calendari biologici e di orologi. Ci sono pensieri che si esprimono e pensieri privati, pensieri reali, pensieri riguardanti pensieri, e un’intera gamma di pensieri subconsci. Per un telepatico la mente umana e una confusione di rumori. Una stazione ferroviaria con tutti gli altoparlanti contemporaneamente in funzione. Una vera e propria lunghezza d’onda FM (e certe di quelle stazioni non sono rispettabili, stazioni pirate su mari proibiti che trasmettono a tarda notte le registrazioni di musica sentimentale).
Tentando di localizzare Esk soltanto con la magia della mente, la Nonnina cercava di trovare l’ago nel pagliaio.
Infatti non le riusciva. Le giunsero invece da migliaia di cervelli, che tutti pensavano simultaneamente, abbastanza segnali da convincerla che il mondo era davvero stupido come lei aveva sempre ritenuto che fosse.
Incontro Hilta all’angolo della strada. L’amica aveva con se la sua scopa in modo da condurre meglio una ricerca aerea (ma in grande segretezza; infatti gli uomini di Ohulan, consumatori convinti dell’Unguento di Lunga Durata, erano assolutamente contrari alle donne volanti). Hilta era agitata.
— Non la minima traccia di lei — la informo la Nonnina.
— Sei stata giu al fiume? Potrebbe esserci caduta.
— In questo caso, ne sarebbe ricaduta fuori. E a ogni modo, Esk sa nuotare. Io penso che si nasconda, accidenti a lei.
— Cosa facciamo?
La vecchia la fulmino con lo sguardo. — Hilta Trovacapra, mi vergogno di te, che ti comporti da vigliacca. Ti sembro preoccupata? L’altra la guardo.
— Lo sei. Un po’. Quasi non ti si vedono piu le labbra.
— Sono semplicemente arrabbiata, ecco tutto.
— Gli zingari vengono sempre qui alla fiera, puo darsi che l’abbiano presa.
La Nonnina era preparata a credere qualsiasi cosa della gente di citta, ma in quel caso si trovava su terreno piu sicuro.
— Allora sarebbero molto piu stolidi di quanto li giudico — scatto. — Ascolta, lei ha la verga.
— A che le servirebbe? — Hilta era vicina alle lacrime.
— Mi pare che non hai capito niente di cio che ti ho raccontato — disse severa la Nonnina. — Non ci resta che tornare a casa tua e attendere.
— Per quale ragione?
— Le grida o i rumori violenti o le palle di fuoco o che altro — rispose un po’ vagamente la Nonnina.
— E tremendo!
— Oh, mi aspetto che e quanto gli capitera. Dammi retta, tu va avanti e metti il bricco sul fuoco.
Hilta le lancio uno sguardo disorientato, poi sali sulla scopa e si alzo adagio con volo irregolare nelle ombre tra i camini. Se le scope fossero vetture, la sua sarebbe stata una Mini Morris con i vetri a doppio scorrimento.
Dopo averla osservata per un po’, la Nonnina la segui camminando sulia via bagnata. Era ben decisa che non l’avrebbero mai indotta a salire su uno di quei cosi.
Esk era stesa tra le lenzuola leggermente umide del grande letto di piume nella stanza dell’attico dell’Indovinello. Era stanca, ma non riusciva a dormire. Prima di tutto, il letto era troppo freddo. Si chiese incerta se avrebbe avuto il coraggio di riscaldarlo, ma ci ripenso. Per quanta attenzione mettesse negli esperimenti, non pareva capace di padroneggiare gli incantesimi riguardanti il fuoco. O non funzionavano affatto o funzionavano fin troppo bene. I boschi intorno al cottage stavano diventando pericolosi in seguito ai buchi lasciati dalla scomparsa delle palle di fuoco. Almeno, sosteneva la Nonnina, se quel tipo di magia non funzionava, lei avrebbe avuto un bell’avvenire nella costruzione dei gabinetti o nello scavo dei pozzi.
Si giro, cercando di non badare al lieve odore di muffa del letto. Poi allungo un braccio nel buio finche la sua mano non trovo la verga, appoggiata alla spalliera. La signora Skiller aveva molto insistito per portarla giu, ma Esk ci si era aggrappata con tutte le sue forze. Era l’unica cosa al mondo che lei fosse assolutamente certa le appartenesse.
Toccare la lucida superficie con le sue strane incisioni le dava uno strano senso di conforto. La bambina si addormento e sogno di bracciali, pacchetti strani e montagne. E stelle lontane alte sulle montagne, e un freddo deserto dove strane creature avanzavano barcollanti attraverso la sabbia e la fissavano con i loro occhi da insetti…
Uno scricchiolio sulla scala. Poi un altro. Quindi il silenzio, quella specie di silenzio soffocato, ovattato di qualcuno che si sforza di rimanere immobile.
La porta si apri. La figura di Skiller disegno un’ombra piu densa contro la luce delle candele proveniente dalla scala; segui una breve conversazione bisbigliata prima che l’uomo si dirigesse in punta di piedi verso la spalliera del letto, il piu silenziosamente possibile. Cerco a tastoni con precauzione la verga che scivolo da un lato, ma lui fu svelto ad afferrarla e mando fuori adagio il respiro che aveva trattenuto.
Cosi gliene restava poco per urlare quando la verga gli si mosse nelle mani. Ne senti la squamosita, la rivolta, la forza…
Esk si drizzo a sedere in tempo per vedere Skiller rotolare giu per la ripida scala, sempre agitando disperatamente le braccia contro un qualcosa d’invisibile che le avvolgeva. Dal basso venne un altro grido quando lui atterro sulla moglie.
