla lanterna e socchiuse la porta.
Qualcosa stava venendo lungo la Palizzata, a balzi di qualche metro alla volta. Quel qualcosa gli si paro davanti e per un attimo Trenton scorse una sagoma rettangolare, dalle molte gambe, ricoperta di alghe e molto incollerita… benche mancasse assolutamente di lineamenti dai quali lui poteva dedurlo.
Il mostro investi la capanna che ando in frantumi. Trenton si salvo la vita aggrappandosi alla Circonferenza: qualche settimana dopo fu raccolto da una flotta di salvataggio che tornava alla base; in seguito scappo da Krull dopo avere dirottato una lente (avendo sviluppato l’idrofobia a un grado incredibile) e dopo un certo numero di avventure arrivo al Grande Net, una zona del Disco tanto asciutta da avere piovosita negativa, e che pure lui riteneva fastidiosamente umida.
— Hai provato la porta?
— Si — rispose Duefiori. — Ed e sempre chiusa come l’ultima volta che me lo hai chiesto. Pero c’e la finestra.
— Una bella via di fuga — borbotto Scuotivento, sempre appollaiato a meta parete. — Hai detto che da sul Bordo. Basta fare un passo, eh, tuffarsi nello spazio e forse gelare o finire a incredibile velocita su un altro mondo oppure sprofondare nel cuore fiammeggiante di un sole?
— Vale la pena di provare — disse l’ometto. — Vuoi un biscotto?
— No!
— Quando scendi giu?
Scuotivento brontolo, in parte per l’imbarazzo. L’incantesimo di Garhartra era stato il Rovesciamento della Gravita Personale di Atavarr, un incantesimo poco usato e difficile da padroneggiare. Cosi in pratica, finche esso non si esauriva, il corpo di Scuotivento era convinto che 'giu' si trovasse a novanta gradi dalla direzione normalmente considerata come tale dagli abitanti del Disco. Di fatto lui stava sul muro.
Nel frattempo la bottiglia che aveva lanciato era sospesa nell’aria a qualche metro di distanza. Nel suo caso il tempo era stato… be’, non esattamente fermato, ma rallentato di diversi ordini di grandezza e fino a quel momento la sua traiettoria aveva impiegato diverse ore, ma appena cinque centimetri agli occhi di Scuotivento e Duefiori. Il vetro brillava nella luce lunare. Il mago sospiro e cerco di mettersi comodo sul muro.
— Perche tu non ti
— Mi aspetto che succeda qualcosa.
— Voglio dire, nemmeno sappiamo
— Vorresti saperlo, vero?
— Sei tu che l’hai detto? — domando Scuotivento.
— Detto cosa?
— Sei tu che senti delle cose — disse la voce nella testa di Scuotivento.
Lui scatto a sedere di sghembo. — Chi sei? — chiese.
Duefiori gli diede un’occhiata preoccupante. — Di sicuro te lo ricordi?
L’amico si prese la testa nelle mani e gemette: — E successo alla fine. Sto andando fuori di testa.
— Buona idea — disse la voce. — Qui dentro si sta facendo affollato.
L’incantesimo che teneva Scuotivento inchiodato al muro svani con un debole pop. Lui cadde in avanti e fini in un mucchio a terra.
— Attento… mi hai quasi schiacciato.
Scuotivento si punto sui gomiti e si frugo in tasca. Ne ritrasse la mano con dentro una ranocchia verde, gli occhi stranamente luminosi nella semiluce.
— Tu? — disse il mago.
— Mettimi a terra e allontanati. — La rana ammicco.
Lui ubbidi e tiro via con se lo stupefatto Duefiori.
La sala si fece buia e si udi un rumore come il rombo di vento. Dal nulla apparvero spirali di vapori verdi, porpora e ottarino che si misero a turbinare, sprizzando piccoli lampi, verso l’anfibio immobile. Ben presto esso scomparve in una nebbia dorata che si allungo verso l’alto e riempi la stanza di una calda luce gialla. Al suo interno, una forma indistinta che oscillava e si trasformava sotto i loro occhi. Tutto il tempo echeggiava il suono acuto, agghiacciante di un gigantesco campo magico…
Con la stessa rapidita con cui era apparso, il campo magico svani. E li nello spazio che era stato occupato dalla rana, c’era una rana.
— Fantastico — esclamo Scuotivento.
Il ranocchio gli diede un’occhiata di rimprovero.