La verga cadde con un tonfo sul pavimento dove rimase circondata da un debole alone di ottarino.
Esk scese dal letto e attraverso la stanza. Risuono una imprecazione minacciosa. La bambina fece capolino dalla porta e si trovo davanti la faccia della signora Skiller.
— Dammi quella verga!
Esk si chino a raccoglierla, le dita strette intorno al fusto di lucido legno. — No. E mia.
— Non e un oggetto adatto per le bambine — la rimbecco la moglie del barista.
— Appartiene a me — dichiaro Esk e richiuse piano la porta. Rimase un momento ad ascoltare i borbottii che le giungevano dal basso e a riflettere sulla sua prossima mossa. Trasformare la coppia in qualche modo probabilmente avrebbe causato soltanto un trambusto e comunque non era del tutto certa di come farlo.
Il fatto era che la magia funzionava davvero solo quando lei non ci pensava. Pareva che la sua mente le facesse da ostacolo.
Riattraverso la stanza per aprire la finestrella e lascio entrare gli strani effluvi notturni della civilta: l’umidita che saliva dalle strade, il profumo dei giardini fioriti, il debole lezzo proveniente in distanza da una latrina troppo piena. Fuori c’erano delle tegole bagnate.
Sentendo Skiller risalire la scala, Esk spinse la verga fuori sul tetto e le striscio dietro, aggrappandosi al cornicione della finestra. Il tetto scendeva inclinato su una rimessa e lei si sforzo di mantenersi in equilibrio, un po’ strisciando e un po’ avanzando carponi sulle tegole sconnesse. Dopo un salto di due metri su una pila di vecchi barili, scivolo giu in fretta sul legno sdrucciolevole e attraverso di corsa senza altri inciampi il cortile della locanda.
Sgambettando nella nebbia della strada, ancora udiva l’eco di una discussione animata giungerle dall’Indovinello.
Skiller passo a precipizio accanto alla moglie e poso una mano sul rubinetto del fusto piu vicino. Aspetto un attimo e poi lo apri.
L’odore acutissimo del brandy di pesca riempi il locale. Lui richiuse il getto e si rilasso.
— Temevi che si sarebbe trasformato in qualcosa di brutto? — gli domando la moglie. Lui annui.
— Se non fossi stato cosi maldestro… — comincio la donna.
— Ti dico che mi ha morso!
— Avresti potuto essere un mago e non ci saremmo piu dovuti preoccupare. Non hai un po’ di
Skiller scosse la testa. — Secondo me, ci vuole piu di una verga per fare un mago — replico. — Comunque, ho sentito dire che ai maghi non e permesso di sposarsi, non gli e nemmeno permesso di… — esito.
— Che cosa? Permesso che cosa?
Il marito si dimeno. — Be’. Lo sai. Quella cosa.
La signora Skiller dichiaro spicciativa: — Non so di che stai parlando.
— No, suppongo di no.
La segui riluttante fuori dalla sala buia. Forse, quanto a questo, i maghi non se la passavano poi tanto male…
La sua idea si dimostro giusta quando la mattina seguente rivelo che i dieci fusti di brandy di pesca si erano davvero mutati in qualcosa di brutto.
Esk vago per le strade grige finche arrivo ai piccoli moli fluviali di Ohulan. Delle larghe chiatte piatte si dondolavano contro le banchine e dai tubi da stufa di una o due di loro uscivano delle volute di fumo. Esk si arrampico senza difficolta sulla piu vicina e con l’aiuto della verga sollevo il telone incerato che ne ricopriva buona parte.
Un odore pungente, un misto di lanolina e di letame, si levo in aria. La chiatta portava un carico di lana.
E sciocco andare a dormire su una chiatta qualsiasi, senza sapere quali strane sponde vi scorreranno sotto gli occhi quando vi sveglierete, senza sapere che di norma le chiatte partono di buon’ora, appena al levar del sole, senza sapere quali nuovi orizzonti vi saluteranno l’indomani…
Voi questo lo sapete. Esk no.
Esk si sveglio sentendo qualcuno fischiare. Rimase immobile, riandando nella mente gli avvenimenti della sera finche non si ricordo perche si trovava li. Allora si giro con precauzione su un fianco e alzo un lembo del telone.
Era li, dunque. Ma il 'li' si era mosso.
'Allora, e questo che chiamano navigare' penso mentre osservava passarle avanti la sponda lontana. 'Non mi sembra molto speciale.'
Non le venne in mente di preoccuparsi. Per i primi otto anni della sua vita il mondo era stato un luogo particolarmente noioso e, adesso che cominciava a farsi interessante, lei non intendeva comportarsi da ingrata.
Al fischio dell’uomo si uni il latrare di un cane. Esk si riadagio nella lana, si concentro fino a trovare la mente dell’animale e vi penetro con prudenza. Dal suo cervello inefficiente e disorganizzato apprese che sulla chiatta c’erano almeno quattro persone e molte di piu sulle altre imbarcazioni a rimorchio in fila sul fiume. Tra di loro c’erano dei bambini.
Lascio andare l’animale e si mise di nuovo a contemplare a lungo la scena. Ora la chiatta passava tra due alte scogliere, dove la roccia assumeva cosi tanti colori da far pensare che un Dio affamato avesse confezionato il club sandwich record di tutti i tempi. Cerco di scacciare il pensiero che le si presento subito dopo. Ma quello persisteva e le entrava in mente come il danzatore di limbo che, inatteso, passi sotto la porta del gabinetto della Vita. Presto o tardi lei avrebbe dovuto lasciare il suo nascondiglio. Non era il suo stomaco a incalzarla, ma la sua vescica non ammetteva ritardo.
Forse se lei…