— Davvero incredibile — commento acido Duefiori. — Una rana trasformata per magia in una rana. Portentoso.
— Voltatevi — disse una voce dietro di loro. Era una morbida voce femminile, quasi invitante, il genere di voce con la quale vi piacerebbe bere qualcosa, ma veniva da un punto dove non avrebbe dovuto esserci una voce. I due si voltarono senza spostarsi, come statue che girassero sullo zoccolo.
Nella luce che precede l’alba si scorgeva una donna. Sembrava… era… aveva… in realta lei…
In seguito Scuotivento e Duefiori non si trovarono d’accordo in nulla sul suo conto, salvo che lei era bella (senza potere precisare quali caratteristiche fisiche la facessero bella) e che aveva occhi verdi. Non il verde pallido degli occhi normali; i suoi erano verdi come smeraldi e iridescenti come libellule. E uno dei pochi fatti magici conosciuti da Scuotivento era che a nessun dio o dea, per quanto diversi e mutevoli sotto tutti gli altri aspetti, era possibile cambiare il colore e la natura dei loro occhi…
— L… — comincio. Lei alzo una mano.
— Sai che se pronunci il mio nome devo andarmene — sibilo. — Tu sai di sicuro che sono l’unica dea che viene soltanto quando non e invocata?
— Uh. Si. Suppongo di si. — Il mago cercava di non guardarle gli occhi. — Tu sei quella che chiamano la Signora?
— Si.
— Allora sei una dea? — Duefiori era eccitato. — Ho sempre desiderato incontrarne una.
Scuotivento si fece teso, temendo un’esplosione di rabbia. Invece la Signora si limito a sorridere. — Il tuo amico mago dovrebbe presentarci — disse.
Scuotivento tossi. — Uh, gia. Questo e Duefiori. Signora, lui e un turista.
— L’ho assistito in diverse occasioni…
— …e, Duefiori, questa e la Signora.
Scuotivento rabbrividi. Naturalmente lui non era ateo; sul Disco gli dei trattavano severamente gli atei. Le poche volte in cui disponeva di spiccioli, lui aveva sempre badato a lasciar cadere delle monete nelle casse del tempio, basandosi sul principio che un uomo aveva bisogno di tutti gli amici possibili. Ma di solito lui non importunava gli dei e sperava di non esserne importunato a sua volta. La vita era giu abbastanza complicata.
Tuttavia, c’erano due dei veramente terrificanti. Gli altri somigliavano agli umani, solo piu in grande, amanti del vino, della guerra, delle puttane. Ma il Fato e la Signora erano agghiaccianti.
A Ankh-Morpork, nel Quartiere degli Dei, il Fato aveva un tempietto di piombo, greve, dove i fedeli, sparuti e dagli occhi infossati, si radunavano nelle notti buie per compiere i loro riti, predestinati e inutili. Invece non esistevano templi dedicati alla Signora, benche ella fosse la dea piu potente di tutta la storia della Creazione. Alcuni membri piu audaci della Corporazione dei Giocatori una volta avevano tentato una forma di culto, nelle cantine piu profonde della sede della Corporazione. E, tempo una settimana, erano tutti morti: vittime della miseria, di assassinio, o semplicemente della Morte.
Ella era la Dea Che Non Deve Essere Nominata. Coloro che la cercavano non la trovavano mai, eppure si sapeva che ella soccorreva quelli che si trovavano nel bisogno estremo. Pero, a volte, non lo faceva. Era fatta cosi. Non le piaceva il tintinnio dei rosari, ma era attratta dal rumore dei dadi. Nessuno conosceva il suo aspetto, sebbene molte volte l’uomo che rischiava la vita al gioco, prendendo la sua mano di carte, si trovava a fissarLa dritto in faccia. Di tutti gli dei, Ella era al tempo stesso la piu corteggiata e la piu maledetta.
— Dalle mie parti non abbiamo dei — affermo Duefiori.
— Non e vero, sai — ribatte la Signora. — Tutti hanno gli dei. Solo non credete che siano tali.
Scuotivento si scosse. — Sentite — disse. — Non voglio sembrarvi impaziente, ma tra pochi minuti entreranno da quella porta e ci porteranno via per ucciderci.
— Si — confermo la Signora.
— Suppongo che non vorresti dirci
— Si — rispose la Signora. — I Krulliam intendono lanciare un vascello di bronzo al di la dei bordo del Disco. Il loro intento principale e conoscere il sesso di